giovedì 31 gennaio 2019

"Il fiore dimenticato" di Massimo Stefanetto: romanzo sul socialismo. Un'analisi. Articolo di Luca Bagatin

Quello di Massimo Stefanetto è un romanzo sul socialismo o, quantomeno, un romanzo ove i protagonisti sono dei giovani, nati, vissuti e cresciuti nell'epoca liquida di oggi, affascinati da un passato che non c'è più. Un passato che vorrebbero ricostruire, dal basso, costituendo un circolo come quelli che venivano animati da altri giovani come loro, prima di loro, nelle generazioni passate, negli anni che furono.
“Il fiore dimenticato” (edito da YouCanPrint), che è poi il garofano rosso, simbolo che il Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi prese a prestito dalla Comune di Parigi del 1871, è un romanzo breve, di analisi politica.
Un'analisi politica che non condivido, per molto versi, e ne spiegherò le ragioni, ma non priva di suggestioni e di profonda umiltà e umanità.
Non condivido – forse perché in passato, nella mia gioventù, vi ho creduto e ho scoperto quanto ingenuo fosse credere a ciò – il tentativo di mettere assieme i socialisti con i liberal-radicali, che sono due entità opposte e contrapposte. Mentre le origini dei primi trovano un fondamento nell'operaismo e nelle masse contadine, oltre che nel populismo dell'800, i secondi trovano il loro fondamento nella borghese e modernista Rivoluzione Francese, quella che escluderà del tutto il Quarto Stato dalla gestione delle cose e perseguiterà le masse contadine, che al modernismo non volevano assoggettarsi, specie in Vandea.
Non è possibile, dunque, pensare di unire – nemmeno laicamente – i difensori dei più deboli con la classe media e medio alto borghese. I proletari con i proletari, i borghesi con i borghesi. Le classi sociali contano, per quanto possano raccontarvi tutta un'altra storia o raccontarvi che le classi non esistono. Chi è povero lo sa bene. E di questa consapevolezza dobbiamo essere grati proprio alla Comune di Parigi e alla Rivoluzione bolscevica del 1917 che, oltre agli aristocratici, si contrapporrà anche ai ricchi e ai borghesi, dando corpo alle idee della Prima Internazionale dei Lavoratori, pur con i vari stravolgimenti operati dal “politburo”.
Unire e approfondire il socialismo originario significa unire e recuperare ideali marxisti, anarchici, repubblicani, che trionferanno nell'epoca odierna non già in una Europa preda della dittatura dei mercati e trainata dagli USA, bensì nell'America Latina del Socialismo del XXI Secolo: bolivariana, chavista, peronista, sandinista, garibaldina.
Significa recuperare gli ideali d'annunziani di Fiume e nazionalcomunisti del repubblicano mazziniano Mario Bergamo, di Niekisch e oggi di Limonov. Significa rompere con l'oligarchia liberale e recuperare il populismo di Aleksandr Herzen e l'etica di Giuseppe Mazzini.
Ringrazio Massimo Stefanetto per aver preso a prestito, nella redazione del suo romanzo, alcune parole tratte da un mio articolo nel quale esponevo il pensiero del filosofo orwelliano comunista Jean-Claude Michéa, il quale nei suoi saggi ha chiaramente dimostrato la differenza abissale fra il socialismo e la sinistra. E, forse, proprio su queste basi occorre ripartire per una analisi filosofica-spirituale e politica del socialismo, il quale non ha mai avuto nulla a che spartire con la tradizione della sinistra, nata durante la Rivoluzione Francese quale rappresentante della borghesia, contrapposta alla destra, rappresentante dell'aristocrazia.
Il socialismo ha sempre e solo rappresentato il Quarto Stato e mai nessun esponente storico di tale corrente si è mai definito di sinistra (o di destra). Né Saint-Simon, né Marx, né Engels, né Proudhon, né Bakunin, né Garibaldi. Il compromesso con la sinistra, purtroppo, nacque quando i socialisti – in Francia – vollero evitare un colpo di Stato monarchico, ai tempi dell'affaire Dreyfus. E un po' ovunque, in Europa, successivamente, vi saranno compromessi con la borghesia, ritenendo che il parlamentarismo e il “riformismo” borghese avrebbe permesso ai socialisti di ottenere qualche riforma....dimenticando che il capitalismo non è riformabile e che in regime capitalista la pace sociale, ovvero socialista, è impossibile ed esisterà sempre uno sfruttatore ed uno sfruttato.
Suggestivo, ad ogni modo, il romanzo breve di Massimo Stefanetto, perché ci permette molte riflessioni in un'epoca che ha smesso di pensare. Oltre che di amare e di credere che la Storia possa insegnarci qualche cosa. Mantenere aperta la mente, lo scambio intellettuale reciproco, è la base per preservare un presente e un futuro di libertà. Almeno dentro noi stessi, stringendo un fiore che non dimentichiamo: il garofano della Comune.

Luca Bagatin

martedì 29 gennaio 2019

"Adrian": solo l'Amore ci può salvare. Articolo di Luca Bagatin

Con la serie evento “Adrian”, Celentano vuole lanciare un messaggio al mondo.
Gli ascolti non gli interessano. Questo i soloni dell'Auditel, forse, non lo hanno capito.
Un messaggio che, forse, come tutti quelli lanciati dagli artisti visionari, viene colto da un ristretto numero di persone. Forse, in questo caso, nemmeno da tutte. Forse solo da due o tre. Forse solo da dieci o da cento o...non importa.
Il Molleggiato presenta un progetto che aveva già in mente da tempo. Forse sin da quel lontano 1985 nel quale scrisse, diresse e interpretò “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”. Un insuccesso di critica e botteghino, ma che rimase un film cult per coloro i quali hanno saputo apprezzarlo.
Anche allora Adriano vestiva i panni del Messia o, quantomeno, di un Messia. Un Messia moderno/antimoderno, che tenta di illuminare il cammino di un'umanità preda della dittatura tecno-mercantile e consumista. Una dittatura già denunciata da Pier Paolo Pasolini, l'inascoltato.
Celentano, ancora una volta, con “Adrian”, lo fa – sin dal titolo - in modo autocelebrativo, certo e allora ? Lo fa prendendo a prestito la sua popolarità, il suo carisma, la sua immagine finanche fisica, trasformandola in un essere ultraterreno. In un supereroe che abita nelle periferie di Milano e diviene così una bandiera post-ideologica. La bandiera dei più deboli, schiacciati dal cemento, dalla mafia, dai soprusi di una politica autoreferenziale e di una economia che promuove la dittatura del danaro e del consumo e lo fa in modo subdolo, strisciante, come il peggiore dei totalitarismi.
Celentano propone così, in prima serata, su Canale 5, un cartone animato alternativo – magistralmente disegnato da Milo Manara, con musiche di Nicola Piovani - sulla realtà che stiamo vivendo e su quella ancora peggiore che potremmo vivere, se non acquisiremo consapevolezza della deriva che sta prendendo questa sedicente “civiltà”.
“Solo l'Amore ci può salvare” è il leitmotiv che accompagna la serie tv, dedicata a Gino Santercole e prodotta da Claudia Mori, la cui bellissima immagine è rappresentata anche nel cartone quale compagna di Adrian.
“Solo l'Amore ci può salvare”. Una frase apparentemente banale, ma che dice tutto. Solo ciò che non si può ancora vendere e comprare ci può salvare. Perché ci stiamo condannando e non ce ne stiamo nemmeno rendendo conto. E a dircelo è un cantante di 80 anni, che ha attraversato gli Anni '50 – '60 – '70 – '80 – '90 - '00. Non sarà stato coerente nel suo stile di vita, ma che importa. Celentano è uno che si mette in gioco. Mette in gioco la sua credibilità e lo fa anche a rischio di fare flop negli ascolti. E anche per questo è un mito del nostro tempo.
L'Adrian della serie è un orologiaio che vive in un'Italia dittatoriale tecno-mercantile del futuro che, con una semplice canzone, mette in crisi il sistema.
Adrian vuole sapere. Vuole sapere perché la gente non si ribella di fronte a chi predica bene e razzola male, di fronte ai costruttori di ecomostri, ai corrotti, a chi promuove una crescita economica che non è affatto illimitata. E che distrugge l'ecosistema e le relazioni fra le persone, che diventanto rare e asettiche.
Adrian, l'orologiaio, apre così le menti di molte persone. E ciò infastidisce i piani alti. Il Potere. Quel Potere che vuole rendere tutti felici attraverso il sistema del consumo, della corruzione e lo status quo.
Una favola banale, si dirà ? Qualunquista ? Facile dirlo. Ma è davvero così ? Non è forse la realtà che ci si presenta sotto gli occhi, la quale è molto più semplice rispetto a tanti bei discorsi filosofici che si possono fare ?
Adriano Celentano la presenta attraverso la sua semplicità. La semplicità di un autodidatta, pur non così lontana dalla visione pasoliniana (e non solo, se pensiamo alle analisi che fa il filosofo orwelliano Jean-Claude Michéa relativamente alla pericolosità dei centri commerciali e del sistema della crescita illimitata). Una semplicità antimoderna, dalla parte delle periferie, dell'ambiente, dei più deboli. E contro il Potere.
Un messaggio per la prima volta trasmesso in tv in prima serata su una rete non certo nota per produrre format di grande qualità. Di questo, chi scrive, è grato ad Adriano Celentano e al suo Clan.

Luca Bagatin

Sul tentativo di colpo di Stato in Venezuela. Articolo di Luca Bagatin

Nel maggio scorso il socialista Nicolas Maduro vinceva, ancora una volta, le elezioni presidenziali in Venezuela con il 67,6% dei consensi (riconfermando il trend positivo che dava al Partito Socialista Unito del Venezuela e alla sua coalizione bolivariana la vittoria anche nella gran parte degli Stati venezuelani, alle amministrative dell'ottobre 2017). Elezioni peraltro anticipate rispetto alla scadenza naturale del mandato, come richiesto dalle opposizioni. Elezioni eseguite con voto digitale (e quindi ogni broglio sarebbe stato impossibile) e avallate finanche dall'osservatore internazionale José Luis Rodriguez Zapatero, ex premier spagnolo. Elezioni nelle quali, ad ogni modo, il partito di opposizione “Volontà Popolare”, ha deciso di non presentare una propria lista o di appoggiare uno dei candidati in corsa e quindi, oggi, non potrebbe certo pensare di lamentarsi.
E invece che cosa è accaduto ? Che uno degli esponenti di “Volontà Popolare”, Juan Guaidò, ha deciso – a pochi giorni dall'insediamento ufficiale di Maduro – di autoproclamarsi Presidente del Venezuela. Grottesco, se non fosse ancora più grottesco e tragico il fatto che questi è sostenuto a spada tratta dagli USA di Trump e da gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, salutato come un “eroe nazionale” e non come un usurpatore, un golpista.
Cosa si sarebbe detto se fosse accaduto da noi ? Di certo che chi si autoproclama Presidente o non è sano di mente o sta facendo un colpo di Stato bianco.
In Venezuela, si sa, c'è il petrolio, che è stato nazionalizzato sin dai tempi di Hugo Chavez e dove c'è il petrolio gli USA e le multinazionali private debbono metterci lo zampino. In barba alla democrazia, alla volontà popolare e alla sovranità degli Stati.
L'Italia, con il Premier Conte, ha quantomeno assunto una posizione di equilibrio e grande senso di responsabilità, rispetto alle pericolose derive prese dall'Unione Europea. Pur non prendendo una posizione in favore del governo legittimo di Maduro, Conte ha affermato di voler “scongiurare un'escalation di violenza nel Paese evitando che, attraverso l'intervento impositivo di Stati stranieri, il Venezuela diventi terreno di confronto e divisioni”.
Condanna al tentativo di colpo di stato in Venezuela è arrivata dallo studioso statunitense Noam Chomsky e da altri 68 studiosi, i quali in una lettera aperta hanno scritto fra l'altro:
“Il governo degli Stati Uniti deve cessare di interferire nella politica interna del Venezuela, specialmente nell’intento di rovesciare il governo del paese. Le azioni dell’Amministrazione Trump e dei suoi alleati nell’emisfero peggioreranno la situazione in Venezuela, portando a inutili sofferenze, violenze e instabilità umane (…) Il sostegno degli Stati Uniti ha appoggiato i settori dell’opposizione intransigenti nel loro obiettivo di estromettere il governo Maduro attraverso proteste spesso violente, un colpo di stato militare o altre vie che eludono l’urna.”
Sostegno al governo legittimo di Maduro è arrivato a livello internazionale da tutto il mondo socialista e comunista, dall'America Latina all'Africa, all'Europa sino all'Asia. Fra i principali esponenti citiamo il leader laburista britannico Jeremy Corbyn, il leader socialista francese Jean-Luc Mélenchon, il leader comunista italiano Marco Rizzo, il leader comunista russo Gennady Zyuganov, il leader nazionalbolscevico russo Eduard Limonov.
I primi governi a esprimere solidarietà nei suoi confronti sono stati quelli di Cuba, Bolivia, Uruguay, Messico, Nicaragua, Russia, Turchia e Cina. La Cina, ancora una volta, si sta dimostrando anche in questo caso una grande mediatrice al fine di evitare ogni tipo di conflitto e di persuadere Trump a evitare di trasformare il Venezuela in un nuovo Iraq, Jugoslavia, Libia, Siria...l'elenco degli interventi illegittimi USA contro il socialismo del resto, è sconfinato, anche se guardiamo al passato (Vietnam, Nicaragua, Uruguay, Paesi africani non allineati alle politiche capitaliste....).
Quel socialismo scomparso in Europa moltissimi decenni fa. Quel socialismo umanitario, laico, autogestionario, contro ogni fondamentalismo e per una democrazia sempre più partecipata. Quel socialismo rinato in America Latina grazie a Chavez, proseguito con Maduro, i Kirchner in Argentina, Pepe Mujica e Tabaré Vasquez in Uruguay, Evo Morales in Bolivia, Diaz-Canel a Cuba, Ortega in Nicaragua.
In Europa molti si dicono socialisti ma non lo sono. Non possono essere socialisti i sostenitori dell'austerità e delle politiche del Fondo Monetario Internazionale. Non possono essere socialisti i detrattori del socialismo latinoamericano. Non possono essere socialisti coloro i quali non promuovono la socializzazione dell'economia e della politica, rendendo così il termine “democrazia” non già un ideale astratto, ma qualcosa di concreto: ove il popolo dirige e il politico esegue.
In Europa, a parte il movimento popolare e trasversale dei Gilet Gialli, peraltro sostenuto dallo stesso Maduro, il quale vuole un rinnovato stato sociale in Francia e una democrazia sempre più partecipativa, ogni aspetto sociale è morto. L'Europa ha fatto balzi indietro di decenni, forse finanche di qualche secolo. E tristemente, in nome dell'anacronistico “liberalismo” (ovvero la libertà del ricco di sfruttare il povero e il popolo, che ha però il “diritto/dovere” di consumare). E non se ne rende nemmeno conto.
Una Europa sempre più fotocopia degli USA, governata dalle destre e dalle sinistre del capitale. Che sono lo specchio stesso della società tecno-mercantile senz'anima in cui viviamo. L'esatto opposto rispetto ad una Civiltà ove l'Amore, la Fratellanza, l'Uguaglianza, la Libertà (vera) siano i valori fondanti. Il fondamento di un socialismo originario, con basi spirituali, non materialiste.

Luca Bagatin

domenica 13 gennaio 2019

Bettino Craxi: l'ultimo socialista europeo. Articolo di Luca Bagatin

Mai come oggi, in un'epoca in cui in Europa il socialismo è del tutto assente da parecchi decenni, occorre ricordare la figura di Bettino Craxi, ultimo socialista europeo, la cui fine politica - nel 1993 – ha coinciso con la fine di un'epoca storica.
Fu la fine di un'epoca nella quale la politica contava ancora qualche cosa e teneva a freno l'economia e la finanza. Un'epoca nella quale l'Est e l'Ovest erano in conflitto, certo, ma gli equilibri geopolitici ancora reggevano, non come oggi ove a livello internazionale gli USA e l'UE sembrano voler a tutti i costi entrare in conflitto con la Russia, sanzionandola. Un'epoca nella quale l'immigrazione e l'emigrazione di massa erano ancora sconosciute, in quanto il capitalismo assoluto, la globalizzazione e la conseguente deregolamentazione dei mercati, erano fenomeni tenuti a freno dalla politica e dal sistema democratico. Un'epoca nella quale esistevano in Nordafrica – prima fra tutti la Libia di Gheddafi - ancora Stati laici, socialisti e sovrani, che tenevano a bada il fondamentalismo islamico e sapevano creare prosperità per i rispettivi popoli. Esisteva ancora la Jugoslavia, la quale era uno Stato socialista unitario e autogestito.
Il caos occidentalista, fondamentalista religioso, ultra-capitalista e globalista, era ancora al di là da venire e Bettino Craxi, pur essendo un sostenitore della modernizzazione, fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva guardare ai popoli laici e socialisti del Mediterraneo, del Medioriente, dell'America latina e dell'Est (pensiamo agli ottimi rapporti fra il PSI di Craxi e il Partito Comunista Rumeno di Ceausescu), oltre che dell'Estremo Oriente. Fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva tenere a bada il capitalismo e i poteri forti finanziari, che dalla falsa rivoluzione di Tangentopoli seppero come trarre vantaggio economico, sulle spalle del Paese e di una classe politica dell'unico e solo centro-sinistra che l'Italia abbia mai avuto, che aveva, nel bene o nel male, saputo garantire stabilità e prosperità.
Craxi sarà l'avversario principale dei postcomunisti, ormai votati al capitalismo assoluto, che si sentivano maggiormente “protetti sotto l'ombrello della NATO” e di quei poteri forti che il socialismo italiano contrasterà sempre, oltre che delle nascenti destre, più o meno estreme.
Craxi sarà – da Presidente del Consiglio - l'amico persino di quel Mario Appignani detto “Cavallo Pazzo”, orfano, figlio di una prostituta, freak, beatnik, indiano metropolitano che primo fra tutti denunciò – per averli subiti sulla sua pelle – gli orfanotrofi “lager” gestiti dall'Opera Nazionale Maternità e Infanzia.
Sarà dunque amico dei potenti, ma anche dei più umili e, soprattutto, sarà amico dei Paesi e dei popoli liberi, dall'America Latina alla Palestina e lo sarà sempre in nome dell'Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, di cui fu appassionato collezionista di cimeli.
Bettino Craxi recupererà, nel panorama culturale e politico, figure allora marginalizzate dall'intellighenzia italiana e europea, ovvero l'anarchico conservatore Pierre-Joseph Proudhon e il socialista liberale Carlo Rosselli, unendo aspetti sino allora considerati ossimorici dal sinistrismo borghese imperante che, negli anni successivi alla morte fisica di Craxi, darà vita al partito delle élite antisocialiste, ovvero al PD. In Europa, parimenti, dopo l'esempio del Partito Socialista Italiano di Craxi, nessun partito che si richiamava – a parole – al socialismo, fu più davvero socialista, ma adottò l'ideologia della crescita economica illimitata, delle privatizzazioni selvagge, dell'immigrazionismo senza regole, dell'esportazione della “democrazia”...ma unicamente contro Paesi laici e socialisti quali Iraq, Libia, Siria e Jugoslavia (sic !).
Il socialismo, in Europa, scomparve dunque con il PSI di Bettino Craxi. Craxi che, persino oggi, viene ricordato da molti comunisti duri e puri per essere stato l'unico Presidente del Consiglio italiano ad aver sfidato, con la vicenda di Sigonella, gli Stati Uniti d'America. Come il miglior Charles De Gaulle. Come dovrebbe fare un leader europeo che prende ordini unicamente dal suo popolo e non da altri Paesi stranieri.
E' così che, quasi vent'anni dopo essere passato a miglior vita, Bettino Craxi merita di essere ricordato. Un raro uomo politico socialista, di quelli che oggi, almeno in Europa, non esistono davvero più.

Luca Bagatin

giovedì 10 gennaio 2019

Mancanza di lavoratori e immigrazione: altre conseguenze estreme del capitalismo assoluto. Il caso del Giappone. Articolo di Luca Bagatin

Immigrazione e capitalismo assoluto.
Laddove l'economia cresce, ovvero vige il regime della domanda e dell'offerta, ovvero il capitale e l'economia dominano su tutto il resto, la popolazione invecchia. Le relazioni sociali si riducono a virtualità, divengono asettiche. Il romanticismo scompare e così, appunto, l'amore. Le famiglie si disgregano, aumentano i divorzi, le separazioni, le coppie non fanno più figli.
Il Giappone sembra essere l'emblema di questo modello asettico, iper-tecnologico, iper-economicista, iper-capitalista e, dunque, iper-sclerotizzato e avviato – con il conseguente invecchiamento della popolazione - verso il declino umano, così come tutti i Paesi ove vige questo terribile sistema, chiamato, appunto, capitalismo assoluto.
Nel 2015, in Giappone, il tasso di natalità era di 1,46 figli per donna e, secondo una ricerca condotta dall'Istituto Nazionale della Popolazione e della Sicurezza Sociale, il 40 – 45% dei maschi e delle femmine celibi – fra i 18 e i 34 anni - sarebbe afflitto da “apatia sessuale”, determinando assenza di rapporti sessuali.
Il capitalismo genera dunque, ancora una volta, crisi. Una crisi che è sempre più umana e affettiva, e sempre più, quindi, sessuale, compensata in maniera del tutto bulimica e irrazionale attraverso consumi compulsivi, sesso a pagamento - addirittura con bambole “sessuali”, oggetto sempre più in voga in Giappone, oltre che nei nei Paesi capitalisti occidentali...ove addirittura si arriva persino a “fidanzarsi” con esse – e addirittura con il suicidio, che è fenomeno drammaticamente in aumento nei Paesi capitalisti, in particolare il Giappone, che registra fra i 25 e i 30 mila suicidi all'anno.
Conseguenza di ciò è anche la mancanza di lavoratori e il governo giapponese che cosa fa ? Fa arrivare 340.000 immigrati, nell'arco dei prossimi cinque anni. Altro fenomeno del capitalismo assoluto è, infatti, l'immigrazione e l'emigrazione, ovvero il costringere (a vario titolo e a vario modo) le persone – a causa delle drammatiche crisi che genera questo folle e perverso sistema economico-sociale – a spostarsi, sradicandosi, impedendo loro di avere rapporti stabili, sicurezze, identità culturali, sociali, affettive. E generando così, peraltro, nuove guerre fra poveri e fomentando xenofobie e sciovinismi, prima del tutto assenti.
L'emigrazione/immigrazione, dunque, lungi dall'essere un'opportunità, è l'ennesimo strumento dei potenti - sia dei governi “liberali” che del sistema economico - non solo per non risolvere nulla se non il loro personale tornaconto in termini economico-sociali (spostandosi i lavoratori possono essere meglio controllati e accontentarsi di salari contenuti e soprattutto avere più difficoltà ad organizzarsi ed associarsi, anche a causa delle differenze linguistiche fra loro e con i lavoratori autoctoni, i quali li vedranno, peraltro, come una minaccia), ma anche per aggravare il problema, che è un problema, come abbiamo visto, di distruzione alla radice dei rapporti umani e sociali, generata da un sistema che crea “drogati” dal mercato, ovvero persone dipendenti dal sistema dei bisogni e dei consumi indotti (dalla pubblicità, dagli “status symbol”, dagli usi e costumi “importati” da modelli stranieri – statunitense in primis - fondati sul capitalismo assoluto e la messa in vendita di ogni cosa).
Fu lo scrittore e poeta Yukio Mishima – il quale si definì sempre apolitico e antipolitico - a denunciare per primo in Giappone la decadenza che stava attanagliando il suo Paese. E lo fece in modo drammatico e emblematico, ovvero togliendosi la vita attraverso il seppuku, il suicidio rituale dei samurai.
Mishima credeva ancora in quei valori antichi, ove l'amore e l'onore erano anteposti al disvalore del danaro, del consumo, della messa in vendita dell'essere umano, della sua mente, del suo corpo.
Il suo Paese non seppe ascoltarlo.
E così tutto l'Occidente cosiddetto “liberale”, ove l'unica libertà garantita è quella di consumare. Senza alcuna consapevolezza di sé e dei veri valori della vita.

Luca Bagatin

sabato 5 gennaio 2019

E' uscito il nuovo numero della rivista francese "Rébellion" !

E' uscito l'ultimo numero della rivista bimestrale francese "Rébellion" degli amici dell'Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea (OSRE) (www.rebellion-sre.fr).

   Per acquistarlo e leggere il sommario completo, cliccate al seguente link e seguite le istruzioni: http://rebellion-sre.fr/rebellion-le-retour-sortie-du-numero-84/


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venerdì 4 gennaio 2019

Instagram, ovvero come seguire senza essere inseguiti o, meglio, come non essere acchiappati. Riflessioni surRenali di Luca Bagatin

Grazie a una mia amica sono approdato su Instagram.
È un mondo di following e di followers.
Un mondo di seguitori e inseguiti, praticamente.Tipo guardie e ladri, in sostanza.
È praticamente un inseguimento continuo.
Forse l'obiettivo è fuggire, seminando un sacco di gente. O, meglio, di followers.
Come si dice: chi semina raccoglie.
Pare che, se raccogli un tot numero di followers, diventi un influencer.
Ovvero ti pagano senza fare o sapere un cazzo .
Ad oggi, su Instagram, ho 40 seguitori, ma, nel frattempo, sto inseguendo 43 persone.
Seguo più persone di quelle che mi inseguono.
Avrò un successo successivo, si vede. Un successo postumo. Un successo che otterrò solo se riuscirò ad acciuffare uno a caso o uno a cazzo di quelli che sto inseguendo, oppure se riuscirò ad acciuffare uno dei miei seguitori, senza prima essere da lei, da lui o da esso acciuffato !
Instagram, in sostanza, più che un gioco di società, è un gioco di abilià nella fuga e nell'acchiappo, senza la necessità di usare un ACCHIAPPATOIO ! E' una metafora della vita, quella puttana che, se non stai attento, ti fotte senza passare dal VIA e/o senza avere il foglio di VIA. Senza, quindi, ritirare le ventimilalire del Monopoli, unico posto al mondo ove l'euro non è entrato ancora in corso legale. Ovvero è ancora, fortunosamente, illegale.
Nel frattempo, ho capito che su Instagram non posso postare post. Al massimo posso impostare foto. Il divertimento di fare ciò devo ancora capirlo, a parte il fatto che ci sono followers o following o come ca...spita si chiamano, di sesso femminile, che sono parecchio avvenenti. L'unico avvenimento rilevante di Instagram, direi, piuttosto, anzichenò.
Per il resto devo ancora capire il senso di questo cosiddetto “social”, al quale non so se posso aggiungere il termine “network”.
A me pare l'ennesimo social asociale. Un social socialmente pericoloso, in particolare se, al di là dello schermo, c'è qualche malintenzionato pronto a fotterti i tuoi dati personali.
Che poi mi chiedo anche da dove derivi il termine “Instagram”. Forse da istante o da istantanea. Un tempo esistevano le macchinette fotografiche Polaroid. Quelle sì che realizzavano delle foto istantaneamente, ma su carta, cazzo ! Su carta FO-TO-GRA-FICA ! Su carte FICA, in sostanza. Mica su uno schermo di pixel sponsorizzato dalla Disney Pixar o dalla Sisley o da checcapperoneso (senza ashtag).
Ah, a proposito. Qualcuno fra voi, pubblico non pagante, pubblico badante, pubblico di badanti che badano alle cazzate che sto scrivendo, sa dirmi che cavolo voglia significare il termine “ashtag” ?
No perché, dopo sushi e sashimi, anche questo termine mi sushita un certo languorino, ma non di roba insipida giapponese, bensì di qualcosa di più sostanzioso, tipo un panino al burro di arachidi ricco di grassi saturi e insaturi e di fibre ricche di proteine.
Ora, io non so se le fibre siano ricche di proteine - sono l'esatto opposto di un dietologo o di un dietista – ma so certamente che l'”ashtag” non è ricco delle medesime.
Buona istantanea su Instagram a tutti.
Io, nel frattempo, passerò presto a sfanculare snapchat.

Luca Bagatin