Il socialismo è sinonimo di giustizia sociale, sovranità nazionale e indipendenza economica.
E' sinonimo di autogoverno, autogestione e razionalità.
E' qualcosa che, pur nato in Europa, sviluppatosi in particolare grazie alla Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864 (e grazie a Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Pierre Joseph-Proudhon, Michail Bakunin, Karl Marx e Friedrich Engels), in Europa abbiamo perduto da tempo, ma che altrove, dall'America Latina socialista, a molte realtà africane e panafricane e dell'estremo oriente, è ben presente e non ha mai smesso di svilupparsi, modernizzarsi ed evolversi, di pari passo con le esigenze della comunità.
Perché socialismo è sviluppo delle forze produttive della comunità a beneficio della comunità.
Non è ideologia stantia, dogmatica, settaria.
E finanche le varie divisioni storiche fra mazziniani, garibaldini, anarchici e marxisti (e aggiungerei anche bonapartisti, rimandando ad altri articoli che in merito ho scritto, anche su riviste storiche francesi, proprio sul socialismo bonapartista), hanno ben poco senso e sono state sanate proprio in gran parte delle realtà extraeuropee di cui sopra.
Sulla base del trinomio, tanto caro all'indimenticato Presidente argentino Juan Domingo Peron: giustizia sociale, sovranità nazionale e indipendenza economica.
E, fra i socialismi più seri e pragmatici, diffusi nel mondo, vi è quello con caratteristiche cinesi, la cui teoria fu elaborata dal comunista riformista Deng Xiaoping, il quale sviluppò il Pensiero di Mao Tse-Tung, adattandolo alla modernità, introducendo riforme e apertura e si è rafforzato grazie alle generazioni di socialisti successivi: Jiang Zemin, Hu Jintao, Xi Jinping.
Sostegno al socialismo con caratteristiche cinesi, quale baluardo di concretezza e lungimiranza, è giunto recentemente dal Presidente nazionale del Partito Comunista d'Australia (CPA), Vinnie Molina, il quale, in una intervista a Global Times, ha affermato cose molto interessanti, che meritano di essere riportate.
Molina afferma, fra le altre cose: “Il socialismo può essere raggiunto solo attraverso azioni concrete e di base per affrontare i problemi della gente e ottenendo il sostegno della popolazione” e che “I leader devono mantenere uno stretto contatto con la base. Chi ricopre posizioni di responsabilità deve impegnarsi a fondo per guadagnarsi la fiducia del popolo e non separarsi mai da esso”.
In particolare egli ha sostenuto che “Il Partito Comunista Cinese utilizza il metodo della critica e dell'autocritica nella costruzione del partito a tutti i livelli, dalla leadership alla base, per rafforzare l'unità dell'organizzazione e il suo posto nella società cinese. (…). Il Partito realizza ciò che è irraggiungibile in sistemi capitalistici disorganizzati, con istituzioni in rovina e partiti distaccati dal popolo. Infrange il mito secondo cui dimensioni maggiori significhino inevitabilmente maggiore disorganizzazione, dimostrando invece che la sua crescita ha alimentato maggiore coesione ed efficacia”.
Vinnie Molina ha altresì sottolineato come “Possiamo imparare dal PCC, un partito comunista al potere, che ha adattato la concezione ortodossa e classica del marxismo in modo flessibile alle complesse circostanze della società cinese. Comprendere la società cinese e il modo in cui la teoria è stata adattata a queste condizioni specifiche offre lezioni preziose. (…). Dobbiamo lavorare con le comunità, non contro di esse, guadagnandoci la fiducia della gente, anche di coloro che non sono politicamente impegnati, e affrontando sempre le questioni di base che contano davvero, come strade più sicure, infrastrutture più accessibili e trasporti migliori. Queste sono le preoccupazioni che contano per i comunisti. Non possiamo pensare in grande senza pensare anche alla base. Questo è stato l'approccio adottato dal PCC in passato e rimarrà il nostro obiettivo centrale negli anni a venire. In definitiva, noi comunisti dobbiamo cambiare in meglio la vita delle persone”.
Personalmente non sono comunista (non ho nemmeno simpatia per la storia del PCI e delle sue involuzioni successive, perché lo considero all'origine degli equivoci a sinistra e all'origine della fine del socialismo in Italia), ma ho una tradizione differente, ma affine. Una tradizione socialista mazziniana, risorgimentale, ma anche bonapartista e peronista. Non marxista, ma non per questo cieca nei confronti delle analisi marxiste e non per questo cieca nei confronti dell'evoluzione in senso lungimirante, pragmatico e riformista del socialismo cinese.
Da sempre e in particolare di questi tempi, vanno di moda le etichette e gli slogan.
Le etichette, gli slogan e le vuote ideologie lasciano il tempo che trovano e sono sempre dannose. Perché ottenebrano la mente, che invece dovrebbe abbeverarsi di conoscenza, virtù e approfondimento.
Ed è proprio attraverso questi aspetti che si possono sanare le vecchie divisioni e ricomporre ciò che è stato drammaticamente sparso.
Perché gli ideali di emancipazione civile e sociale della Prima Internazionale rimangono validi e lo possono essere se adattati, con concretezza, alla situazione odierna e declinati, ciascuno nel proprio contesto nazionale. Come fa il socialismo con caratteristiche cinesi, ad esempio.
Fra i promotori di questi ideali, nel nostro Paese, personalità spesso volutamente dimenticate e accantonate.
Mario Bergamo, antifascista, Segretario del Partito Repubblicano Italiano, promotore dell'unità fra repubblicani e socialisti. Roberto Tremelloni, già mazziniano e successivamente degno ministro dell'Economia e della Difesa, nelle fila del socialismo democratico.
Ma potremmo citare anche Gabriele d'Annunzio, Alceste De Ambris, Alfredo Bottai, Giulio Andrea Belloni e prima di loro i Padri Nobili, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Arcangelo Ghisleri.
Figure da recuperare, da onorare, ma soprattutto da studiare e le cui volontà si intrecciano con la spiritualità laica e teosofica, con gli ideali cagliostriani e massonici di Fratellanza, Uguaglianza e Libertà, che hanno un significato spirituale, prima ancora che politico. E che non sono parole vuote e prive di significato.
Esse non significano né livellamento verso il basso, né edonismo liberale, che ha fatto degenerare le società liberal capitaliste, in una spirale di consumismo sfrenato, violenza gratuita e indifferenza verso il prossimo.
Il socialismo, dunque, non è dogma, ma spirito.
E' il sole dell'avvenire che illumina le menti. E' la falce che rappresenta l'Opera e il martello, che rappresenta la Volontà.
Il socialismo non è chiesa, ma tempio interiore.
Un tempio da edificare, incessantemente, nel corso delle ere, nel corso dei secoli, nel corso delle vite, seguendo e costruendo la Storia, che è poi la storia di ciascun componente della comunità umana, alla ricerca dell'emancipazione e della giustizia.
Luca Bagatin

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