Paola Bergamo è un’imprenditrice veneta, con una formazione culturale classica e giuridica. E' coordinatrice del Circolo culturale “La Caduta” e Presidente del Centro Studi MB2, oltre che esperta di comunicazione e relazioni internazionali. Ha all'attivo già due importanti pubblicazioni, ovvero “I sentieri interrotti dell'Europa. Sulla via tracciata da Mario Bergamo” (scritto assieme a Angelo Giubileo) e il nuovo “Ritrovare i sentieri dell'Europa. Sulla via tracciata da Mario Bergamo”, con prefazione del Generale di Corpo d’Armata Antonio Bettelli, presentato di recente al Salone del Libro di Torino. Entrambi i saggi sono editi da Futura Libri.
Paola è, peraltro e infatti, nipote di Mario Bergamo (1892 – 1963), antifascista, già Segretario del Partito Repubblicano Italiano, propugnatore della corrente “Repubblica Sociale”, che mirava a recuperare l'ideale autogestionario e cooperativista di Giuseppe Mazzini; promotore di una Internazionale Repubblicana, di ispirazione “socialista mazzinana”, che unificasse gli ideali repubblicani, anarchici, socialisti e comunisti e di cui molto scrisse nel suo saggio “Nazionalcomunismo”, curato – come altre sue opere - dal figlio, Giorgio Mario, padre di Paola.
Sei nipote e custode, per molti versi, della memoria storica e politica di Mario Bergamo, importante e volutamente dimenticato esponente repubblicano mazziniano, antifascista e coerente con le sue idee. Puoi dirci, brevemente, chi fu Mario Bergamo?
Il Pensiero di Mario Bergamo, fu, negli anni Venti del ‘900, un pensiero di rottura. Mario Bergamo, come ha rilevato anche il Prof. Augusto Vasselli, Presidente del Nuovo Giornale Nazionale, era decenni e decenni più avanti dei suoi contemporanei. In effetti se fosse stato seguito il suo Magistero, la fusione dei Repubblicani con i Socialisti, non solo l’Italia si sarebbe risparmiata vent'anni di Dittatura, ma non si troverebbe imbrigliata in un sistema partitocratico, quello odierno, dove le distonie alla democrazia radicano nella stessa Carta Costituzionale, la quale fu un importante compromesso tra forze politiche che avevano ideali e visioni contrapposte, unite più che altro dalla volontà di uscire dal periodo più buio e tormentato della nostra Storia nazionale, appunto il Fascismo, con il quale non si è fatto ancora abbastanza i conti, tant’è che i suoi echi permangono ben oltre la sua durata storica.
Mario Bergamo fu Deputato alla Camera del Regno e l’ultimo Segretario Nazionale del Partito Repubblicano Italiano.
Giunse alla Direzione Nazionale nel 1924 e quindi nel 1925 alla Segreteria Nazionale con la corrente da lui fondata “Repubblica Sociale” poggiante su due capisaldi: Giustizia Sociale e Laicismo Integrale. All’atto dello scioglimento di tutti i partiti politici, imposto con la forza dal regime fascista, nel 1926, per quelle circostanze di violenza non solo sociale e politica, ma anche fisica, Mario Bergamo, più e più volte perseguitato, percosso e addirittura messo nudo in vetrina emaciato, fu costretto a lasciare l’Italia.
La fuga fu organizzata da mia Nonna Ermelinda con Ferruccio Parri. Nei confronti di mio Nonno si era aperta una vera caccia all’uomo e sarebbe stato ucciso poiché ingiustamente indicato come il mandante dell’attentato di Bologna a Mussolini, in cui perse la vita il giovane Zamboni, del quale prende nome l’importante via della Bologna Universitaria.
Mario Bergamo raggiunse Parigi via Lugano, grazie all’aiuto dei contrabbandieri, insieme ad altri celebri personaggi del panorama politico nazionale dell’epoca, tra i quali Pietro Nenni, che Mario Bergamo assistette durante la fuga dall’Italia, finanche portandolo di peso sulle sue stesse spalle.
Il Nonno in quel
momento storico era il più acerrimo avversario della dittatura ed è
un paradosso, quindi, che su di lui, sia stata fatta calare una
ingiustificabile damnatio memoriae ascrivibile alla sua scelta di non
tornare in Italia, dopo la caduta del Fascismo, continuando la sua
battaglia di libertà. Una scelta difficile, ma coerente al suo
pensiero, persino rifiutando lo scranno di Senatore che gli era
dovuto.
Il Nonno rimarcava quanto fascismo si era travasato
nell’antifascismo e come la Repubblica nasceva non libera, ma
liberata, la qual cosa reca in sé una evidente valutazione politica.
Tuo padre, Giorgio Mario Bergamo, che se non erro fu anche vicino alla corrente repubblicana di Randolfo Pacciardi, fu colui il quale curò le opere di tuo nonno, che scelse di rimanere in esilio, in Francia, non riconoscendosi nella Repubblica del 1946, che poco aveva a che fare con la Repubblica immaginata da Mazzini e Garibaldi. Cosa puoi dirci di lui?
Mio Padre aveva solo 4
anni quando è stato catapultato nell’esilio e ne è stato un
testimone oculare avendolo subìto pure lui. Un esilio difficile,
fatto anche di tanti stenti, guardato di traverso dai ragazzini
francesi che sbeffeggiavano gli italiani anche definendoli
“macaronì”. Però, quell’orgoglio tutto Italiano di difendere
la Patria anche nei gesti piccoli e quotidiani, spinse mio Padre a
eccellere in tutte le scuole, imponendosi come il migliore proprio
sui compagni francesi e si può certamente dire che in lui si sia
fuso il meglio della cultura italiana e di quella francese. Pur
avendone diritto, mio Padre non accettò mai di farsi francese così
come non lo fece mio Nonno che tuttavia, privato della cittadinanza
italiana dal regime fascista, unita all’angheria di degradarlo e
togliergli le medaglie al merito conseguite per l’eroismo
dimostrato sulle cime di Monte Piana, durante il primo conflitto
mondiale, morì in esilio e da apolide. Ma il Nonno, mai avendo
dismesso di sentirsi italiano, di lottare per la Patria e di amare
l’Italia, continuò con coerenza la sua Opposizione Storica alla
dittatura fascista. Mi permetto di dire che l’Opposizione Storica
era ed è qualcosa di molto più grande e forte del semplice
Antifascismo. L’Opposizione Storica è infatti non solo lotta, ma
ricerca delle cause che permisero al Fascismo di imporsi in Italia.
E
del resto se la scintilla scoppiò in Italia, e fu Fascismo, poi
divampò in Germania e fu Nazismo.
Dall’esilio il Nonno ricostituì il Partito Repubblicano e incisiva fu la sua azione politica dall’estero per scardinare la dittatura fascista. Quanto alla Repubblica del 1946, non nacque da un’azione di popolo: basta ricordare le parole di Churchill:
“Bizzarro popolo gli Italiani. Un giorno 45 milioni di Fascisti. Il giorno successivo 45 milioni di Partigiani. Eppure questi 90 milioni di Italiani non risultano dai censimenti!” Vero è che l’Italia non si è liberata da sola, come avrebbe voluto Mario Bergamo, ma è stata liberata dagli Anglo-Americani. L’apporto del mondo Partigiano è stato importante, ma sarebbe mai stato sufficiente. Ne seguì poi una cruenta guerra civile, mai del tutto spenta e che di volta in volta fa riemergere i suoi echi. Per Mario Bergamo quindi la Liberazione e Libertà non erano cose equivalenti, entrando, come di fatto fu, nell’alveo di un sistema dove le decisioni sarebbero state prese all’estero, altrove e imposte a quella Italia divenuta cobelligerante e solo in seguito considerata un’Alleata.
Caduta la dittatura, quell’esilio dapprima necessario, per mio Nonno poi divenne volontario non riconoscendo nella Repubblica che si andava costruendo la Repubblica fondata su Laicismo Integrale e Giustizia Sociale che lui sognava da Repubblicano e Mazziniano. Una Repubblica che egli non esita a definire “concetta in dolore, non nascerà al vituperio” [...] sottoscrivente pace oltraggiosa-mortale peccato contro lo spirito- mercanti di Parigi avidi [...] disfida provvidenza [...] sé danna, condanna figli dei figli [...].
Nel mio libro compare
il documento originale spedito per cablogramma in Italia.
Cioè
lui avrebbe voluto un’Italia che si liberasse da sola dal giogo
del Fascismo, che ritrovasse da sola la libertà senza contrarre un
debito di “gratitudine” i cui effetti e costi si sono fatti
sentire in questi nostri 80 anni di storia Repubblicana e ancor oggi
producono i loro riflessi in tutte le scelte politiche,
indipendentemente dal colore o posizionamento. .
Mio Padre ha
dedicato tutta la sua vita a tenere vivo il pensiero di Mario
Bergamo. Memorabile è il suo Addio a Recanati, arrivato in cinquina
anche al Premio Campiello.
“Ritrovare i sentieri dell'Europa. Sulla via tracciata da Mario Bergamo”, il tuo ultimo saggio. Che segue “I sentieri interrotti dell'Europa”, che scrivesti assieme ad Angelo Giubileo, sempre edito da Futura Libri. Puoi raccontarci di cosa parla?
I due libri sono
intimamente connessi e di stampo profondamente europeista, ma molto
critici verso le pieghe e caratteristiche dell’Unione Europea,
oramai divenuta una Holding Finanziaria che persegue non solo
interessi propri e lontani dalle esigenze anche più elementari dei
popoli d’Europa, ma che addirittura hanno come effetto quello di
penalizzare i cittadini che hanno quindi espresso con forza il loro
dissenso, anche alle ultime tornate elettorali.
Con “I Sentieri
Interrotti”, lo scopo fu quello di sintetizzare, quasi una sorta di
“Bignami”, il pensiero politico e europeista di Mario Bergamo.
Con “Ritrovare i Sentieri dell’Europa sulla via tracciata da
Mario Bergamo”, l’intento è stato di calare il pensiero del
Nonno nei problemi della nostra contemporaneità. L’Europa
intendendo la UE, è nel mezzo di un vortice di un tempo scomposto,
schiacciata da Imperi, potentati e caduta in una profonda crisi
economica e di idee. Oggi brancola nel buio e non ha con sé il
consenso dei cittadini che si sentono traditi, come del resto è
stato tradito, quasi un’ abiura, la visione dei Padri dell’Europa,
tra cui Mario Bergamo. Il tema del mio Pamphlet è il “ritrovamento”
di ideali, di valori, e sentimenti per una “battaglia di libertà”.
Perché per me, seguendo le orme del Nonno, Europa e Libertà sono
sinonimi se questa fondasse su Giustizia tra i popoli e le Nazioni
che la compongono. E del resto il Nonno, che pur osservava gli
accadimenti, aveva preconizzato il fallimento del progetto europeo
che partiva da meri interessi economici-finanziari anziché dalle
necessità della gente comune, che oggi paga il prezzo dei tanti
errori accumulati. Il mio libro non fa sconti a nessuno e punta il
dito contro i sistemi e le devianze che determinano distonie e
squilibri in un mondo piegato ai diktat di un famelico
turbo-capitalismo, di una tecnofinanza e élites post liberali che
tutto arano indifferenti alla sofferenza causata e che trova nelle
guerre in atto, tragico epilogo e nuovi tornaconti.
Pensi che l'europeismo immaginato da Mario Bergamo e, prima di lui, da Mazzini, Garibaldi, Rossi, Colorni e Spinelli, sia compatibile con l'UE e, in particolare, con i suoi attuali dirigenti?
No, credo che sia necessario comprendere che l’UE non risponde affatto al sentimento dei Padri Fondatori. La UE ha un “peccato” nella sua stessa origine che è puramente mercatale. Una realtà che non ha una Costituzione, che dopo Maastricht s’è impantanata nel pasticcio di Lisbona. Un grande castello di carte, pronto a implodere da un momento all’altro, che vorrebbe far politica, senza essere un soggetto politico. E' del resto composta da un coacervo di Nazioni, che addirittura operano l’una in danno dell’altra. Oggi che i tanti nodi irrisolti della Storia, altro che fine della Storia (!), la UE dimostra tutta la propria marginalità e marginalizzazione. Il mio però è un libro di speranza che guarda a una Unione Federale, quell’Unione Perfetta che propugnava Mario Bergamo fin dal 1919 e che è ancora attualissima nella possibilità di attuazione, contenuta nel suo “La France et l’Italie Sous le Signe du Latran”, pubblicato nel 1931 a Parigi da S.E.P.I. e tradotto in Italia nel 1968 con il titolo “Laicismo Integrale”.
Cosa ne pensi dell'attuale momento storico nel quale viviamo? Pensi che si tornerà a parlare di dialogo con la Russia e a promuovere una sua integrazione nell'UE, come auspicava, peraltro, anche l'ex Ministro degli Esteri Gianni De Michelis?
Nel mio libro ci sono
pagine dedicate proprio alle occasioni mancate e uno degli
appuntamenti sicuramente mancati con la Storia è proprio quello con
la Russia, che è Europa come noi del resto siamo le protuberanze più
estreme a ovest di un enorme continente: l’Eurasia.
C’è da
augurarsi che, passato questo momento, la Russia torni protagonista
di un dialogo politico, economico, culturale con l’Europa, di cui
fa parte.
Ritroveremo i sentieri dell’Europa, a tuo parere?
L’Europa unita è
una necessità! Non ho la sfera di cristallo, ma credo che, poiché
si è di fatto una comunità di destino, non ci sia alternativa e
quindi una Europa Federale è la soluzione. Ma non potrà riguardare
tutte le nazioni della UE. I cosiddetti “Volenterosi”, anziché
concentrarsi sul riarmo delle nazioni d’Europa, dovrebbero
concentrarsi sulla costruzione dell’Europa delle Nazioni condotto
da quel sentimento e progetto che ho definito NAZIONALEUROPEISMO
conseguenza coerente di quel REPUBBLICANESIMO SOCIALE e LAICISMO
INTEGRALE di Mario Bergamo. Sul libro propongo un Sentiero che porta
esattamente là.
Il libro non solo contiene un appello per uno
spirito europeista diverso, nato su impulso per parte francese da
Isabelle Rome, già ministro delle pari opportunità di Francia e
oggi Ambasciatrice per i diritti umani e contro l’antisemitismo e
da Dominique Intini della Banca Mondiale. Un appello sottoscritto da
grandi personalità del mondo della cultura d’Italia e di Francia,
pubblicato due anni fa su Le Figaro in Francia e per l’Italia dato
in esclusiva al Nuovo Giornale Nazionale. L’appello in questione
aveva per destinatari gli stati fondatori dell’Europa !...
Il
libro contiene anche una Silloge con il mio slogan “Je ne Marche
pas”, dove ho raccolto tutti gli articoli scritti a mia firma ma
anche sotto pseudonimo - e per necessità d’allora - che sono
stati pubblicati dal Nuovo Giornale Nazionale negli ultimi quattro
anni, su temi come Europeismo, Democrazia e Libertà, globalismo,
mondialismo.
Pensi che una sinergia fra UE e BRICS sarà possibile, in particolare per costruire un nuovo ordine mondiale multipolare fondato su equità e giustizia?
Il Sud del Mondo invoca giustizia. Il mondo non è più unipolare. Negli States ha vinto Trump con lo slogan MAGA, cioè di fatto dichiarando al mondo intero che l’America non è più grande come un tempo, ma vuole, appunto, tornar grande, garantendo in primis il benessere del suo popolo. E se in effetti resta un impero forte, tuttavia è in grave crisi e sa perfettamente che è finita l’era unipolare. In crisi però lo sono tutti, perché è il sistema globale che non tiene più e vanno riscritte le regole e per tutti è questione, in fondo, di sopravvivenza. La Cina risente della de-globalizzazione, la Russia del tentativo di una sua regionalizzazione, il Medio Oriente è in fiamme, la crisi Israelo-palestinese reca in sé non solo lo scontro-incontro tra le tre più importanti religioni monoteiste, ma la concorrenza tra la via della Seta cinese e la Via del Cotone dell’India. L’Europa è in crisi energetica, industriale, politica e valoriale. L’India e il Pakistan sono in guerra, e la prima, pur nei BRICS, guarda all’Occidente: democrazia più popolosa al mondo, fatta di matematici allo stato puro, è un competitor della Cina. Quest’ultima è il più importante competitor degli Americani che tuttavia restano i più forti, al momento, riguardo alla propria capacità militare. I grandi squilibri portano a tensioni e guerre. Se nei media tengono banco solo alcuni conflitti come appunto la guerra russo-ucraina e quella israelo-palestinese, anche l’Africa, su cui tutti vogliamo influire, stanti le immense ricchezze, ha le sue grandi e gravi tensioni e belligeranze. Un’Africa che ha visto sciogliersi come neve al sole la Françafrique. Allora per tornare a quei principi calpestati dal tecno-turbo-capitalismo, Mario Bergamo diceva che “...non il disarmo, non gli armamenti garantiscono la Pace, ma una certa qual giustizia tra i popoli, tra le nazioni ...” Senza Giustizia Sociale, senza Equità, senza Cooperazione tra le genti e senza l’ascolto delle richieste che vengono dal basso, le cose potranno soltanto peggiorare. Più chiaro di così?
Luca Bagatin
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Paola Bergamo |
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