domenica 8 dicembre 2024

Dopo la Libia, cade anche la Siria laica e socialista e adesso? Articolo di Luca Bagatin

 

Nel 2011 accadde alla laica e socialista Libia, guidata da Mu'Ammar Gheddafi. Anche allora gli islamisti, destabilizzarono in Paese, uccisero Gheddafi e distrussero ogni forma di laicità, socialismo e democrazia nel Paese.

Oggi accade alla laica e socialista Siria, guidata da Bashar al-Assad, rieletto, peraltro, nel 2021, con un'ampia maggioranza di consensi.

Deposto dai soliti islamisti, destabilizzatori, impropriamente definiti “ribelli” dai media nostrani.

Addio laicità, addio socialismo arabo, unico baluardo contro l'Islam radicale.

Del resto, anche nell'allora Jugoslavia, socialista e laica, accadde la stessa cosa, nei primi anni '90.

E i Paesi liberal capitalisti, USA in primis, a soffiare sul fuoco, anziché spegnerlo.

Solamente la Russia e la Cina sono state in prima linea contro il terrorismo destabilizzatore in Siria.

USA e UE temono oggi, giustamente, la radicalizzazione della Siria nelle mani degli islamisti, ma cosa hanno fatto sino ad oggi?

Cosa hanno fatto, in questi anni, a parte sostenere e inviare armi a governi guerrafondai e di destra più o meno estrema, oltre che sanzionare Paesi laici e socialisti (vedi la stessa Siria, oltre che Cuba, il Venezuela, ma non solo)?

Tralasciando la politica pessima e sconsiderata di Biden, il neo-eletto Trump, peraltro, farebbe malissimo a volere che gli USA lasciassero la NATO, ma dovrebbe rendersi promotore di un rinnovamento della NATO e di un totale cambio di passo dell'Alleanza.

Promuovendo l'entrata, nell'Alleanza Atlantica, anche di Russia (che lo chiese negli Anni 2000) e di Cina (ci fu qualche dirigente cinese che, nel 1999, avanzò tale ipotesi), oltre che di altri Paesi, BRICS in primis, lavorando, così, alla cessazione di ogni conflitto e controversia internazionale.

Rendendo l'Alleanza in grado di lavorare, dunque, a cose serie e davvero utili e necessarie: sicurezza internazionale, lotta al terrorismo e al cyberterrorismo, prevenzione delle calamità naturali in primis.

Il mondo è cambiato e gli USA, oltre che l'altrettanto irresponsabile UE, dovrebbero rendersene conto.

Non esiste più un'egemonia mondiale ed è giusto e naturale che sia così.

Il mondo è multipolare e si trova difronte nuove sfide e pericoli da affrontare. Fra questi il fondamentalismo religioso e nuovi episodi di intolleranza, oltre che conflitti inimmaginabili persino durante la terribile Guerra Fredda.

Situazioni che le attuali leadership di USA e UE non sembrano affatto in grado di voler affrontare con serietà e capacità, anzi, sembrano continuare a soffiare sul fuoco.

Trump, peraltro, parla ancora di dazi, altra misura totalmente ideologica e economicamente svantaggiosa per tutti.

Le divisioni in blocchi, le ideologie, le contrapposizioni, non fanno che impedire ciò che serve davvero e mai come in questi anni di follia e sconsideratezza: dialogo, cooperazione, stabilizzazione, prosperità comune, sicurezza.

Vedremo nuovamente la luce in questa oscurità?

Luca Bagatin

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sabato 7 dicembre 2024

I 75 anni della Repubblica Popolare Cinese all'insegna dello sviluppo e del socialismo prospero. Articolo di Luca Bagatin


A 75 anni dalla proclamazione della Repubblica Popolare, da parte del Grande Timoniere, Mao-Tse Tung, la Cina ha dimostrato più volte, non solo di potersi rialzare, ma anche di diventare pressoché la prima potenza mondiale e di poter guidare un mondo, oltre i blocchi contrapposti e contro ogni forma di terrorismo, che può rappresentare una speranza di pace, stabilità e cooperazione globale.

Da “sabbia informe”, è, infatti, diventata una potenza globale e proprio questo è il sottotitolo dell'interessante e documentato saggio “Cina”, edizioni Imprimatur, dello studioso Diego Angelo Bertozzi.

Un saggio che affronta l'evoluzione della Repubblica Popolare Cinese, dalla fondazione, fino ai nostri giorni.

Ovvero da quando Mao Tse-Tung, proclamò – il 1 ottobre 1949 - la nascita della Repubblica, a seguito della vittoria dell’Esercito di Liberazione Popolare da lui guidato, che sconfisse definitivamente i nazionalisti di Chiang Kai-shek, sostenuti dagli Stati Uniti d’America di Roosevelt.

Un comunismo con caratteristiche particolari, quello cinese che, secondo le direttive di Mao, doveva privilegiare la classe contadina, piuttosto che lo sviluppo industriale del Paese.

Un Mao che, figlio di contadini egli stesso, alla guida del Paese, promosse la riforma agraria, collettivizzando e ridistribuendo le terre, oltre che avviando un processo di alfabetizzazione delle masse.

Solo dopo la morte di Mao, nel 1976, sarà avviata una nuova fase di modernizzazione del Paese, attraverso la corrente riformista guidata da Deng Xiaoping, il quale avvierà quello che ancora oggi viene chiamato “socialismo con caratteristiche cinesi”.

Un socialismo che si rifiuta di aderire al modello capitalista, ma che vuole apprendere quanto di positivo il sistema capitalista può insegnare. Un socialismo che apre al mercato e alla multiproprietà, ma ove l'intervento pubblico rimane preponderante e fulcro stesso della modernizzazione del Paese e dell'elevazione economica del popolo stesso.

E' quindi nel periodo guidato da Deng Xiaoping che, pur non archiviando il maoismo, ma criticandone solo gli aspetti più dogmatici, si sviluppa il settore industriale e tecnologico.

Allo stesso tempo, la Cina, si pone quale guida dei Paesi più poveri e che hanno da poco ritrovato l'indipendenza dal colonialismo, ponendosi a baluardo geopolitico nella lotta contro il sottosviluppo.

In questo senso, come fa presente il saggio di Bertozzi, la Cina è oggi molto presente nel continente africano, ove ha contribuito a costruire strade, ponti e infrastrutture, oltre che concesso prestiti a tassi agevolati e spalmati nel tempo.

Attualmente la Cina possiede percentuali di debito di diversi paesi africani, contribuendo concretamente a far uscire tali Paesi dal sottosviluppo, provocato dal colonialismo e dal neocolonialismo, che è aspetto ancora presente in quei Paesi ove il Fondo Monetario Internazionale e le potenze occidentali neo-coloniali (Francia, Gran Bretagna e USA in primis), sono ancora molto presenti.

E' stata, in sostanza, secondo la tesi di fondo del saggio di Bertozzi, l'ondata di rinnovamento portata avanti da Deng e dai suoi successori - Jang Zemin, Hu Jintao e l'attuale Presidente Xi Jinping - la marcia che ha permesso alla Cina di non fare la fine dell'URSS.

La Cina comunista, in sostanza, ha mantenuto la sua impronta socialista e la sua visione democratica, alternativa a quella liberale e occidentale.

La democrazia cinese non ammette la competizione elettorale fra partiti, in nome dell'armonia e della collaborazione fra partiti e formazioni politiche non antagoniste, ma in dialogo costante con il Partito Comunista Cinese (PCC), che rappresenta l'unità di tutto il popolo.

Partito – quello comunista cinese - che, peraltro, è al mondo la forza politica con il maggior numero di iscritti (la maggioranza ancora oggi agricoltori, ma da tempo ha aperto anche alle classi borghesi e ai liberi professionisti) avendo superato, nel 2019, i 90 milioni di tesserati. L'iscrizione allo stesso, peraltro, è piuttosto selettiva e il PCC è una vera e propria scuola di formazione politica socialista, atta a formare la futura classe dirigente del Paese.

Secondo i cinesi, peraltro, non esiste un solo modello di democrazia universale, esportabile e che vada bene per tutti, bensì questo è necessariamente frutto dello sviluppo interno e della civiltà politica del Paese nel quale tale processo è sorto e non frutto di imposizioni esterne.

In tal senso, la Repubblica Popolare Cinese, come spiegato nel saggio di Bertozzi, non intende dare alcuna lezione al mondo, ma parimenti non accetta alcuna lezione dal mondo occidentale, così come a suo tempo non la accettò nemmeno dall'URSS, con la quale spesso entrò in conflitto ideologico.

Il saggio di Bertozzi, spiega dunque che, in Cina, il PCC governa la Repubblica, ma esistono anche altre forze democratiche. Forze che partecipano all'esercizio del potere statale, hanno un ruolo consultivo e partecipano alla scelta dei capi di Stato e all'amministrazione del Paese. Ma tutte le forze politiche, unitamente al PCC, non sono minimamente in competizione.

In Cina sono peraltro presenti anche dei comitati di villaggio - i quali hanno una certa autonomia in ambito educativo e finanziario - che prevedono il diritto di voto attivo e passivo di tutti i residenti adulti.

Quanto all'economia cinese, come spiegato nel saggio “Cina”, è mista, ovvero, accanto ad aziende pubbliche, in particolare nei settori chiave dell'economia quali quello bancario, delle risorse energetiche e delle telecomunicazioni, vi sono imprese private e cooperative.

Imprese private comunque piuttosto sindacalizzate e ove una parte dei profitti viene non solo utilizzata per interventi a carattere sociale (come per la costruzione di scuole professionali o per soccorso di vittime di una catastrofe nazionale), ma anche reinvestita nello sviluppo di nuove tecnologie dell'impresa e ciò sembra essere una delle ragioni del boom tecnologico cinese, in particolare negli ultimi anni.

La Cina, in sostanza, da Paese feudale e successivamente coloniale, in 75 anni, ha fatto passi da gigante. Non solo è oggi pressoché un colosso economico, ma ha anche aumentato del 7,4% il reddito pro capite; creato oltre 13 milioni di nuovi posti di lavoro negli ultimi anni; sottratto dalla povertà oltre 100 milioni di persone nelle aree rurali e investito moltissimo nell'ambiente, ponendo un tetto all'emissione di gas serra e nello sviluppo di fonti rinnovabili.

Il saggio di Diego Angelo Bertozzi offre dunque al lettore uno spettro complessivo dello sviluppo di una nazione che sta da tempo modificando gli equilibri geopolitici globali. In favore di un mondo multipolare, più prospero, la Cina è oggi l'unica grande potenza a voler gettare acqua sul fuoco degli attuali terribili conflitti geopolitici che percorrono il pianeta, promuovendo pace, cooperazione, sviluppo.

Luca Bagatin

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giovedì 5 dicembre 2024

In memoria del Compagno Paolo Pillitteri. Articolo di Luca Bagatin


Sandra Milo, Ugo Intini, Lino Jannuzzi, Ottaviano Del Turco, Filippo Panseca e, oggi, Paolo Pillitteri.

Sono troppi i Compagni socialisti che questo orrendo 2024 ci ha portato via.

Compagni, alcuni dei quali erano miei amici o, comunque, avevo avuto modo o di conoscere o di avere, con loro, alcuni scambi epistolari.

Paolo Pillitteri, che ci ha lasciati il giorno stesso del suo compleanno, lo avevo conosciuto personalmente vent'anni fa, presso la redazione milanese del quotidiano nazionale “L'Opinione delle Libertà”.

All'epoca, 25 enne, muovevo i miei primi passi nel mondo del giornalismo e iniziai a collaborare - a livello nazionale - proprio con “L'Opinione” (oltre che con “L'Avanti!”). Diretto da Arturo Diaconale e condiretto proprio da Paolo Pillitteri.

Pillitteri era un Compagno di militanza socialista anche per chi, come me, quando il PSI scomparve, era appena adolescente. Perché socialisti si nasce e si è sempre orgogliosi di esserlo.

Con o senza tessera. Con o senza partito.

Ricordo che, vent'anni fa, nel suo ufficio milanese, parlammo a lungo di cinema, di cui era esperto e appassionato. Ma non solo.

Parlammo di suo cognato Bettino, di Pietro Nenni e dei padri e delle madri del socialismo italiano, ovvero di Filippo Turati, Angelica Balabanoff e Anna Kuliscioff, della quale egli scrisse un'appassionata biografia, edita da Marsilio nel 1986.

Ammiravo Paolo Pillitteri sin da quando ero bambino e leggevo di lui (avrò avuto 9 o 10 anni), oltre che del PSI, nella stampa degli Anni '80 e, per me, fu un onore conoscerlo e collaborare al suo giornale, oltre che veder pubblicate sue e mie riflessioni sulle stesse pagine di un libro che Rubbettino pubblicò in quegli anni, dal titolo: “Democrazia e libertà. Riflessioni laiche”.

Con Pillitteri condivisi peraltro, pur per un breve periodo, almeno per me, la rinascita del PSI, nell'esperienza di rifondazione operata dal grande Gianni De Michelis, altra figura che conobbi in quegli anni e di cui fui amico.

Paolo Pillitteri, classe di ferro 1940, siciliano di nascita, ma milanese di adozione, oltre ad alternare la sua attività di critica cinematografica e giornalistica, fu, sin dai tempi dell'università, attivissimo in politica. Ricordo di aver visto in qualche libro una sua foto, giovanissimo, con il megafono in mano e i piedi su una cattedra.

Nel 1965 sposò Rosilde Craxi, sorella di Bettino e, 1969, aderì al Partito Socialista Unificato e, dal 1971 al 1975, aderirà al Partito Socialista Democratico Italiano.

Nel 1975 darà vita al Movimento Unitario di Iniziativa Socialista che confluirà nel PSI nel 1976, anno in cui Bettino Craxi diventerà Segretario e darà vita a quel nuovo corso socialista, che riporterà il Partito Socialista Italiano ad essere protagonista della vita politica italiana e internazionale.

Un Partito Socialista Italiano autonomista, per la promozione della sovranità nazionale, della pace internazionale, del multilateralismo, della modernizzazione, dei diritti dei popoli oppressi (popolo palestinese in primis), dei diritti civili e sociali per tutti.

Pillitteri ricoprirà, nella sua Milano, la carica di Assessore con delega all'edilizia privata e successivamente al bilancio e farà parte della giunta comunale milanese sino al 1980.

Celebre, di quegli anni, una foto che lo ritrae assieme all'illustre esponente socialista democratico milanese Renato Massari e Andy Warhol, nell'atto di consegnare a Warhol un premio.

Pillitteri sarà, successivamente, eletto alla Camera dei Deputati nel 1983 e, succedendo al grandissimo e indimenticato Sindaco socialista Carlo Tognoli, ricoprirà la carica di Primo Cittadino nel 1986, con una giunta di Centro-Sinistra, sostenuta, oltre che dal PSI, anche da DC, PSDI, PRI e PLI.

Nel 1987, in disaccordo con la DC, darà vita a forse una delle prime giunte di sinistra in Italia, sostenuta, oltre che dal Partito Socialista Italiano, anche dal Partito Comunista Italiano e dalla Federazione dei Verdi (quando i Verdi erano ancora una cosa seria e non avevano ancora aderito al liberal capitalismo assoluto).

La Milano di quegli anni passerà alla Storia come “la Milano da bere”, in realtà o, forse proprio per questo, saranno gli anni del massimo sviluppo, efficienza e modernizzazione della città, sotto ogni punto di vista.

Un successo che premierà il PSI alle elezioni comunali del 1990, facendogli conquistare il 20% dei consensi.

Nel 1992, anno del Centenario del PSI, Pillitteri sarà rieletto deputato.

Sarà, purtuttavia, l'inizio della fine del socialismo e della democrazia in Italia, per come l'avevamo conosciuta negli anni precedenti.

Pillitteri sarà coinvolto in quella che Bettino Craxi definì la “falsa rivoluzione di Tangentopoli” e sarà allontanato per sempre dalla vita politica.

Continuerà, comunque, la sua attività di giornalista, saggista e critico cinematografico, oltre che la sua docenza di Storia del Cinema presso la Liberà Università di Lingue e Comunicazione IULM.

Ho voluto bene a Paolo Pillitteri, come ho detto spesso anche a sua nipote Ananda Craxi, con la quale ho spesso avuto recenti scambi telefonici.

La sua generazione è ed è stata l'ultima delle generazioni valide in questo Paese e in questo Occidente ormai folle e sconsiderato.

Il suo socialismo, allo stesso modo, difficilmente penso potrà rinascere, in Italia e nella gran parte degli altri Paesi europei.

Molti o, meglio, pochi di noi riescono ancora, in modo indipendente, a portare avanti questa fiaccola, contornata di tanti garofani rossi.

Una fiaccola (e uso il termine fiaccola non a caso, ricordando quella gloriosa del Partito d'Azione, nobile esperienza socialista democratica del dopoguerra), che non si spegnerà mai, pochi o molti che siamo. Pochi o molti che saremo.

Un garofano rosso all'occhiello. Il socialismo nell'anima.

Luca Bagatin

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