lunedì 30 dicembre 2024

Interviste a Luca Bagatin nel corso del 2024 all'insegna del multipolarismo e del socialismo

Il 2024 sta terminando e quest'anno non farò un bilancio vero e proprio, ma vorrei riproporre le video-interviste che mi sono state fatte quest'anno, dalla più alla meno recente, nelle quali ho parlato di argomenti di stretta attualità.

Dalla geopolitica alla fine del socialismo e della democrazia in Europa, a partire dal 1993, fino ai conflitti in corso, figli, peralto, di quegli anni. E dalla inevitabile necessità di un Nuovo Ordine Mondiale Multipolare, che ci restituisca pace, stabilità, cooperazione, democrazia, nel rispetto della Storia, tradizione e cultura degli altri Paesi e popoli del mondo.

Per eventuali approfondimenti, rimando ai miei ultimi saggi che potete acquistare unicamente qui (sotto alla mia biografia): https://ilmiolibro.kataweb.it/utenti/438736/luca-bagatin/ 

Buona fine anno intanto. E buon principio. Dei vasi comunicanti. 

Luca Bagatin

 

giovedì 26 dicembre 2024

Roberto Tremelloni, socialista democratico al servizio della comunità. Articolo di Luca Bagatin

La storia che racconteremo, riassumendola, è quella di un politico onesto, di un servitore della comunità, attraverso lo Stato democratico italiano di una Repubblica che non esiste più.

Quella Prima Repubblica, nella quale, governavano partiti di autentico Centro-Sinistra.

E' la storia di un socialista democratico, raccontata in primis da Mattia Granata, nel suo “Roberto Tremelloni, riformismo e sviluppo economico”, edito da Rubbettino, con il contributo del Centro per la cultura d'impresa.

Di Roberto Tremelloni (1900 – 1987), che ricoprì i Ministeri dell'Industria e del Commercio; del Tesoro, delle Finanze e della Difesa, Enrico Mattei ebbe a scrivere, a proposito del suo modo di fare politica: “Socialista genuino, uomo di cultura moderna, l'On. Tremelloni ha indicato, senza demagogia, quello che un governo socialista deve fare (…), un dirigista, certo, ma un dirigista serio, non un facilone né un demagogo”.

Tremelloni nacque a Milano, in una famiglia povera e questo ha formato profondamente il suo carattere e il suo modo retto di fare politica.

Come riporta Granata, nel suo saggio, Tremelloni scrisse di sé: “Mi sembra molto importante, nel lungo andare della mia vita, il fatto di essere nato povero. Ciò ha giovato alla formazione del mio carattere. Io benedico spesso di essere stato allevato in un ambiente di difficoltà e ristrettezze materiali. Benedico questa scuola perché le difficoltà e le ristrettezze non mi fanno più paura. Perché lo sforzo per superarle diventa abitudine”.

Economista serio, fuori da ogni ideologismo e dogmatismo e sempre dalla parte della collettività, Tremelloni riteneva che fosse “Il proletariato che può e deve alzare la bandiera dello sviluppo economico nell'interesse di tutta la collettività”.

La sua politica fu sempre in contrasto con quella dei conservatori di ogni colore “anche se sono mascherati da etichette progressiste dei più vari movimenti di destra e sinistra”, affermava.

Da adolescente aderì al Partito Repubblicano Italiano di mazziniana e risorgimentale memoria, così come Pietro Nenni. Partito della trasparenza e della rettitudine per eccellenza, oltre che collocato all'estrema sinistra democratica e laica.

Tremelloni si definiva, già da allora, un risorgimentale fabiano, un umanitarista socialista mazziniano e patriottico e tali idee si rafforzarono anche grazie all'amicizia con il liberalsocialista Carlo Rosselli e il padre del Socialismo italiano, Filippo Turati.

Idee che guardavano a un libero mercato regolato a beneficio della collettività e non dell'egoismo privato. Oltre ogni visione classista di matrice marxista-leninista e contro ogni autarchismo di matrice fascista, che Tremelloni avversò con tutto sé stesso, in particolare quando fu chiamato ai suoi primi incarichi di governo, nella ricostruzione dell'Italia, nel dopoguerra.

Un socialismo municipalista e gradualista, il suo, che lo porterà a sostenere, così come il liberalsocialista e amico Ernesto Rossi, la lotta ai monopoli e la promozione della nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia, a partire dal settore energetico.

Un socialismo che lo farà approdare, nel 1922, al Partito Socialista Unitario di Turati e Treves e, nel dopoguerra, al Partito Socialista di Unità Proletaria di Nenni e al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani di Giuseppe Saragat, successivamente Partito Socialista Unitario e, infine, Partito Socialista Democratico Italiano.

Si occupò, in gioventù, di giornalismo, sia sportivo che di cronaca e, nel 1919 fondò, con il fratello Attilio, la Casa Editrice Aracne e diresse la rivista della Confederazione Generale Del Lavoro, “Battaglie sindacali”, fino alla soppressione, durante il fascismo.

Nel 1926 fondò, peraltro, con Rosselli e Pietro Nenni, la rivista socialista “Quarto Stato”, anch'essa presto soppressa dal regime.

Ma la sua vera passione sarà sempre l'economia. Laureatosi nel 1924 in Scienze economiche, nel 1930, iniziò ad insegnare Economia politica presso l'Università di Ginevra.

Furono quelli gli anni in cui si dedicò maggiormente agli studi economici e meno all'impegno politico, purtuttavia rimase sempre un antifascista della prima ora, non mancando mai di rivolgere critiche alla politica economica del governo mussoliniano, come fa presente il saggio di Granata.

Egli fu, peraltro, fra i fondatori del giornale economico “Il Sole 24 Ore”.

Nel 1931, a Milano, fondò il GAR, ovvero il Gruppo Amici della Razionalizzazione, ovvero una sorta di centro studi economico, fortemente critico nei confronti dell'economia autarchica del regime.

Riuscì, ad ogni modo, a sfuggire alla condanna al confino, grazie al supporto della rete antifascista.

Nel dopoguerra, Tremelloni tornerà ad essere politicamente attivo, sebbene – come ricorda Mattia Granata - considerasse gran parte dei programmi dei partiti italiani piuttosto vaghi, nebulosi, poco concreti. Alla ricerca più del consenso o di non perdere consensi, piuttosto che fondati sulla ricostruzione del Paese, in favore della comunità.

Già allora egli mostrava il suo carattere pragmatico e non ideologico e, con questo spirito, contribuirà, nel 1947, a dare vita, con Saragat, al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI).

Partito di sinistra laica, socialista democratico e oltre i blocchi contrapposti DC – PCI.

All'indomani della Liberazione, fu incaricato di ricoprire il ruolo di Vicepresidente del Consiglio Industriale per l’Alta Italia, ove si occupò di gestire e riattivare le strutture dell'economia produttiva.

E' in questo ruolo che ebbe modo di applicare la sua visione economica, basata sulla razionalizzazione della produzione, contro ogni forma di parassitismo e di spreco di danaro e energie pubbliche, oltre che contro ogni forma di protezionismo economico.

Ampliamento dei mercati e produzione economica di massa di beni utili e non voluttuari, erano le sue linee guida, per garantire una diffusa prosperità.

Il tutto, secondo Tremelloni, era possibile attraverso un “ordinato e funzionante” intervento pubblico nell'economia del Paese.

In questo senso, fu un sostenitore della nazionalizzazione di ferrovie, compagnie telefoniche e elettriche; dell'abolizione di ogni forma di monopolio e della promozione della meritocrazia in ambito occupazionale.

La politica di Tremelloni, in ambito economico, che era il cuore del programma del socialismo democratico dell'epoca, rifuggiva, dunque, da ogni forma di collettivismo classista e da ogni forma di liberalismo economico, come ottimamente sottolineato dall'autore del saggio biografico.

E questa sarà la politica che egli sempre porterà avanti, anche nei successivi incarichi di governo, all'Industria e commercio (1947), al Tesoro (1962), alle Finanze (1963) e alla Difesa (1966).

Una politica improntata alla buona amministrazione, all'evitare sperperi e sprechi, al risanamento dei conti pubblici ed alla razionalizzazione della spesa, ma all'insegna dello spendere meno, ma meglio, in particolare in settori importantissimi quali sanità e istruzione, sui quali Tremelloni intese investire maggiormente.

Inutile dire che si scontrò moltissimo con i politici della sua epoca, in tal senso.

Fu, come moltissimi esponenti del suo partito, un sostenitore dell'adesione dell'Italia al Patto Atlantico, ma allo stesso tempo fu, come tutti i socialisti democratici, un sostenitore della pace, del disarmo e del dialogo e della cooperazione internazionale con tutti i Paesi del mondo, oltre che dell'autonomia decisionale dell'Italia.

Fu, da Ministro delle Finanze, un sostenitore non solo della progressività delle imposte e dell'abolizione dell'esenzione fiscale a deputati e senatori, ma anche della lotta all'evasione fiscale e ciò gli attirò numerose critiche, da destra e sinistra.

La sua linea rigorosa era comprensibilmente giustificata proprio dal fatto che, grazie alle imposte progressive, non solo le classi meno abbienti avrebbero pagato meno, ma i servizi pubblici potevano essere resi più efficienti, se tutti avessero pagato ciò che a ciascuno competeva.

Come fa presente Mattia Granata nel suo saggio, Tremelloni mirava a moralizzare la vita pubblica e politica e spesso si trovò a scontrarsi con una dura realtà, fatta di malcostume diffuso, che spesso gli causò non poche delusioni e persino problemi di salute.

Egli detestava l'inefficienza, il malaffare, il trasformismo, la superficialità, la degenerazione partitocratica.

Tutte cose che riscontrerà anche da Ministro della Difesa, incarico che egli mai avrebbe voluto assumere.

Pacifista della prima ora, anche in quel caso, con grandi difficoltà, cercò di razionalizzare la spesa militare, pur non riuscendovi e trovandosi difronte a una realtà clientelare diffusa.

Tentò di riformare il SIFAR, trasformandolo in SID e tentando di correggere quelle deviazioni dei servizi segreti che stavano portando il Paese a subire un colpo di stato di estrema destra, durante la crisi del governo Moro-Nenni, nel 1964.

All'epoca, Tremelloni, fu lasciato solo persino da molti suoi compagni di partito, essendosi ormai inimicato gran parte dei poteri forti che si stavano sostituendo allo Stato.

Nel saggio “Roberto Tremelloni, riformismo e sviluppo economico”, Mattia Granata riporta alcune significative annotazioni di Tremelloni, relative a quel periodo: “Mi trovai intorno una cerchia abbastanza ampia di nemici giurati. Non solo i colpiti (evidentemente quelli del Sifar), ma anche i loro sovvenzionati (…) legati da vincoli di complicità e omertà, mi attaccarono e fecero attaccare con insolita durezza e con la diffusione delle più varie calunnie contro di me attraverso la mafia solidale degli informatori Sifar, che i servizi segreti avevano in ogni partito, in ogni agenzia giornalistica, in ogni centro di informazione o centro politico. (…). “Il Sifar si vendicava rabbiosamente (…) tutto lo Stato nello Stato si ribellava contro chi aveva osato mettersi contro di lui”.

Da allora, inizierà il declino politico di Tremelloni, sempre più isolato anche all'interno di un un PSDI che stava perdendo gran parte del suo glorioso passato socialista ed era in inevitabile calo di consensi da parte dell'opinione pubblica.

Così scriveva Tremelloni, all'indomani dell'esperienza al Ministero della Difesa: “Il partito non mi difese dagli attacchi e dalle calunnie, non fece quadrato attorno a me nella difficile e spericolata traversia che mi aveva attirato gli odii di tutti gli amici dei potentissimi servizi segreti (…) anche nei partiti di sinistra”.

In un PSDI guidato da Mario Tanassi, le personalità di alto profilo come Tremelloni erano sempre più tenute ai margini (la stessa pasionaria del socialismo, Angelica Balabanoff, negli anni, rimase sempre più delusa dai vertici del partito dei socialisti democratici e non mancò di sottolinearlo, nelle sue memorie).

Tremelloni non venne più considerato in seno al PSDI e gli veniva preferita, nel 1968, il sostegno – nel suo stesso collegio milanese - alla candidatura di Eugenio Scalfari alle elezioni politiche e, solamente grazie al ripescaggio dei resti, e all'interessamento di Pietro Nenni, sarà rieletto, come fa presente il saggio di Granata.

Tremelloni, ad ogni modo, non smise mai di scrivere, studiare e battersi contro il fenomeno dell'inflazione, sottovalutatissimo dalla gran parte dei politici dell'epoca. E ciò di pari passo con la denuncia tremelloniana di un aumento degli sprechi nel settore pubblico.

Aspetti, entrambi, peraltro, che porteranno alla crisi della Prima Repubblica, alcuni decenni dopo e sui quali soffieranno sia gli opposti estremismi, che i poteri forti internazionali e un'opinione pubblica manipolata dal sistema mediatico. Portando, dunque, al crollo dei partiti democratici di governo e alla fine dell'Italia per come l'avevamo conosciuta.

L'ultimo atto politico di Tremelloni fu la partecipazione al convegno milanese del PSDI “Una politica contro l'inflazione: per lo sviluppo nella stabilità”, del 1973 (degli atti di tale convegno, che conservo nella mia biblioteca, parlerò in un successivo articolo, fra qualche tempo).

Dopo di allora, come ricorda l'ottimo Granata, Tremelloni si allontanò dalla vita pubblica. Continuò a vivere una vita molto frugale (cibandosi, come sempre, di riso in bianco, una mela e acqua naturale) e a vivere un'esistenza molto ritirata, fra i suoi libri, i suoi studi, la compagnia della moglie Emma e della figlia Laura.

Molto lo aveva deluso la politica del tempo, che aveva accantonato una personalità di altissimo livello, che aveva dato molto al Paese e veniva ripagato con l'oblio e l'isolamento. Specialmente da coloro i quali avrebbero dovuto tenerlo in palmo di mano.

Come, del resto, accadde nel Risorgimento all'Eroe dei due Mondi Giuseppe Garibaldi (che si ritirò a Caprera, molto deluso, dimettendosi da deputato) e anche al grande leader e partigiano Repubblicano Randolfo Pacciardi, altro importante Ministro degli Anni d'oro dell'Italia del dopoguerra e che da tempo denunciava la degenerazione della partitocrazia italiana, sempre meno al servizio alla comunità. Ma che il PRI dell'epoca mise in un canto.

Dei migliori, del resto, pensiamo al Ministro socialista della Sanità, Luigi Mariotti, che fece chiudere i manicomi e si adoperò molto per il welfare, era meglio scordarsi, per lasciare spazio alla “mafia dei professionisti di partito”, come la chiamò lo stesso Tremelloni.

Se vogliamo comprendere le ragioni del disastro politico di oggi, italiano, Europeo e Occidentale, della totale irresponsabilità e perdita di qualità del personale politico degli ultimi trent'anni, non possiamo non ragionare guardando al nostro passato.

E non possiamo non onorare non solo la memoria di leader politici come Roberto Tremelloni, ma anche apprenderne gli insegnamenti, i percorsi, la lungimiranza e intelligenza.

Sono fra coloro i quali, pur socialista fin da ragazzino, non credono assolutamente a una rinascita del socialismo in Italia e Europa (e sicuramente non considero socialisti i partitini che si dicono, oggi, tali). E ne ho spiegato le ragioni, più e più volte. Molte di queste le ravvisò già Tremelloni. Molte di queste le ravvisò comunque anche Bettino Craxi, il cui PSI (l'ultimo dei partiti socialisti italiani, esistito fino al 1992) raccolse gran parte dell'eredità socialista democratica, ormai allo sbando.

Ciò che è possibile e necessario fare è studiare, approfondire, ricercare, agire in modo retto, austero, senza pregiudizi, senza tornaconti personali. Elevare ed elevarsi oltre una massa e una politica resa incolta e arida.

“Roberto Tremelloni, riformismo e sviluppo economico”, di Mattia Granata, scritto benissimo e altrettanto ottimamente documentato, è, in questo senso, un saggio preziosissimo.

Un documento raro, fondamentale, non solo per gli storici, ma anche e soprattutto per le nuove generazioni, siano esse formate da economisti, studiosi, militanti politici, socialisti democratici (se ancora ne esistono, specie fuori da partiti ormai senza alcun valore e fuori da elezioni ormai totalmente inutili), giovani, meno giovani e quanti vorranno recuperare il pensiero e l'azione di un grande uomo quale fu Roberto Tremelloni.

Di cui, chi vi scrive, parlerà ancora, in altri articoli, nei mesi a venire.

Luca Bagatin

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mercoledì 25 dicembre 2024

Perché un socialista democratico dovrebbe ricordare Nicolae Ceausescu?

 

Perché è importante per un socialista democratico ricordare il Presidente Nicolae Ceausescu, barbaramente ucciso in questo giorno, nel 1989 (perché troppo autonomo dalla Mosca gorbacioviana e dai desiderata atlantisti di Washington)?
Perché fu un amico del PSDI, del PSI e, dunque, del Socialismo Italiano e fu, anche in questo senso, fra i primi, in Europa (se non il primo) a parlare di un nuovo ordine mondiale multipolare e pacifico.
Nelle foto qui presentate, il Presidente Ceausescu e l'allora Segretario del PSDI Pietro Longo, oltre che con Bettino Craxi, Segretario del PSI e una raccolta di scritti di Ceausescu, che fu presentata, in Italia, presso l'Accademia di Romania, nel 1979, oltre che dal prefatore, prof. Giancarlo Elia Valori (già biografo di Ceausescu in Italia), anche dagli Onorevoli del PSDI Longo e Enrico Ferri.
Abbiamo bisogno, oggi, di uomini di pace, socialisti, oltre i blocchi contrapposti e le sciocche tifoserie! Un mondo multipolare, pacifico e più giusto è possibile e doveroso!

 Nicolae Ceausescu, un socialista oltre i blocchi contrapposti. Articolo di Luca Bagatin (clikka qui per leggerlo)

Presentazione libro di Ceausescu con Giancarlo Elia Valori, Pietro Longo, Enrico Ferri e altri (per visualizzarlo clikka qui)


 

domenica 22 dicembre 2024

Intervista a Luca Bagatin su BRICS, multipolarismo e Socialismo sul canale YouTube "Rosso Fastidio"

 Per approfondimenti


https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/670930/ritratti-del-socialismo/

Felice Yule! Buone Festività d'Amore, Libertà e Socialismo!


Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge
FELICE SOLSTIZIO D'INVERNO!
"Sì, in verità, che la vostra Volontà d'Amore bruci di brama in voi stessi verso questa creazione della vera Vita che avvolge le sue onde attraverso lo sconfinato mare del Tempo! Non vivete la vostra piccola vita nella paura delle ore! La Luna e il Sole e le Stelle, per mezzo dei quali voi misurate il Tempo, non sono che loro stessi i servitori di quella Vita che pulsa in voi, gioiosi colpi di tamburo che segnano la vostra marcia trionfante attraverso il Viale delle Età".
LIBER CL נעל UN SANDALO
Cap.III Della Vita
Amore è la legge, amore sotto la volontà.
 

"Il giorno dell'amore e della pace arriverà quando la giustizia spazzerà dalla faccia della terra la razza degli sfruttatori e dei privilegiati..."
(Evita Peron)
 

Che il Cielo possa unirsi alla Terra e formare il centro del Tutto: il Divino che è nascosto in ogni essere, senziente o non senziente.

Che il cuore umano si liberi da quella patologia chiamata "ego", che lo tiene ancorato alla materia, ovvero all'eterna sofferenza terrena.

Che si smetta di far parlare le armi, che si smetta di inviarne, che possa trionfare l'unità nella diversità dei popoli.

Che possa trionfare lo spirito d'Amore, Libertà, Fratellanza e il Socialismo, che è l'UNICA forma di democrazia possibile.

Luca Bagatin

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venerdì 20 dicembre 2024

Il senso di responsabilità della Repubblica Popolare Cinese difronte alla crisi globale. Il bilancio tracciato dal Ministro Wang. Articolo di Luca Bagatin

E mentre le irresponsabili USA e UE e il nuovo Segretario generale della NATO, Rutte, mantengono posizioni irresponsabilmente belliciste, anziché promuovere distensione e inclusione, lavorando per un mondo più sicuro, giusto e unito, la Repubblica Popolare Cinese, traccia un bilancio della situazione internazionale e delle sue relazioni estere.

Il 17 dicembre scorso, infatti, il Ministro degli degli Esteri cinese Wang Yi, che è anche componente dell'Ufficio politico del Comitato Centrale del Partito Comuniste Cinese, ha tenuto, a Pechino, un simposio in tal senso.

Nell'ambito dell'incontro, il Ministro Wang ha delineato, non solo il lavoro tenuto dalla diplomazia cinese nel 2024, ma anche le priorità per l'anno venturo.

Riassumendo, egli ha rammentato le linee guida della Repubblica Popolare Cinese, volte alla “costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”, che preveda un progresso nelle relazioni fra gli Stati, alla ricerca di coesistenza pacifica.

In tale ambito, il Ministro ha rammentato come sia stato importante elevare i rapporti fra Cina e il Brasile guidato da Lula, Paesi entrambi impegnati nella costruzione di un mondo più giusto e pacifico, in grado di gettare acqua sugli attuali conflitti internazionali.

E Cina e Brasile lo hanno fatto, stilando, per quanto riguarda la crisi ucraina, un piano di pace in sei punti e promuovendo il Gruppo degli “Amici per la pace”, che ha riunito in particolare numerosi Paesi del Sud del mondo.

Altro punto toccato dal Ministro Wang, è la costruzione di una comunità Cina-Africa, volta a promuovere un rapporto più stretto e fondato sulla solidarietà dei popoli africano e cinese.

Per quanto riguarda il conflitto a Gaza, il Ministro cinese ha rammentato come questo abbia causato troppe vittime civili e come sia prioritario il “cessate il fuoco globale”, volto a garantire assistenza umanitaria e “realizzare la soluzione dei due Stati”. E il Ministro ha ricordato come la Cina abbia agito in tal senso, nel corso dell'ultimo anno.

Medesima cosa la Cina ha fatto per quanto riguarda la “pace nel Myanmar settentrionale” e “sostenuto l'Afghanistan nella costruzione di un quadro politico inclusivo e nella realizzazione della pace e della ricostruzione”.

Per quanto concerne la crisi siriana, il Ministro Wang ha fatto presente che “la Cina continuerà a stare al fianco del popolo siriano e a sostenere il principio “guidato e posseduto dai siriani”. La Cina si oppone al tentativo delle forze terroristiche di sfruttare la situazione per creare caos e aiuterà la Siria a mantenere la sua sovranità e a ripristinare la stabilità”.

Egli ha, altresì, rimarcato come la Cina sia un membro importante del cosiddetto “Sud globale” e come sia “impegnata per l'unità e il rafforzamento del Sud globale”.

In questo senso, il Ministro, ha fatto presente come i BRICS siano una realtà volta proprio a rafforzare la solidarietà e cooperazione fra i Paesi del Sud del mondo.

Per quanto concerne le relazioni fra Cina e UE, il Ministro ha affermato come la Cina sia “pronta a collaborare con la parte europea per gestire correttamente le differenze e le controversie, cercare soluzioni win-win e salvaguardare congiuntamente il libero scambio e il multilateralismo”.

Anche per quanto riguarda le relazioni con gli USA, il Ministro Wang si è detto favorevole alla cooperazione in quanto entrambi i Paesi “potranno realizzare grandi cose insieme”.

Facendo, altresì presente, che in ogni caso la Cina intende salvaguardare “fermamente la sua sovranità, la sua sicurezza e i suoi interessi di sviluppo, e si oppone fermamente alla repressione illegale e irragionevole da parte degli Stati Uniti. In particolare, per quanto riguarda la grave interferenza degli Stati Uniti negli affari interni della Cina, come Taiwan, la Cina deve dare una risposta ferma e robusta per difendere risolutamente i suoi legittimi diritti e interessi e salvaguardare le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali”.

Il Ministro Wang, in conclusione, ha sottolineato come la Cina sostenga il multilateralismo e la giustizia, opponendosi a ogni forma di “unilateralismo” e “bullismo” e che presto si terranno le “commemorazioni per l'80° anniversario della vittoria della guerra di resistenza del popolo cinese contro l'aggressione giapponese e la guerra antifascista mondiale, promuoveremo una corretta visione della Storia”.

In tal senso – ha affermato il Ministro Wang - “salvaguarderemo fermamente il sistema internazionale con l'ONU al centro, l'ordine internazionale sostenuto dal diritto internazionale e le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali basate sugli scopi e sui principi della Carta delle Nazioni Unite”.

Luca Bagatin

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mercoledì 18 dicembre 2024

In memoria dell'amico Andrea G. Pinketts (1960 - 2018)


Andrea G. Pinketts, scrittore funambolico, giallista, giornalista investigativo, nonché mio caro amico, ci manca da sei anni.

Vorrei commemorarlo con questo mio ricordo, che scrissi quando appresi della sua scomparsa, il 20 dicembre 2018.

Andrea G. Pinketts era una leggenda. 

Articolo/ricordo di Luca Bagatin

Andrea era una leggenda.

Era la leggenda di sé stesso.

Era Lazzaro Santandera, il suo alter ego letterario, in grado di sgominare bande di criminali incalliti e persino di resuscitare.

Andrea G. Pinketts - al secolo Andrea Giovanni Pinchetti - con le sue cravatte fantasia, le sue giacche e cappelli colorati - era immortale e tale rimarrà.

Ex pugile, ex fotomodello, ex istruttore di arti marziali, giornalista investigativo e soprattutto scrittore di gialli e di racconti noir.

Grande viveur, bevitore di birre enormi (nello storico locale milanese "Le Trottoir" gli fu dedicata - oltre che una sala - la birra formato gigante battezzata, per l'appunto, "birra Pinketts") e fumatore di sigari. Andrea Pinketts era scrittore funambolico e poliedrico.

Negli Anni '80 recitò un piccolo ruolo nel film di Carlo Vanzina "Via Montenapoleone". Diventeranno celebri le sue inchieste giornalistiche per "Esquire" e "Panorama", che lo porteranno, negli Anni '90, ad incastrare alcuni camorristi nella città di Cattolica; all'incriminazione della setta dei "Bambini di Satana" e a suggerire agli inquirenti il profilo del "mostro di Foligno" Luigi Chiatti.

Furono queste esperienze che gli permisero di scrivere i suoi numerosi romanzi e racconti gialli e noir: da "Lazzaro vieni fuori" a "La capanna dello zio Rom", passando per "Il vizio dell'agnello", "Il conto dell'ultima cena", "Il senso della frase" e moltissimi altri (almeno una ventina).

Il protagonista era sempre lui, ovvero il suo alter ego: Lazzaro Santandrea. Un perdigiorno che vive con la madre ed il cagnolone Benvenuto e si mantiene con l'eredità della ricca zia Olghina. Frequentatore seriale di bar, amici e belle donne, Lazzaro si ritrova inevitabilmente sempre coinvolto in casi di cronaca nera che...armato del suo sigaro (rigorosamente Antico Toscano) e del suo "senso della frase", condito di giochi di parole funambolici e della sua abilità nel provocare e vincere risse, riuscirà immancabilmente a risolvere. Incastrando il criminale o i criminali di turno, riuscendo a, come dice stesso Lazzaro, "fare giardino", ovvero risollevare le sorti di una situazione disastrosa riscrivendo e "sovvertendo" ogni regola.

I romanzi di Andrea erano e rimangono dei pezzi unici di letteratura per diverse ragioni: sono tratti da casi di cronaca nera che lui ha vissuto in prima persona; i personaggi sono tutto tranne che immaginari, ma rappresentano - spesso con tanto di nome e cognome reali - i suoi amici e conoscenti (uno dei quali ho avuto modo di conoscerlo personalmente); sono uno scoppiettante susseguirsi di assonanze e giochi di parole e letterari, battute comiche ad effetto, pur calate in un contesto da romanzo giallo, noir, ricco di colpi di scena.

Andrea Pinketts li ha scritti regolarmente tutti nel locale che ha sempre frequentato ogni sera e notte - "in mezzo al casino", che gli permetteva di concentrarsi, come diceva lui - ovvero Le Trottoir, in pieno centro a Milano. E sono stati tutti scritti con la sua fedele penna Mont Blanc, in quanto non amava le tecnologie e, quando lo conobbi, sapeva a malapena maneggiare un telefono cellulare di vecchissima generazione.

Andrea era un caro amico, che ho avuto l'onore e il privilegio di conoscere nella primavera del 2004, proprio al Trottoir. Lì ci siamo dati appuntamento, dopo che avevo divorato gran parte della sua produzione letteraria e ne ero rimasto affascinato. Da allora ci siamo visti spesso, in quegli anni, abbiamo bevuto e fumato sigari a lungo sia al Trottoir che allo Smooth di Via Buonarroti, vicino a dove abitava con la madre Mirella, la quale, ricordo, gli preparava le valige ogni qual volta era invitato a tenere presentazioni dei suoi libri, oppure doveva presiedere qualche concorso in qualità di giurato.

Come Jack Kerouac, anche Andrea, oltre ad essere uno sregolato in tutto, era legatissimo a sua madre. E come Jack Kerouac, anche Andrea era amico di Fernanda Pivano, la quale lo definì, nelle prefazioni ai suoi libri "un duro dal cuore di meringa".

Andrea Pinketts era "un duro", sin da ragazzino. Sin da quando fu espulso dal liceo per aver "menato" il preside. Ragazzo irrequieto, insofferente alle costrizioni, evase dalla caserma dei granatieri di Orvieto e si finse psicopatico. Bevitore e fumatore incallito sin da ragazzo, non smise mai quel suo vizio che, come da lui stesso ammesso, finirà per portarlo nella tomba, novello Kerouac, novello "scrittore maledetto" che, sino all'ultimo ha lottato, non già contro i suoi vizi, che per lui erano piaceri e virtù, ma contro la tristezza della sofferenza, contro la tristezza della malattia. Quella tristezza che ti fa essere e sentire debole, mentre Andrea Pinketts, documentando la sua degenza all'ospedale Niguarda di Milano con numerosi video su Youtube, ci appare come sempre pieno di spirito e di giochi di parole funambolici.

Quei giochi di parole usati anche nelle sue apparizioni televisive in qualità di showman o di opinionista, ove, presentandosi sempre completamente ubriaco (esattamente come Kerouac nelle sue celebri interviste), e pieno di spirito (non solo alcolico), ribaltava ogni canone mediatico, lasciando di stucco la presentatrice o il presentatore di turno che, rimasto senza parole, non poteva che arrendersi al genio e alla sregolatezza di questo artista dei nostri tempi.

Pinketts era, come il suo personaggio letterario Lazzaro, un antieroe. Un "cattivo ragazzo", ma sempre dalla parte dei più deboli e sempre dalla parte dei "buoni" contro i "cattivi", fossero costoro corrotti, stupratori, stalker, balordi che si divertivano a dar fuoco ai barboni. Andrea Pinketts interveniva sempre, in prima persona, con il suo metro e novanta di stazza e le sue capacità di "persuasione".

I romanzi di Andrea Pinketts, a onor del vero, erano più letti all'estero che in Italia. Non era un profeta in Patria, in sostanza. Amatissimo in Francia e lì pluri-premiato, fu apprezzato molto dal regista e sceneggiatore Claude Chabrol che, in ogni suo film, omaggerà Pinketts con un cameo dei suoi romanzi e che avrebbe voluto realizzare un film tratto dal romanzo (a parer mio il più bello) "Il conto dell'ultima cena".

Con Andrea Pinketts, che se ne va a soli 57 anni, non se ne va Lazzaro Santandrea, in quanto, l'ultimo romanzo che lo vede protagonista - "La capanna dello zio Rom" - lascia un finale aperto.

Forse nemmeno Andrea Pinketts se ne va del tutto. Almeno non se ne andrà dal mio cuore, ove lo tengo fra i miei "eroi-antieroi" preferiti, viventi e non, conosciuti da me personalmente o meno (assieme a Jack Kerouac, William S. Burroughs, Hunther S. Thompson, Moana Pozzi, Mario Appignani, Peter Boom, Eduard Limonov).

La madre Mirella così lo ricorda, nel suo necrologio ed è con queste toccanti parole - le parole della persona che più lo ha amato al mondo - che vorrei concludere questo mio articolo in sua memoria:

"Con passo marziale sta valicando i confini degli spazi celesti e dei cieli infiniti Andrea G. Pinketts, scrittore-giornalista. Ha accanto l’amore di chi lo ha preceduto che lo accoglie con gioia accorata, così presto! Lazzaro Santandrea, la sua creatura, è ansioso di future, mirabolanti avventure da vivere insieme. Mirella Marabese Pinketts è fiera del tuo talento e della tua genialità. Prosegue il cammino terreno come tu vuoi. Non ti dirò mai addio. Mamma".

Luca Bagatin

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lunedì 16 dicembre 2024

Bilancio geopolitico, fra conflitti non sanati e nuove sfide globali. Articolo di Luca Bagatin


Queste sono riflessioni che scrivevo esattamente un anno fa, ma vedo che niente è cambiato, anzi, per cui vorrei riproporle, aggiornandole.

Da due anni USA e UE gettano benzina sul fuoco di conflitti che hanno origini lontane.

E si fomentano i fondamentalismi religiosi, anziché sostenere le realtà laico-socialiste (vedi la Libia di Gheddafi e la Siria di Assad).

Ad Est, il conflitto russo-ucraino, ha origine della disgregazione dell'URSS, avvenuta a seguito di golpe interni e esterni. Una tragedia immane che ha lasciato il popolo sovietico (compresi i popoli russo, ucraino, lettone e così via) - finito sul lastrico - nelle mani di oligarchi ed estremisti di destra.

Una tragedia che preoccupò finanche la classe politica di governo dell'unico vero centro-sinistra italiano, lungimirante e responsabile, della gloriosa Prima Repubblica, che si reggeva sull'asse socialisti - democratici cristiani - socialisti democratici e repubblicani.

Una tragedia tanto quanto quella che portò alla distruzione della Jugoslavia, sulla quale gli USA e i loro alleati, soffiarono sul fuoco, portando morte, distruzione e barbarie.

E pensiamo a quanto l'Italia di allora, con Gianni De Michelis Ministro degli Esteri, grande amico del Paese balcanico, tentò il tutto per tutto per evitare la guerra.

La politica delle sanzioni è sempre una politica deleteria e non fa che rafforzare chi siede al governo del Paese sanzionato. E' storicamente sempre stato così e solo chi non osserva la Storia non lo comprende. Se ad essere sanzionato è, peraltro, un Paese che detiene risorse (gas, petrolio o altro) di cui il sanzionatore ha necessità, allora le difficoltà maggiori le avrà senza dubbio il sanzionatore.

E' quanto avvenuto con le assurde sanzioni alla Russia da parte dell'UE, imposte senza alcun criterio da politici e tecnici totalmente irresponsabili e per nulla lungimiranti.

Qualcuno disse, facendo una battuta tanto pessima, quanto fuori luogo: “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?”. In realtà anche un bambino capirebbe che, se vuoi la pace (e anche salvare il tuo Paese, la sua economia e evitare, in generale, morti innocenti), ti adoperi affinché questa avvenga e cerchi di operare in modo serio e lungimirante, ovvero:

1) se vuoi la pace cerchi il dialogo;

2) non ha senso ed è controproducente impegnarsi militarmente in conflitti che non ci riguardano;

3) pace e commercio con TUTTI, come disse il Presidente statunitense Thomas Jefferson (1743 - 1826), nel suo primo discorso di insediamento alla Presidenza: “Pace, commercio e amicizia con tutte le nazioni, nessun vincolo d"alleanze"”;

4) nessuna ingerenza in casa di altri;

5) rispetto e promozione del diritto internazionale;

6) cooperazione e rispetto dell'autodeterminazione dei popoli.

E' chiaro che, i problemi sia nazionali che europei si trascinano dal 1993, l'anno orribile che, in Italia, ha distrutto una classe politica democratica e lungimirante, che – pur rimanendo ancorata all'Alleanza Atlantica - dialogava con tutti, favoriva la pace, la concordia, il commercio internazionale, la stabilità economica, ma non a scapito delle tasche dei cittadini (come invece fa l'UE, con politiche di austerità, aumento del tesso di interesse, deregolamentazione del mercato energetico e così via).

Una classe politica che, in Italia e Europa, prima del 1993, non favoriva il militarismo, non inviava armi, gettava acqua sul fuoco di ogni conflitto. Ed erano gli anni terribili della Guerra Fredda!

Oggi sembra che i governanti di USA e UE siano fermi alla mentalità della Guerra Fredda, ma siano totalmente privi della lungimiranza, responsabilità e intelligenza dei politici che li hanno preceduti e che la Guerra Fredda l'hanno vissuta davvero.

I politici di USA e UE di oggi sembra, in sostanza, che giochino con i videogames, ma, purtroppo, le vittime che le loro politiche irresponsabili generano sono fin troppo reali.

Nel 1993 non solo ad Est erano già crollate realtà pluri-nazionali, che erano unite nel socialismo, ma, in Italia, una strana convergenza fra settori mediatici, finanziari, postcomunisti, postfascisti e leghisti metteva fine al governo di centro-sinistra (l'unico vero centro-sinistra in Italia), che aveva garantito stabilità dal 1948, ovvero l'anno dell'inizio ufficiale della ricostruzione dalle macerie del vergognoso regime mussoliniano.

Dal 1993 in poi, il diluvio.

L'avvento al governo, non solo di imprenditori, tecnici, comici, postfascisti e postcomunisti ormai promotori del capitalismo assoluto, ma anche l'avvento dell'austerità in UE; la deregolamentazione dell'economia; le privatizzazioni selvagge; la perdita di sovranità dell'Italia e di ogni Paese europeo; l'apertura indiscriminata delle frontiere, la delocalizzazione delle imprese (con conseguente perdita di posti di lavoro nei singoli Paesi europei); la distruzione della scuola e della sanità pubbliche. Tanto per citare alcuni effetti nefasti che si sono diffusi a macchia d'olio negli anni. E siamo ancora lì, a quel punto.

Ciò che siamo oggi lo dobbiamo a quanto avvenuto esattamente trent'anni fa.

Da dire, ad ogni modo, che la globalizzazione ha favorito, a livello internazionale, nel lungo periodo, più i Paesi emergenti e storicamente sfruttati dal colonialismo Occidentale.

Pensiamo alla Cina, all'India, al Brasile e ai BRICS in generale. Paesi che, in modo molto intelligente e lungimirante hanno saputo unirsi, cooperare, favorire le proprie economie interne investendo in settori produttivi (e non in armamenti!) e soprattutto non chiudendosi – ideologicamente – nei confronti di quei Paesi che avevano sistemi e valori diversi da loro.

La massima del buon Thomas Jefferson - “Pace, commercio e amicizia con tutte le nazioni, nessun vincolo d"alleanze"” - sembra dunque essere da tempo diventata l'orizzonte dei BRICS.

E già il buon leader socialista cinese Deng Xiaoping – aprendo la Repubblica Popolare Cinese al mercato, ma mantenendo, giustamente e responsabilmente, nelle mani della comunità e del pubblico tutto l'apparato economico – con la celebre frase “Non importa se il gatto è bianco o nero, l'importante è che acchiappi i topi”, vide lontano.

Oggi fanno molto sorridere i finti “sovranisti”, che a parole vorrebbero combattere la globalizzazione, con politiche anti-storiche quanto controproducenti (come l'imposizione di dazi doganali). Pseudo “sovranisti” che rimangono legati alla visione liberal-capitalista della Guerra Fredda, senza alcuna visione del presente, né del futuro. E non si dimostrano minimamente differenti dai vari “liberal” alla Biden and Co..

Oggi il mondo ha alcune sfide molto serie da affrontare e, se tutti i Paesi non si siedono ad un tavolo e non si uniscono in tale ottica, sarà molto difficile risolverle.

Il rischio di pandemie continue è dietro l'angolo. Il rischio di attentati di matrice terroristico-ideologica-religiosa lo è altrettanto. Le città sempre meno sicure per quanto riguarda la criminalità (più o meno organizzata) e le baby gang - sempre più drammaticamente in crescita - è un altro serissimo problema, ancora profondamente sottovalutato. La sanità pubblica al collasso. Una scuola pubblica che ha smesso di formare.

Tutti problemi che vanno discussi, seriamente, anche e soprattutto a livello internazionale. Evitando sciocche divisioni. Mantenendo un atteggiamento di concordia, rispetto reciproco, cooperazione, collaborazione paritaria.

Altro settore al quale andrebbe posta seria attenzione è quello tecnologico, in particolare relativo all'Intelligenza Artificiale.

L'IA rischia di sfuggirci di mano. Quello che personalmente chiamo “governo delle macchine” sulle persone, potrebbe diventare un problema molto serio. Già ciascuno di noi è, spesso e inconsapevolmente, psicologicamente dipendente dal suo smartphone.

Le nuove tecnologie per uso civile ci stanno facendo diventare degli analfabeti funzionali. Non siamo più in grado di scrivere, parlare correttamente e, dunque, di ragionare correttamente e, più in generale, rischiamo di compromettere ogni nostro processo cognitivo.

Se l'attuale classe politica occidentale è meno lungimirante del passato, un motivo c'è e viene sottostimato. Così come viene sottostimato il fenomeno degli hikikomori, ovvero quelle persone – in particolare giovani – che si auto-isolano dalla società e si rinchiudono nel loro mondo virtuale e fatto esclusivamente di tecnologia.

L'IA per uso civile, peraltro, sta e rischia sempre più di sostituire i mestieri, sia nel settore dell'arte (musica, cinema, letteratura), ma anche – via via - in tutti i settori produttivi.

Ragionare in merito all'IA per uso civile – arrivando anche a porvi un limite - dovrebbe essere argomento di discussione molto serio.

Si tende, purtroppo, a livello globale, ad analizzare i fenomeni osservandone i vantaggi a breve o brevissimo termine. Non ragionando nel lungo e lunghissimo periodo. Salvo condannare le generazioni future, presto o tardi, a una schiavitù che oggi – in modo molto miope – non si vorrebbe vedere.

In generale non sono molto d'accordo con l'affermazione dell'economista John Maynard Keynes “Nel lungo periodo siamo tutti morti”.

La Storia dimostra, ha dimostrato e sta dimostrando che, quei popoli che hanno saputo essere lungimiranti, ovvero ragionare nel lungo e lunghissimo periodo, hanno saputo resistere ad ogni crisi, uscendone rafforzati.

Luca Bagatin

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venerdì 13 dicembre 2024

"La testa di Medusa" di John Symonds, ovvero Aleister Crowley contro Adolf Hitler. Articolo di Luca Bagatin


Su Aleister Crowley (1875 – 1947), esiste un'ampia letteratura, sia esoterica che romanzesca, oltre che fumettistica e videoludica.

Egli fu scrittore, poeta, esoterista, mago, massone e alpinista britannico che, a cavallo fra la fine dell'800 e il '900, divenne figura emblematica, a torto, spesso, ritenuta controversa.

La sua filosofia, da egli chiamata “Thelema” (dal greco “Volontà” e che compare, per la prima volta, nel romanzo “Gargantua” di François Rebelais, nel 1534), tutt'altro che dogmatica, si fondava e si fonda sul principio, da egli enunciato: “Fa ciò che vuoi sia tutta la Legge. L'Amore è Legge sotto la Volontà”.

Un percorso di ricerca volto a superare i desideri egoistici, per giungere, infine, alla propria autentica volontà, libera da ogni forma di ego e condizionamento.

Un insegnamento che Crowley dichiarò di aver ricevuto nel 1904, in Egitto, da un'entità incorporea chiamata Aiwass e che gli dettò numerosi scritti.

Crowley, il quale riteneva che il Divino risieda in ciascun essere e che non esista alcuna altra forma di Divinità esterna (così come non esiste alcun Satana o inferno), influenzò moltissimo, non solo la letteratura e la cultura della sua epoca, ma finanche il mondo della musica e dello spettacolo, dai Beatles ai Led Zeppelin, da David Bowie ai Rolling Stones, passando per lo scrittore beat William S. Burroughs e fu citato persino da Leonardo Sciascia, che raccontò dell'espulsione di Crowley dalla Sicilia, da parte del regime fascista.

L'ottima casa editrice Tre Editori, sempre attenta nella pubblicazione di libri inusitati e di grande interesse, in particolare per gli studiosi di esoterismo, Storia e letteratura, ha dato alle stampe “La testa di Medusa”, di John Symonds (1914 - 2006).

Tale romanzo apparve, per la prima volta, nel 1975 e la prima particolarità è che fu scritta da uno degli ultimi collaboratori di Crowley e che, il mago, nominò suo esecutore letterario.

Symonds, che conobbe Crowley un anno prima della sua morte, nel 1946, del resto, è noto per aver pubblicato la monumentale biografia di Crowley, “La Bestia 666”, edita in numerose lingue e, in Italia, pubblicata dalle Edizioni Mediterranee.

John Symonds, autodidatta, divenne peraltro celebre come drammaturgo e autore di opere fantasy e per bambini e fu sposato con la psicoterapeuta junghiana Renata Israel.

“La testa di Medusa”, con introduzione di Gabriel Symonds, figlio di John, racconta dell'incontro fra Aleister Crowley e Adolf Hitler, nei primi anni '30.

Un incontro che l'esoterista René Guénon – scrivendo a Julius Evola nel 1949 – affermò essere avvenuto veramente, ma non ci sono prove in merito.

Certamente Crowley, come nel romanzo, ambiva a modificare le sorti della Germania nazista, liberandola dal tiranno.

Il mago britannico, infatti, ingaggiò – assieme alla scrittrice e esoterista Dion Fortune (1890 - 1946) (anch'ella membro della società esoterica Golden Dawn, come Crowley e altri scrittori dell'epoca quali William Butler Yeats e Arthur Conan Doyle) – una sorta di “battaglia magica” contro Hitler. Battaglia raccontata dalla stessa Fortune nel saggio, sempre riedito da Tre Editori, “La battaglia magica d'Inghilterra. Una grande occultista sfida Hitler”.

In merito, c'è chi asserì che Crowley, a tale scopo, aiutò il servizio segreto britannico. E chi disse che il mago consigliò a Winston Churchill, al quale lo legava peraltro una somiglianza fisica impressionante, di usare in pubblico il simbolo esoterico “V per Vittoria”.

Tale simbolo, del resto, secondo la filosofia di Thelema, significa “Luce, Vita, Amore e Libertà” ed è un simbolo di giustizia contrapposto alla svastica nazista, simbolo di ingiustizia e prevaricazione.

Nel 2021, peraltro, uscì un interessante fumetto dal titolo “Aleister & Adolf”, scritto da Douglas Rushkoff e disegnato da Michael Avon Oeming, in cui Crowley scatena una battaglia magica contro le forze dell'Asse.

Ne “La testa di Medusa”, Crowley è in compagnia di Simone, una ragazzina francese (che nella realtà storica potrebbe essere identificata come Deidre Patricia Doherty, dalla quale peraltro ebbe un figlio, Randall Gair Doherty (1937 – 2002)), dotata di poteri medianici.

Crowley, assieme a Simone, che non perde mai tempo per farsi talvolta beffe di lui e che Crowley è in grado di rendere invisibile, partono per Weida, in Turingia.

Qui Crowley, conosciuto anche con i nomi magici di Bafometto, Bestia 666, Master Therion e molti altri, viene eletto a capo dell'Ordo Templi Orientis (O.T.O.), pur nella diffidenza generale di molti adepti a tale organizzazione iniziatica.

Alcuni fra questi hanno simpatie naziste, come l'anziana Martha Küntzel (1857 - 1942), la quale finirà per ricredersi quando Hitler, una volta salito al potere, metterà al bando tutte le organizzazioni magiche e esoteriche e inizierà a perseguitare massoni, teosofi e thelemiti.

Nel romanzo è proprio la Küntzel a mettere in contatto Crowley con un Hitler ancora non salito al potere e che è informatissimo su Crowley e sembra detestare le sue bizzarrie e il suo pensiero magico.

Purtuttavia lo riceverà, spesso, nel suo studio per illuminarlo sul suo futuro.

Crowley avrà modo, nella finzione letteraria, di osservare le bizzarrie di Hitler, il suo modo di opprimere la nipote-amante Geli Raubal (fino a portarla al suicidio), la sua passione per i pasticcini alla crema e le sue sfuriate ogniqualvolta sarà contraddetto, oltre ai suoi sotterfugi per salire al potere.

La natura demoniaca di Hitler, nel romanzo, si mostra a un Crowley che si dichiara “vanitoso, ma non ambizioso” e che ritiene di essere opposto a Hitler, anche perché, mentre questi ambisce al potere, il mago lo possiede già, in quanto Iniziato alle arti esoteriche.

“La testa di Medusa”, oltre ad essere un romanzo è, per molti versi, un testo con riferimenti storici molto precisi, che riporta fedelmente la subdola ascesa al potere di Hitler.

E ci presenta un Crowley dalla natura più ironica che mefistofelica, come vorrebbe invece certa vulgata.

Un Crowley che, con Simone, vorrebbe arginare la natura demoniaca di un Hitler che non conosce la sua “vera volontà” e non è in grado di domare le forze oscure che lo guidano e che faranno sprofondare l'Europa nei suoi anni più bui.

Il romanzo, oltre a riportare, in appendice, note storiche molto curate e alcune immagini storiche, consta anche di una sorta di postfazione, scritta dallo studioso di esoterismo Giorgio Ritter, dal titolo “Mefistofele e il dittatore”.

Un romanzo, “La testa di Medusa”, di sicuro interesse non solo per gli amanti di romanzi arcani e misteriosi, ma anche per tutti gli studiosi di Storia e esoterismo.

Luca Bagatin

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domenica 8 dicembre 2024

Dopo la Libia, cade anche la Siria laica e socialista e adesso? Articolo di Luca Bagatin

 

Nel 2011 accadde alla laica e socialista Libia, guidata da Mu'Ammar Gheddafi. Anche allora gli islamisti, destabilizzarono in Paese, uccisero Gheddafi e distrussero ogni forma di laicità, socialismo e democrazia nel Paese.

Oggi accade alla laica e socialista Siria, guidata da Bashar al-Assad, rieletto, peraltro, nel 2021, con un'ampia maggioranza di consensi.

Deposto dai soliti islamisti, destabilizzatori, impropriamente definiti “ribelli” dai media nostrani.

Addio laicità, addio socialismo arabo, unico baluardo contro l'Islam radicale.

Del resto, anche nell'allora Jugoslavia, socialista e laica, accadde la stessa cosa, nei primi anni '90.

E i Paesi liberal capitalisti, USA in primis, a soffiare sul fuoco, anziché spegnerlo.

Solamente la Russia e la Cina sono state in prima linea contro il terrorismo destabilizzatore in Siria.

USA e UE temono oggi, giustamente, la radicalizzazione della Siria nelle mani degli islamisti, ma cosa hanno fatto sino ad oggi?

Cosa hanno fatto, in questi anni, a parte sostenere e inviare armi a governi guerrafondai e di destra più o meno estrema, oltre che sanzionare Paesi laici e socialisti (vedi la stessa Siria, oltre che Cuba, il Venezuela, ma non solo)?

Tralasciando la politica pessima e sconsiderata di Biden, il neo-eletto Trump, peraltro, farebbe malissimo a volere che gli USA lasciassero la NATO, ma dovrebbe rendersi promotore di un rinnovamento della NATO e di un totale cambio di passo dell'Alleanza.

Promuovendo l'entrata, nell'Alleanza Atlantica, anche di Russia (che lo chiese negli Anni 2000) e di Cina (ci fu qualche dirigente cinese che, nel 1999, avanzò tale ipotesi), oltre che di altri Paesi, BRICS in primis, lavorando, così, alla cessazione di ogni conflitto e controversia internazionale.

Rendendo l'Alleanza in grado di lavorare, dunque, a cose serie e davvero utili e necessarie: sicurezza internazionale, lotta al terrorismo e al cyberterrorismo, prevenzione delle calamità naturali in primis.

Il mondo è cambiato e gli USA, oltre che l'altrettanto irresponsabile UE, dovrebbero rendersene conto.

Non esiste più un'egemonia mondiale ed è giusto e naturale che sia così.

Il mondo è multipolare e si trova difronte nuove sfide e pericoli da affrontare. Fra questi il fondamentalismo religioso e nuovi episodi di intolleranza, oltre che conflitti inimmaginabili persino durante la terribile Guerra Fredda.

Situazioni che le attuali leadership di USA e UE non sembrano affatto in grado di voler affrontare con serietà e capacità, anzi, sembrano continuare a soffiare sul fuoco.

Trump, peraltro, parla ancora di dazi, altra misura totalmente ideologica e economicamente svantaggiosa per tutti.

Le divisioni in blocchi, le ideologie, le contrapposizioni, non fanno che impedire ciò che serve davvero e mai come in questi anni di follia e sconsideratezza: dialogo, cooperazione, stabilizzazione, prosperità comune, sicurezza.

Vedremo nuovamente la luce in questa oscurità?

Luca Bagatin

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sabato 7 dicembre 2024

I 75 anni della Repubblica Popolare Cinese all'insegna dello sviluppo e del socialismo prospero. Articolo di Luca Bagatin


A 75 anni dalla proclamazione della Repubblica Popolare, da parte del Grande Timoniere, Mao-Tse Tung, la Cina ha dimostrato più volte, non solo di potersi rialzare, ma anche di diventare pressoché la prima potenza mondiale e di poter guidare un mondo, oltre i blocchi contrapposti e contro ogni forma di terrorismo, che può rappresentare una speranza di pace, stabilità e cooperazione globale.

Da “sabbia informe”, è, infatti, diventata una potenza globale e proprio questo è il sottotitolo dell'interessante e documentato saggio “Cina”, edizioni Imprimatur, dello studioso Diego Angelo Bertozzi.

Un saggio che affronta l'evoluzione della Repubblica Popolare Cinese, dalla fondazione, fino ai nostri giorni.

Ovvero da quando Mao Tse-Tung, proclamò – il 1 ottobre 1949 - la nascita della Repubblica, a seguito della vittoria dell’Esercito di Liberazione Popolare da lui guidato, che sconfisse definitivamente i nazionalisti di Chiang Kai-shek, sostenuti dagli Stati Uniti d’America di Roosevelt.

Un comunismo con caratteristiche particolari, quello cinese che, secondo le direttive di Mao, doveva privilegiare la classe contadina, piuttosto che lo sviluppo industriale del Paese.

Un Mao che, figlio di contadini egli stesso, alla guida del Paese, promosse la riforma agraria, collettivizzando e ridistribuendo le terre, oltre che avviando un processo di alfabetizzazione delle masse.

Solo dopo la morte di Mao, nel 1976, sarà avviata una nuova fase di modernizzazione del Paese, attraverso la corrente riformista guidata da Deng Xiaoping, il quale avvierà quello che ancora oggi viene chiamato “socialismo con caratteristiche cinesi”.

Un socialismo che si rifiuta di aderire al modello capitalista, ma che vuole apprendere quanto di positivo il sistema capitalista può insegnare. Un socialismo che apre al mercato e alla multiproprietà, ma ove l'intervento pubblico rimane preponderante e fulcro stesso della modernizzazione del Paese e dell'elevazione economica del popolo stesso.

E' quindi nel periodo guidato da Deng Xiaoping che, pur non archiviando il maoismo, ma criticandone solo gli aspetti più dogmatici, si sviluppa il settore industriale e tecnologico.

Allo stesso tempo, la Cina, si pone quale guida dei Paesi più poveri e che hanno da poco ritrovato l'indipendenza dal colonialismo, ponendosi a baluardo geopolitico nella lotta contro il sottosviluppo.

In questo senso, come fa presente il saggio di Bertozzi, la Cina è oggi molto presente nel continente africano, ove ha contribuito a costruire strade, ponti e infrastrutture, oltre che concesso prestiti a tassi agevolati e spalmati nel tempo.

Attualmente la Cina possiede percentuali di debito di diversi paesi africani, contribuendo concretamente a far uscire tali Paesi dal sottosviluppo, provocato dal colonialismo e dal neocolonialismo, che è aspetto ancora presente in quei Paesi ove il Fondo Monetario Internazionale e le potenze occidentali neo-coloniali (Francia, Gran Bretagna e USA in primis), sono ancora molto presenti.

E' stata, in sostanza, secondo la tesi di fondo del saggio di Bertozzi, l'ondata di rinnovamento portata avanti da Deng e dai suoi successori - Jang Zemin, Hu Jintao e l'attuale Presidente Xi Jinping - la marcia che ha permesso alla Cina di non fare la fine dell'URSS.

La Cina comunista, in sostanza, ha mantenuto la sua impronta socialista e la sua visione democratica, alternativa a quella liberale e occidentale.

La democrazia cinese non ammette la competizione elettorale fra partiti, in nome dell'armonia e della collaborazione fra partiti e formazioni politiche non antagoniste, ma in dialogo costante con il Partito Comunista Cinese (PCC), che rappresenta l'unità di tutto il popolo.

Partito – quello comunista cinese - che, peraltro, è al mondo la forza politica con il maggior numero di iscritti (la maggioranza ancora oggi agricoltori, ma da tempo ha aperto anche alle classi borghesi e ai liberi professionisti) avendo superato, nel 2019, i 90 milioni di tesserati. L'iscrizione allo stesso, peraltro, è piuttosto selettiva e il PCC è una vera e propria scuola di formazione politica socialista, atta a formare la futura classe dirigente del Paese.

Secondo i cinesi, peraltro, non esiste un solo modello di democrazia universale, esportabile e che vada bene per tutti, bensì questo è necessariamente frutto dello sviluppo interno e della civiltà politica del Paese nel quale tale processo è sorto e non frutto di imposizioni esterne.

In tal senso, la Repubblica Popolare Cinese, come spiegato nel saggio di Bertozzi, non intende dare alcuna lezione al mondo, ma parimenti non accetta alcuna lezione dal mondo occidentale, così come a suo tempo non la accettò nemmeno dall'URSS, con la quale spesso entrò in conflitto ideologico.

Il saggio di Bertozzi, spiega dunque che, in Cina, il PCC governa la Repubblica, ma esistono anche altre forze democratiche. Forze che partecipano all'esercizio del potere statale, hanno un ruolo consultivo e partecipano alla scelta dei capi di Stato e all'amministrazione del Paese. Ma tutte le forze politiche, unitamente al PCC, non sono minimamente in competizione.

In Cina sono peraltro presenti anche dei comitati di villaggio - i quali hanno una certa autonomia in ambito educativo e finanziario - che prevedono il diritto di voto attivo e passivo di tutti i residenti adulti.

Quanto all'economia cinese, come spiegato nel saggio “Cina”, è mista, ovvero, accanto ad aziende pubbliche, in particolare nei settori chiave dell'economia quali quello bancario, delle risorse energetiche e delle telecomunicazioni, vi sono imprese private e cooperative.

Imprese private comunque piuttosto sindacalizzate e ove una parte dei profitti viene non solo utilizzata per interventi a carattere sociale (come per la costruzione di scuole professionali o per soccorso di vittime di una catastrofe nazionale), ma anche reinvestita nello sviluppo di nuove tecnologie dell'impresa e ciò sembra essere una delle ragioni del boom tecnologico cinese, in particolare negli ultimi anni.

La Cina, in sostanza, da Paese feudale e successivamente coloniale, in 75 anni, ha fatto passi da gigante. Non solo è oggi pressoché un colosso economico, ma ha anche aumentato del 7,4% il reddito pro capite; creato oltre 13 milioni di nuovi posti di lavoro negli ultimi anni; sottratto dalla povertà oltre 100 milioni di persone nelle aree rurali e investito moltissimo nell'ambiente, ponendo un tetto all'emissione di gas serra e nello sviluppo di fonti rinnovabili.

Il saggio di Diego Angelo Bertozzi offre dunque al lettore uno spettro complessivo dello sviluppo di una nazione che sta da tempo modificando gli equilibri geopolitici globali. In favore di un mondo multipolare, più prospero, la Cina è oggi l'unica grande potenza a voler gettare acqua sul fuoco degli attuali terribili conflitti geopolitici che percorrono il pianeta, promuovendo pace, cooperazione, sviluppo.

Luca Bagatin

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giovedì 5 dicembre 2024

In memoria del Compagno Paolo Pillitteri. Articolo di Luca Bagatin


Sandra Milo, Ugo Intini, Lino Jannuzzi, Ottaviano Del Turco, Filippo Panseca e, oggi, Paolo Pillitteri.

Sono troppi i Compagni socialisti che questo orrendo 2024 ci ha portato via.

Compagni, alcuni dei quali erano miei amici o, comunque, avevo avuto modo o di conoscere o di avere, con loro, alcuni scambi epistolari.

Paolo Pillitteri, che ci ha lasciati il giorno stesso del suo compleanno, lo avevo conosciuto personalmente vent'anni fa, presso la redazione milanese del quotidiano nazionale “L'Opinione delle Libertà”.

All'epoca, 25 enne, muovevo i miei primi passi nel mondo del giornalismo e iniziai a collaborare - a livello nazionale - proprio con “L'Opinione” (oltre che con “L'Avanti!”). Diretto da Arturo Diaconale e condiretto proprio da Paolo Pillitteri.

Pillitteri era un Compagno di militanza socialista anche per chi, come me, quando il PSI scomparve, era appena adolescente. Perché socialisti si nasce e si è sempre orgogliosi di esserlo.

Con o senza tessera. Con o senza partito.

Ricordo che, vent'anni fa, nel suo ufficio milanese, parlammo a lungo di cinema, di cui era esperto e appassionato. Ma non solo.

Parlammo di suo cognato Bettino, di Pietro Nenni e dei padri e delle madri del socialismo italiano, ovvero di Filippo Turati, Angelica Balabanoff e Anna Kuliscioff, della quale egli scrisse un'appassionata biografia, edita da Marsilio nel 1986.

Ammiravo Paolo Pillitteri sin da quando ero bambino e leggevo di lui (avrò avuto 9 o 10 anni), oltre che del PSI, nella stampa degli Anni '80 e, per me, fu un onore conoscerlo e collaborare al suo giornale, oltre che veder pubblicate sue e mie riflessioni sulle stesse pagine di un libro che Rubbettino pubblicò in quegli anni, dal titolo: “Democrazia e libertà. Riflessioni laiche”.

Con Pillitteri condivisi peraltro, pur per un breve periodo, almeno per me, la rinascita del PSI, nell'esperienza di rifondazione operata dal grande Gianni De Michelis, altra figura che conobbi in quegli anni e di cui fui amico.

Paolo Pillitteri, classe di ferro 1940, siciliano di nascita, ma milanese di adozione, oltre ad alternare la sua attività di critica cinematografica e giornalistica, fu, sin dai tempi dell'università, attivissimo in politica. Ricordo di aver visto in qualche libro una sua foto, giovanissimo, con il megafono in mano e i piedi su una cattedra.

Nel 1965 sposò Rosilde Craxi, sorella di Bettino e, 1969, aderì al Partito Socialista Unificato e, dal 1971 al 1975, aderirà al Partito Socialista Democratico Italiano.

Nel 1975 darà vita al Movimento Unitario di Iniziativa Socialista che confluirà nel PSI nel 1976, anno in cui Bettino Craxi diventerà Segretario e darà vita a quel nuovo corso socialista, che riporterà il Partito Socialista Italiano ad essere protagonista della vita politica italiana e internazionale.

Un Partito Socialista Italiano autonomista, per la promozione della sovranità nazionale, della pace internazionale, del multilateralismo, della modernizzazione, dei diritti dei popoli oppressi (popolo palestinese in primis), dei diritti civili e sociali per tutti.

Pillitteri ricoprirà, nella sua Milano, la carica di Assessore con delega all'edilizia privata e successivamente al bilancio e farà parte della giunta comunale milanese sino al 1980.

Celebre, di quegli anni, una foto che lo ritrae assieme all'illustre esponente socialista democratico milanese Renato Massari e Andy Warhol, nell'atto di consegnare a Warhol un premio.

Pillitteri sarà, successivamente, eletto alla Camera dei Deputati nel 1983 e, succedendo al grandissimo e indimenticato Sindaco socialista Carlo Tognoli, ricoprirà la carica di Primo Cittadino nel 1986, con una giunta di Centro-Sinistra, sostenuta, oltre che dal PSI, anche da DC, PSDI, PRI e PLI.

Nel 1987, in disaccordo con la DC, darà vita a forse una delle prime giunte di sinistra in Italia, sostenuta, oltre che dal Partito Socialista Italiano, anche dal Partito Comunista Italiano e dalla Federazione dei Verdi (quando i Verdi erano ancora una cosa seria e non avevano ancora aderito al liberal capitalismo assoluto).

La Milano di quegli anni passerà alla Storia come “la Milano da bere”, in realtà o, forse proprio per questo, saranno gli anni del massimo sviluppo, efficienza e modernizzazione della città, sotto ogni punto di vista.

Un successo che premierà il PSI alle elezioni comunali del 1990, facendogli conquistare il 20% dei consensi.

Nel 1992, anno del Centenario del PSI, Pillitteri sarà rieletto deputato.

Sarà, purtuttavia, l'inizio della fine del socialismo e della democrazia in Italia, per come l'avevamo conosciuta negli anni precedenti.

Pillitteri sarà coinvolto in quella che Bettino Craxi definì la “falsa rivoluzione di Tangentopoli” e sarà allontanato per sempre dalla vita politica.

Continuerà, comunque, la sua attività di giornalista, saggista e critico cinematografico, oltre che la sua docenza di Storia del Cinema presso la Liberà Università di Lingue e Comunicazione IULM.

Ho voluto bene a Paolo Pillitteri, come ho detto spesso anche a sua nipote Ananda Craxi, con la quale ho spesso avuto recenti scambi telefonici.

La sua generazione è ed è stata l'ultima delle generazioni valide in questo Paese e in questo Occidente ormai folle e sconsiderato.

Il suo socialismo, allo stesso modo, difficilmente penso potrà rinascere, in Italia e nella gran parte degli altri Paesi europei.

Molti o, meglio, pochi di noi riescono ancora, in modo indipendente, a portare avanti questa fiaccola, contornata di tanti garofani rossi.

Una fiaccola (e uso il termine fiaccola non a caso, ricordando quella gloriosa del Partito d'Azione, nobile esperienza socialista democratica del dopoguerra), che non si spegnerà mai, pochi o molti che siamo. Pochi o molti che saremo.

Un garofano rosso all'occhiello. Il socialismo nell'anima.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

sabato 30 novembre 2024

Riflessioni OLTRE lo specchio. Di Luca Bagatin

 

Non credo al femminismo, né al maschilismo.

Perché credo che nella vita occorra farsi rispettare, a prescindere dal sesso.

Se fossi donna e non fossi rispettata a dovere farei la scelta che fece mia madre: caccerei mio padre di casa e lo punirei come merita.

Non perdonerei facilmente, perché perdonare è una di quelle cose che rifiuto del cristianesimo, perché sentimento per persone deboli e inclini al compromesso al ribasso.

Si possono dare possibilità, ma limitate a alcune circostanze.

Lamentarsi dopo ha poco senso.

In generale è sempre bene cercare di ragionare per tempo, evitando di pentirsi dopo.

La razionalità dovrebbe essere anteposta a qualsiasi pulsione. Le pulsioni portano fuori strada e non sono mai buone consigliere.

Tutte le cose figlie delle pulsioni, fra cui i concetti di maschilismo e femminismo, mi hanno sempre lasciato perplesso.

Si può seguire la propria strada, con coerenza. Senza prendere strade altrui e senza pregiudizi ancestrali.

(Luca Bagatin)

Sono spaventato dal fondamentalismo femminista.

Così come sono spaventato da ogni fondamentalismo.

In particolare perché il fondamentalismo cela ignoranza e stupidità.

Che, purtroppo, sono aspetti deleteri e alla base della gran parte dell'umanità.

Che è addormentata.

(Luca Bagatin)

Principali patologie dell' Occidente pseudo-democratico, ovvero fondamentalista e in declino:

1) ignoranza, infantilismo e stupidità (favorite dalla distruzione della scuola pubblica, resa fin troppo semplice, con promozioni anche per chi non ha voglia di studiare, anziché invitare costoro, caldamente, a trovarsi un lavoro, anche e soprattutto umile);

2) ideologismi spacciati per "democrazia" (ideologismi e fondamentalismi pseudo verdi e pseudo liberali; guerrafondai; razzisti; antisemiti: suprematisti bianchi);

3) eccesso di benessere economico, che ha favorito quanto sopra, oltre che l'apparire piuttosto che l'essere;

4) eccessivo ricorso alla virtualità e agli artifici (chirurgia sedicente "estetica"; uso massiccio delle nuove tecnologie da parte dei singoli cittadini);

5) sdoganamento dell'ego e dell'edonismo ad ogni costo.

(Luca Bagatin)

Non mi scandalizza la prostituzione, se pensiamo che chiunque accetta danaro in cambio di una prestazione lavorativa si prostituisce.

Mi scandalizza tale sistema, fondato sul danaro, semmai.

Chi si scandalizza per il sesso a pagamento, è un bigotto.

Chi non lo fa per il sistema fondato sul danaro, è parimenti un bigotto e un ipocrita.

(Luca Bagatin)

Tutto ciò che è artificiale piace a questa società moderna.

Seno artificiale, zigomi artificiali, labbra artificiali, intelligenza artificiale.

A me disgusta.

Ma non per spocchia, è che tutto ciò che non è naturale non lo trovo bello. È molto poco interessante, è omologato, è talvolta persino sciocco.

La Natura, nella sua perfezione e imperfezione allo stesso tempo, è l'unica cosa decente che possa essere considerata.

Tutto ciò che è artificiale, invece, è una puttanata. Partorita da un essere, quello umano, che definire "superiore" mi sembra una barzelletta, una assurdità.

(Luca Bagatin)

Il diritto d'autore svilisce l'arte.

È chiaro che l'autore dovrebbe avere il diritto al riconoscimento di una sua opera, ma non dovrebbe richiederne un compenso, per la sua diffusione.

L'arte va diffusa gratuitamente.

Perché, se si richiedono soldi, da artisti ci si trasformerebbe in prostitute.

Il danaro corrompe sempre. Il danaro prostituisce.

Come il lavoro salariato, anche il diritto d'autore è una forma di sfruttamento e di annichilimento dell'arte e dello spirito.

Essere liberi significa, prima di tutto, spogliarsi di ogni metallo.

Ed è una condizione rarissima o, probabilmente, del tutto inesistente, nell'illusione terrena nella quale ci troviamo a vivere.

(Luca Bagatin)

Che differenza c'è fra il socialismo latinoamericano e cinese e il liberal-capitalismo dell'UE?

Nel primo caso viene diffuso amore e cooperazione.

Nel secondo viene diffuso odio, guerra e fondamentalismo.

(Luca Bagatin)

Sono fra coloro i quali amano più la ricerca delle cose, che l'ottenimento delle cose stesse.
Amo i mercatini e le librerie per questo.
Cercare cose. Se le trovo e le compro, alla fine, quasi mi dispiace.
E ricomincio a cercarne altre.
Quello che si è perso, secondo me, è il piacere della ricerca.
Un po' come l'erotismo, che è infinitamente più interessante di un orgasmo, che dura quel che dura.

E poi svanisce.

(Luca Bagatin)

Sarà che sono nato vecchio dentro (anche se fisicamente dimostro almeno 10 anni in meno della mia età), e la mia formazione è antica, oltre che la gran parte dei miei amici ha sempre avuto dai venti ai trenta/quaranta anni più di me, ma ho sempre avuto una forte idiosincrasia per le mode e per il cosiddetto "nuovismo".

Fra tali aspetti che detesto, la "moda" dell'anti-vaccinismo, oltre che il complottismo di vario tipo.

Sono uno di quelli che, ancora oggi, studia sui libri e il web lo usa, a parte inviare qualche articolo, per puro cazzeggio, senza prenderlo troppo sul serio.

Sarà, quindi, che la cosiddetta "contro-informazione", finisce per apparirmi omologazione modaiola, un po' come avrei considerato il '68 nei tempi in cui giovani figli di papà contestavano il sedicente "sistema".

In generale credo all'equilibrio e all'approfondimento.

Senza questo vedo il nulla.

E i tempi in cui viviamo, a causa dell'eccessivo benessere economico diffuso, ovvero della mancanza di sacrifici, sono i tempi del nulla.

(Luca Bagatin)

Scioperare nel settore pubblico, in particolare nei trasporti, genera disagi e problemi ai cittadini.

Stupisce che il sindacato italiano non lo comprenda.

Non è una questione ideologica, ma pratica.

Scioperare nel pubblico significa scioperare contro il cittadino.

Non contro il politico.

Che meriterebbe ben altre e più incisive forme di protesta, che vedano il sindacato alleato del cittadino e non in conflitto.

(Luca Bagatin)

Chi è ricco vuole sempre più arricchirsi.

Chi è ricco cerca di spendere sempre il meno possibile.

Chi è ricco sottrae, consapevolmente o meno, risorse alla comunità.

Non ho simpatia per chi è ricco.

Sicuramente non ne ho invidia, essendo caratterialmente diamentralmente opposto.

(Luca Bagatin)

La libertà di pensiero (posto che il pensiero sia frutto di studio e ragionamento) implica isolamento.

Perché chi ha un pensiero libero (o che cerchi, quantomeno, di avvicinarsi a una qualche forma di libertà) non verrà mai compreso dalla massa.

La massa è ignorante, stupida e incolta.

Credere nelle masse è ridicolo.

Esse sono servite e servono ai dittatori (che non hanno mai brillato, né per intelligenza, né per lungimiranza). Mai a chi la pensa liberamente, perché, chi pensa liberamente, le masse, le snobba.

(Luca Bagatin)

La politica estera è tutto.

Chi pensa che la politica interna conti più di quella estera, non ha capito niente della politica e sta perdendo solo il suo tempo.

La gente non vota?

Fa bene.

Le decisioni vengono prese altrove.

La cosa grave non è il non votare, anzi.

La cosa grave è il non approfondire la politica estera e il non studiare Storia, cultura, mentalità e politica di altri Paesi e di altri popoli.

La maggioranza assoluta di chi fa politica, in Italia, non fa queste cose basilari.

E vuole anche il voto, oltre che lo stipendio pubblico?

Ma dai, siamo seri!

(Luca Bagatin)

Il politicamente corretto, in un'epoca in cui le persone sono preda del fondamentalismo e della follia collettiva, finisce per diventare una forma di istigazione all'odio.

(Luca Bagatin)

Si può condividere o meno ciò che dico e scrivo.
Non è importante.
Sono solo una porta alla quale attingere per vedere OLTRE ogni specchio.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it