Sono passati esattamente
vent'anni dall'aggressione NATO alla Jugoslavia, ennesima
destabilizzazione di un Paese laico e socialista da parte
dell'atlantismo, fomentando prima gli odi etnico-religiosi e
successivamente bombardando direttamente quello Stato, ormai
martoriato dalle guerre civili precedenti.
Anziché tentare di
risolvere la questione, gli USA, all'epoca guidati dal "democratico"
Clinton, hanno soffiato sul fuoco. E così hanno fatto tutti quei
Paesi europei ad essi alleati, compresa l'Italia guidata allora da
Massimo D'Alema, la Gran Bretagna guidata da Blair, la Germania di
Schroder. Ovvero Paesi guidati dalla sinistra capitalista e
"liberal", da sempre la più avversa al socialismo
autentico.
La Jugoslavia, con il suo
socialismo autogestionario, era un Paese "non allineato" e,
oltre ad aver manenuto sempre ottime relazioni con tutti, si era
sempre posto al di fuori delle contese USA-URSS e, proprio per
questo, aveva retto meglio di altri al crollo dell'Unione Sovietica.
La morte del Maresciallo
Tito e la mancanza di un successore, le successive contese etniche,
la rinascita di movimenti neofascisti e i tentativi di
destabilizzazione da parte atlantica, non fecero che far scoppiare
una serie di guerre fratricide.
Le forze euro-atlantiche,
alimentando tali scontri, erano riuscite a sottrarre alla Jugoslavia
la Slovenia, la Croazia, la Bosnia e la Macedonia. Sopravvivevano,
sovrane, unicamente Serbia e Montenegro, unite nella Repubblica
Federale di Jugoslavia. Fu così che la NATO decise di attaccarla
militarmente, senza alcuna autorizzazzione dell'ONU, violando
impunemente il diritto internazionale.
Il resto è una storia di
morte e distruzione. Una storia successivamente rivista, nel 2011,
anche nella Libia laica e socialista di Gheddafi, altro Paese "non
allineato" e sempre in prima linea contro ogni fondamentalismo
tribale e religioso.
A rendere omaggio alle
vittime di tale triste evento, a Belgrado, il 24 marzo scorso presso
il monumento "Fuoco Eterno" - nel ventesimo anniversario
dell'aggressione militare NATO alla Repubblica Federale di Jugoslavia
- si sono riuniti cittadini comuni, oltre che 30 delegazioni di
partiti comunisti e operai del mondo. Le delegazioni del Nuovo
Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), la Lega della Gioventù
Comunista di Jugoslavia (SKOJ), la delegazione del Consiglio
Mondiale della Pace (WPC) e quella del Comitato greco per la
Distensione e la Pace (EEDYE), hanno peraltro deposto una corona di
fiori commemorativa.
Con tale iniziativa i
partecipanti hanno voluto così ricordare e condannare quella
vergognosa aggressione militare, che ha causato oltre 3000 vittime
civili, fra cui centinaia di bambini.
Una aggressione volta a
distruggere ogni traccia di socialismo in quei luoghi,
successivamente passati sotto le bandiere della NATO e governati da
tempo da partiti di destra o estrema destra di stampo
liberal-conservatore, graditi all'europeismo in salsa atlantica.
Il NKPJ e la SKOJ,
rappresentanti il nuovo corso dei comunisti di Jugoslavia, hanno -
nell'ambito di tale commemorazione - chiesto che la Serbia abbandoni
ogni relazione con la NATO, che le sue truppe abbandonino il
territorio del Kosovo e che siano incriminati tutti i partecipanti e
i governanti che hanno partecipato e avallato quella sanguinosa
aggressione militare di venti anni fa, di quel tragico 24 marzo 1999.
Luca Bagatin
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