lunedì 24 febbraio 2025

Cossiga e l'intelligence. Articolo di Luca Bagatin


Francesco Cossiga, come ricordato e descritto dall'ottima Clio Pedone nella biografia “L'uomo che guardò oltre il muro”, edita da Rubbettino (e da me recensita recentemente a questo link https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/11/luomo-che-guardo-oltre-il-muro-di-clio.html), fu politico democristiano di lunghissimo corso, il quale ricoprì innumerevoli incarichi istituzionali.

Nato a Sassari nel 1928, laureatosi a vent'anni nel 1948 e successivamente docente di diritto costituzionale all'Università di Sassari.

Uomo coltissimo e curioso, divenne deputato nel 1958, a trent'anni.

Stimatissimo dal Ministro della Difesa socialdemocratico, Roberto Tremelloni, persona nobile e dalla specchiatissima moralità, divenne suo Sottosegretario dal 1966 al 1970 e con lui collaborò alla riforma del SIFAR e alla sua trasformazione in SID. Fu proprio allora che, Cossiga, inizierà ad appassionarsi alla politica estera e all'intelligence.

E proprio di tale tema si occupa l'interessante saggio “Cossiga e l'intelligence”, edito sempre da Rubbettino, che è poi una raccolta di interventi di studiosi e analisti, a cura di Mario Caligiuri, Professore di Pedagogia generale all’Università della Calabria e Presidente della Società Italiana di Intelligence.

Un saggio nel quale è rimarcata la passione del Presidente Cossiga per l'intelligence, quale strumento di difesa della democrazia, invitando il mondo della politica, della cultura e dell'opinione pubblica a confrontarsi con tale tema, auspicando che il tema dell'intelligence possa e potesse divenire oggetto di studio nelle Università italiane.

“Cossiga e l'intelligence”, come dicevo, è una raccolta di interventi (di Giorgio Galli, Rosario Priore, Giulio Cazzella, Carlo Jean, Pino Arlacchi, Paolo Savona e Carlo Mosca), nei quali, ciascuno degli intervenuti descrive che cosa ha rappresentato per il Presidente Cossiga l'intelligence, sia durante il periodo della Guerra Fredda, che successivamente, durante le numerosi crisi internazionali, non ultima quella legata ai fatti terroristici dell'11 settembre 2001.

Come spiega Giorgio Galli, ogni democrazia ha il suo “governo visibile e invisibile”, con tutte le sue contraddizioni e Cossiga, che si adoperò per salvare, pur senza riuscirvi, il suo amico Aldo Moro (al punto da uscirne profondamente provato, anche sotto il profilo psicologico), ne era ben consapevole.

L'allora Prefetto Giorgio Cazzella illustra la visione di Cossiga durante i cosiddetti Anni di Piombo, che è una visione di rafforzamento degli apparati pubblici e di una legislazione antiterrorismo, nel pieno rispetto della Costituzione.

Il Generale Carlo Jean analizza il periodo del crollo del Muro di Berlino e quello del crollo del sistema dei partiti democratici in Italia, oltre che l'interesse e il rispetto di Cossiga per le forze armate e la sua visione in politica estera, fondata sull'equilibrio.

Il prof. Paolo Savona tratta il periodo della fine della Guerra Fredda e delinea il nuovo ruolo dell'intelligence, atto a fronteggiare i nuovi rischi legati alla sicurezza dello Stato e di come Cossiga sia stato, nel 2007, con la riforma dei servizi di sicurezza, profondamente lungimirante.

Pino Arlacchi racconta della sua amicizia con Cossiga, pur nella differenza di opinioni. Ne scaturisce un profilo di un politico colto, che dice ciò che pensa al limite della provocazione, profondo conoscitore del mondo dell'intelligence e della sua utilità per difendere la democrazia e la sicurezza dei cittadini.

L'ex Prefetto Carlo Mosca illustra, invece, l'intelligence, sotto il profilo giuridico e storico.

Nel saggio sono presenti anche interventi del prof. Caligiuri, che ricorda come il Presidente Cossiga, per la sua profonda conoscenza del mondo dell'intelligence, fosse ritenuto, all'estero, un membro dell'intelligence stesso, al punto che gli fu dato, simpaticamente, il nome in codice “Cesare”. E il Presidente Cossiga, per far conoscere al grande pubblico quel mondo scrisse anche il suo “Abecedario”, edito da Rubbettino, nel quale spiegò i rudimenti dei servizi di sicurezza a difesa degli interessi nazionali.

In “Cossiga e l'intelligence” non mancano, inoltre, interventi dello stesso Cossiga, molti dei quali sottoforma di interviste realizzate dal nipote e biografo Paolo Testoni.

Un saggio interessante e non scontato. Su un politico di altissimo profilo della Prima Repubblica che, comunque la si pensi, merita non solo rispetto, ma anche di essere studiato e ristudiato per il carattere profondamente lungimirante e democratico che seppe rappresentare.

Un politico come lui, come Tremelloni, Craxi e molti altri, manca profondamente al nostro sempre più triste e sempre meno lungimirante Paese.

Luca Bagatin

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domenica 23 febbraio 2025

La Repubblica Popolare Cinese sempre in prima linea per la costruzione di un mondo multipolare, equo e ordinato, oltre gli steccati ideologici. Articolo di Luca Bagatin

 

Molto interessante il discorso tenuto dal Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, alla 61esima Conferenza sulla sicurezza, tenutasi a Monaco il 14 febbraio scorso.

Un discorso, come sempre, profondamente equilibrato e nel quale il Ministro Wang ha ribadito i fondamenti della politica estera cinese, basata sulla costruzione di un mondo multipolare, equo e ordinato.

Fondamenti riassunti in quattro punti:

  1. Parità di trattamento dei Paesi. Ovvero ogni Paese, indipendentemente dalle dimensioni, deve essere considerato uguale agli altri, ovvero degno di indipendenza e autonomia;

  2. Rispetto dello stato di diritto internazionale. Ovvero ogni Paese deve avere ben presente che il diritto internazionale va anteposto al “diritto del più forte”;

  3. Rispetto del multilateralismo. Ovvero nessun Paese deve ritenersi superiore agli altri;

  4. Apertura e beneficio reciproco. Ovvero promuovere un mondo multipolare, nel quale tutti i Paesi possano svilupparsi assieme. Senza protezionismi e dazi di sorta.

Relativamente all'Europa, il Ministro Wang ha affermato: “La Cina ha sempre visto nell'Europa un polo importante nel mondo multipolare. Le due parti sono partner, non rivali. Quest'anno segna il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche Cina-UE. Cogliendo questa opportunità, la Cina è disposta a lavorare con la parte europea per approfondire la comunicazione strategica e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa, e guidare il mondo verso un futuro luminoso di pace, sicurezza, prosperità e progresso”.

A proposito di Europa, il Ministro del Dipartimento internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, Liu Jianchao, il 17 febbraio scorso, ha incontrato la delegazione del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM), guidato da Kateřina Konečná, che ha eletto, alle scorse elezioni europee in Repubblica Ceca, un suo rappresentante al Parlamento Europeo (nell'ambito della coalizione di sinistra patriottica “Stačilo!”, la quale ha ottenuto il 9,56%).

Nell'occasione, il Ministro Liu ha sottolineato le buone relazioni storiche fra Cina e Repubblica Ceca, purtroppo recentemente deterioratesi a causa delle critiche del governo liberal conservatore al principio di “una sola Cina”.

Il Ministro Liu, apprezzando l'amicizia reciproca fra il PCC e il KSCM, ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione fra Repubblica Ceca e Cina, scegliendo di aderire entrambi alla cooperazione “win-win”, ovvero al mutuo vantaggio reciproco, superando le divisioni ideologiche.

Kateřina Konečná, da parte sua, ha affermato che l'amicizia fra il popolo ceco e quello cinese è immutata e che il KSCM apprezza molto il ruolo della Cina relativamente al mantenimento della pace e della stabilità nel mondo.

Luca Bagatin

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sabato 22 febbraio 2025

"Frammenti di Bruxelles" di Elena Basile presentato a Roma con Moni Ovadia. Articolo di Luca Bagatin


Venerdì 21 febbraio scorso, presso la libreria Borri Books della Stazione Termini di Roma, alla presenza dell'Ex Ambasciatrice in Svezia e Belgio Elena Basile e di Moni Ovadia, si è tenuto un interessante simposio di presentazione della raccolta di racconti dell'ex Ambasciatrice stessa, dal titolo “Frammenti di Bruxelles”, edita da Sandro Teti.

Moni Ovadia, celebre attore, scrittore e attivista per i diritti umani, ha esordito ricordando di aver conosciuto Elena Basile moltissimi anni fa, a Stoccolma e di essere da sempre un suo ammiratore, essendo una donna che dice sempre ciò che pensa, in particolare alla luce della sua lunga esperienza.

Esperienza che le ha permesso, negli anni, di diventare una fine analista anche geopolitica, oltre che narratrice che, nel suo ultimo libro, come sottolineato da Ovadia, illustra il clima di Bruxelles, città a lungo abitata da Basile.

Clima in cui, in una sola giornata, si possono vivere tutte e quattro le stagioni, che viene raccontata dall'ex Ambasciatrice attraverso il vissuto di vari personaggi e spaccati di vita.

Come la vita di un medico che decide di prendersi cura dei migranti; quella di un giovane stagista che conosce, a Bruxelles, una prostituta ungherese e se ne innamora platonicamente; quella di un politico socialista che inizia la sua carriera in modo idealistico, ma finisce per attaccarsi al potere e vive le sue tristezze e solitudini interiori, rendendosi conto di come la sua carriera sia diventata una prigione d'ipocrisia, perché ha finito per tradire i suoi ideali socialisti originari; racconta di donne non contente di un femminismo imperante, probabilmente molto diverso rispetto a quello originario; racconta dei quartieri nei quali vivono gli immigrati e i loro tentativi di integrazione. Racconta dell'“ordinaria tristezza borghese” di una coppia composta da un aristocratico decaduto e una insegnante, prigionieri di una routine priva di comunicazione con la realtà della vita quotidiana.

Racconta queste storie. E anche altre.

Un libro di dieci racconti che, come ha fatto presente Elena Basile, è uno spaccato di una Europa che sta morendo, preda di tristezze e di solitudini di fondo.

Di una Europa che non è mai giunta ad essere davvero unita, emancipata e libera, come negli alti ideali di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, che, nel Manifesto di Ventotene parlavano – peraltro - di rivoluzione europea che doveva porsi, fra i suoi principali obiettivi, quello dell'“emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita”.

Elena Basile ha fatto presente come questa Unione Europea sia fallita sin dai tempi del Trattato di Maastricht del 1992/1993, scegliendo di diventare una burocrazia economica – nella quale il Parlamento europeo non ha alcun potere legislativo (lo ha infatti la Commissione europea, che non risponde direttamente ai cittadini europei) - che ha in primis deciso di deregolamentare il mercato, in senso neoliberista, sul modello reaganiano e thatcheriano, attraverso la libera circolazione dei capitali. E ciò ha impedito la possibilità di tassare il capitale, favorendo così le élite economiche.

L'UE, secondo Elena Basile, in sostanze, è diventata una burocrazia di trasmissione fra il mondo degli affari e i cittadini.

L'ex Ambasciatrice, ad ogni modo, ha criticato ogni idea di ritorno agli Stati nazionali, così come ogni idea di uscita dall'UE o dalla NATO, ritenendo che ciò equivalga – nei fatti - alla distruzione dei macchinari da parte dei luddisti nell'800. E come tali idee antistoriche possano, anzi, fare il gioco delle élite economiche.

Secondo l'avviso dell'ex Ambasciatrice, infatti, occorre costruire un'Europa diversa, che veda protagonisti i cittadini e i loro bisogni. Che sia la base per un progetto inclusivo, che permetta di integrarci in un mondo multipolare, lavorando alla costruzione di un mondo più unito e giusto.

Dello stesso avviso anche Moni Ovadia, il quale ha fatto presente come sia totalmente assente, in UE, una “emozione europea”, ovvero i cittadini europei non si sentono affatto legati all'Europa, perché le sue istituzioni sono lontanissime dalla vita reale dei cittadini stessi.

Ha ricordato di come lui, a suo tempo, propose la creazione di una squadra di calcio europea e addirittura di un telegiornale europeo, realizzato in tutte le lingue europee.

E ha fatto presente come nella crisi ucraina l'UE avrebbe dovuto occuparsene in prima persona, attraverso un'operazione diplomatica, evitando ogni conflitto e evitando di seguire gli USA di Biden e le sue scelte belliciste.

Così come l'UE dovrebbe smetterla, secondo Moni Ovadia, di “scimmiottare gli USA”, arrivando a distruggere la cosa pubblica e ogni forma di stato sociale e di sanità pubblica.

Nello specifico, Moni Ovadia, ha fatto presente come i cosiddetti “socialisti” dell'UE hanno “pugnalato a morte il socialismo”, nato proprio in Europa. Trasformandosi, da socialisti, in una nuova forma di destra, che ha ridotto all'osso la cosa pubblica e il welfare. E ciò sin dai tempi di Tony Blair. Tutti esempi, come sottolineato da Ovadia, seguiti in Italia dal PD, che è di sinistra solo formalmente.

Un simposio decisamente interessante, stimolante, partecipato. Molti direbbero “fuori dal coro”, in realtà ragionevole e di buonsenso, oltre che dallo spirito europeista, nel senso originario e autentico del termine.

Luca Bagatin

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Elena Basile, Moni Ovadia, Sandro Teti

Luca Bagatin e Elena Basile

Debdeashakti, Moni Ovadia, Luca Bagatin

giovedì 20 febbraio 2025

Lo scrittore e dissidente russo Eduard Limonov, avrebbe compiuto 82 anni. Articolo di Luca Bagatin

 

Lo scrittore dissidente russo di fama internazionale, Eduard Limonov, il 22 febbraio di quest'anno, avrebbe compiuto 82 anni.

Limonov fu il primo, nella metà degli Anni ’90, a seguito dello smembramento dell’URSS, a prevedere l’ineluttabilità di un conflitto tra l’Ucraina e l’ampia popolazione russa della Crimea, del Donbass e della Novorossia, in generale. Ciò in quanto, come mi raccontò e scrisse il suo editore italiano, Sandro Teti, “prima o poi, i diritti dei russi, sarebbero stati violati”.

Limonov, come scrisse nel saggio “Anatomia dell’Eroe”, pubblicato nel 1997, temeva che in Ucraina (territorio ove peraltro è cresciuto) sarebbe accaduta una situazione simile al conflitto nell’ex Jugoslavia, ove i nazionalismi di estrema destra sarebbero scoppiati e i russi, in quei territori, sarebbero stati repressi.

Limonov, nel voler proteggere i russi nelle Repubbliche post-sovietiche (non solo in Ucraina, ma anche in Kazakistan, Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia ecc…), auspicava anche delle rivoluzioni popolari di matrice socialista, che avrebbero dovuto rovesciare il regime liberal-capitalista di Vladimir Putin, a Mosca.

L'ultimo e definitivo numero della rivista statunitense “Esquire”, in Russia, che uscì nell'aprile 2022 (prima di chiudere la versione russa, a causa delle assurde sanzioni), gli dedicò la copertina con il titolo: “La vita e il posto nella Storia del grande scrittore russo” e, proprio nei mesi scorsi, è uscito, nei cinema, il film ispirato alla sua vita - “Limonov””, scritto dal regista polacco Paweł Pawlikowski, diretto dal regista russo Kirill Serebrennikov e interpretato dall'attore britannico Ben Whishaw.

Il film, peraltro, è ispirato al romanzo-biografia “Limonov”, del francese Emmanuel Carrère, del 2011, edito in Italia da Adelphi. Romanzo che, in verità, Limonov non considerava per nulla, in quanto lo riteneva scritto dal punto di vista di un “ricco borghese”.

Da dire che, già nel 2018, il regista italiano Mimmo Calopresti gli dedicò un docu-film, ove accostò Limonov alla figura di Pier Paolo Pasolini.

Limonov, alla sua morte, avvenuta il 17 marzo 2020, aveva all’attivo oltre 60 libri. Prevalentemente romanzi a sfondo autobiografico.

Ma chi fu Eduard Limonov, al quale ho dedicato persino il mio penultimo saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov – I giovani proletari del nazionalbolscevismo” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/)?

Dissidente integrale, negli Anni ’70, si fece volutamente espellere dall’URSS per approdare negli USA, ove vivrà di scrittura e di umilissimi lavori, assieme al compagna dell’epoca, Elena Schapova, la quale diverrà presto una modella e oggi è moglie di un nobile italiano.

Fu autodidatta, sarto, attivista trotzkista, comunista indipendente, redattore di giornali, maggiordomo di un miliardario e, per un periodo, visse persino da senzatetto.

Visse a Parigi negli Anni ’80, con la seconda moglie (la prima fu Anna Rubinstein, che sposò negli Anni '60), la cantante e scrittrice Natalya Medvedeva, e successivamente, negli Anni ’90, partecipò alla guerra civile nell’ex Jugoslavia a sostegno della Repubblica Federale di Jugoslavia e alla guerra di Transnistria, a sostegno della Repubblica Socialista Sovietica Moldava di Pridnestrovie. Successivamente, tornato in Russia, prese parte alla resistenza popolare in difesa del Parlamento russo, fatto bombardare da Eltsin.

Nel 1992 collaborò con Vladimir Zirinovskij, leader del Partito LiberalDemocratico russo, ricevendo la nomina a “Ministro della Sicurezza” del governo ombra creato dallo stesso Zirinovskij. Presto ne prese le distanze, spiegandone le ragioni nel saggio “Limonov contro Zirinovskij”.

L’anno successivo, invece, organizzò un gruppo di poveri, sbandati, emarginati, punk ed ex punk delusi dal crollo dell’Unione Sovietica e vittime dell’avvento dei liberalismo oligarchico.

Un gruppo di giovani e giovanissimi, prevalentemente artisti autodidatti, musicisti, pittori, scrittori, che si ispiravano e ascoltavano la musica di David Bowie e Viktor Coj e leggevano le opere di Aleister Crowley, del Marchese De Sade, di Gabriele d'Annunzio, di Yukio Mishima, di William S. Burroughs, di Jack Kerouac e di Hunter S. Thompson. E che, dunque, trovarono in Limonov il loro profeta artistico, il loro padre, una guida che aveva attraversato tutte le generazioni che amavano e che li facevano sentire vivi: quella beatnik, hippie, punk e cyberpunk.

Quel nucleo di “desperados”, nel 1993, prenderà il nome di Fronte Nazionale Boscevico e, nel 1994, di Partito NazionalBolscevico (PNB), unendo i principi del nazionalbolscevismo di Ernst Niekisch (ex deputato socialidemocratico e primo oppositore, in Germania, del totalitarismo hitleriano), a quelli della controcultura punk e beatnik.

Limonov, il filosofo Aleksandr Dugin (prima di andarsene dal partito e prendere le distanze da Limonov), il cantante e chitarrista punk rock Egor Letov e il musicista e attore Sergey Kuryokhin (oltre che numerosi altri artisti, scrittori e musicisti, molti dei quali diventeranno celebri nella Russia post-sovietica), saranno, dunque, i maggiori animatori del PNB e del suo giornale controculturale “Limonka” (“Granata”) e riusciranno, via via, ad aggiudicarsi le simpatie di quei giovani delusi dall’avvento di Eltsin al potere e della conseguente distruzione economico-sociale della Russia, che si avviava – come tutte le altre Repubbliche post-sovietiche - a divenire – contro la volontà dei cittadini - un Paese liberal-capitalista e oligarchico.

Il Partito NazionalBoslcevico sarà bandito in Russia, nel 2007, con l’infondata accusa di “estremismo”. Ma, nel settembre 2021, la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), con sede a Strasburgo, ha dichiarato che lo scioglimento del Partito NazionalBolscevico (PNB) è da considerarsi una violazione dei diritti umani e ha condannato le autorità russe a pagare un risarcimento ai giovani figli adolescenti di Limonov e ai dirigenti del partito di allora.

La CEDU ha infatti stabilito che vietare il PNB fu un atto “sproporzionato e non necessario in una società democratica” e ha fatto cadere ogni accusa attribuita al partito dalla giustizia russa, ovvero le accuse infondate di “estremismo”, “incitamento all’odio” e “appelli a disordini di massa”.

Dopo una breve alleanza con i liberali di Kasparov e Kasyanov - oltre che con i comunisti di Viktor Anpilov – nella coalizione democratica “Altra Russia” (il nome è tratto da un saggio politico dello stesso Limonov, del 2003), Limonov e i suoi giovani militanti organizzeranno, nel 2010, il partito “L’Altra Russia” che, dopo la sua morte, ha assunto la denominazione “L’Altra Russia di Eduard Limonov”. Collocato a sinistra e spesso alleato, in varie manifestazioni, a diversi partiti comunisti russi, non rappresentati alla Duma, il parlamento russo.

Ancora oggi partito di opposizione fra i più perseguitati in Russia (ed ai quali è impedito presentare liste elettorali), il partito di Limonov propone – fra le altre cose – una forma di socialismo popolare e democratico, fondato sull'anticapitalismo e sulla nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia; il rispetto dell’articolo 31 della Costituzione che sancisce la libertà di riunione e manifestazione; la fine dell’autoritarismo imposto dal governo Putin e la riunificazione delle Repubbliche ex sovietiche, liberandole da ogni forma di russofobia e nazionalismo di estrema destra. Aspetti che, per primo, Limonov denunciò nel 1992, facendo presente come il crollo dell'URSS stava aprendo le porte al nazionalismo anti-sovietico e anti-comunista, a forme di separatismo sciovinista e russofobo e a possibili nuovi conflitti fra popolazioni che, grazie all'URSS, vivevano tutte – pacificamente – sotto lo stesso tetto.

La compianta giornalista Anna Politkovskaja sui nazionalbolscevichi di Limonov ebbe a scrivere:

Mi sono ritrovata a pensare di essere completamente d'accordo con ciò che dicono i Nazbol. L'unica differenza è che a causa della mia età, della mia istruzione e della mia salute, non posso invadere i ministeri e lanciare sedie.

(...) I Nazbol sono soprattutto giovani idealisti che vedono che gli oppositori storici non stanno facendo nulla di serio contro l'attuale regime. Questo è il motivo per cui si stanno radicalizzando.

(...) I Nazbol sono probabilmente il gruppo di sinistra più attivo, ma il loro nucleo si è ridotto da quando molti sono stati arrestati e imprigionati.

(...) I Nazbol sono giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettono di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”.

Eduard Limonov di Anna Politkovskaja scrisse:

"(...) Cosa ha fatto Anna Politkovskaja per noi ? Ci ha fatti conoscere nella società. Ci ha spiegati alla gente, perché ci ha riconosciuti prigionieri politici. Ha ricreato nei suoi articoli l'atmosfera di un terribile processo contro i giovani della Russia. Questo processo di massa non avveniva sulla nostra terra dalla fine del XIX secolo. E così rinasceva nel XXI secolo".

(...) Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaya fu uccisa all'ingresso della casa dove abitava. Sono andato al cimitero. C'erano già tutti i nazionalbolscevichi di Mosca. E quelli che sono riusciti a venire dalle zone limitrofe. I ragazzi mi hanno consegnato fiori di garofano bianco. Poi si è svolta la processione funebre. Il ritratto di Anna Politkovskaja è stato portato da una nostra compagna nazbol, che indossava occhiali in una cornice in metallo. Molto simili a quelli della Politkovskaja".

In Italia, in questi ultimi anni, opere di Limonov sono state editate da Sandro Teti, che continuerà, negli anni a venire, a pubblicare sue opere.

Fra queste ricordiamo il romanzo dai contorni noir e erotici “Il Boia” e “Zona Industriale”, nel quale l'autore racconta il periodo trascorso dopo l'uscita dal carcere di Lefortovo e il ritorno nel suo malmesso e fatiscente appartamento, sito nella periferica zona industriale moscovita di Syri.

Limonov, infatti, non si è mai arricchito e non gli è mai interessato vivere negli agi, nonostante la sua ultima moglie sia stata l'affascinante attrice, cantautrice e modella Ekaterina Volkova, amante del jet set, e dalla quale ha avuto due figli, Aleksandra e Bogdan.

Sandro Teti ha curato anche la prefazione al mio già citato saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, edito da IlMioLibro e uscito, come dicevo, due anni fa, che cerca di cogliere l'anima artistica e controculturale del Nostro.

L'ultima compagna di Limonov, alla quale è sempre stato sempre fedele, fu Fifì, alla quale dedicò una raccolta di poesie erotiche - “A Fifì” - appunto, con l'affascinante fanciulla in copertina, nuda, di spalle.

Limonov e Fifì saranno anche protagonisti del numero 100 della rivista “Rolling Stones”, l'uno accanto all'altra, con lei, completamente nuda, di spalle.

Nel suo soggiorno statunitense, negli Anni '70, Limonov conobbe il poeta e editore della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti (il quale gli consigliò un finale diverso per il suo romanzo “Sono io, Edika”, tipo l’omicidio di una persona famosa, anziché la frase “Affanculo tutti!”) e Andy Wharol.

Recentemente, le edizioni Bietti, hanno ripubblicato, di Eduard Limonov, uno dei suoi saggi più attuali e emblematici: “Grande Ospizio Occidentale”.

Scritto alla fine degli Anni '80, il “Grande Ospizio Occidentale” denunciato da Limonov altro non è che il peggiore degli inferni possibili. Ovvero la nostra società Occidentale, liberal capitalista, che il Nostro osserva e ha osservato sin dagli Anni '70, quando si fece espellere dall'URSS e approdò negli Stati Uniti d'America.

L'Ospizio di Limonov, come ho ricordato anche in una mia recensione al saggio, altro non è che una società sorvegliata dall'Amministrazione, che garantisce ai Malati (i cittadini) ogni tipo di piacere e comfort, utilizzando così quella violenza soft – attraverso l'esaltazione di un Popolo senza opinioni, amante del progresso e del piacere illimitato - che lo stesso Hitler uzilizzò contro i tedeschi della sua epoca, mascherando così tutto l'orrore autentico del Regime.

Un Ospizio nel quale tutto è permesso, ovvero niente è davvero permesso, come affermava Pasolini. In cui i media e i giornali permettono “libertà di parola”, ma effettivo spazio lo trovano solo coloro i quali hanno i mezzi finanziari per poter raggiungere le masse. Oppure, venendo alla nostra epoca dei “social”, tutti possono scrivere contro l'Amministrazione dell'Ospizio, ma questo non smuoverà la situazione di una virgola.

Nell'Ospizio denunciato da Limonov l'uomo è svirilizzato, addomesticato dalla pubblicità commerciale, dalla televisione, dalla musica pop, dai reality show (denunciati già nel 1988-89 da Limonov!).

Egli è coccolato in modo che non si ribelli mai e poi mai, se non a parole. In questo senso, coloro i quali Limonov definisce Agitati (ovvero l'opposto dei Malati), quali ad esempio il leader socialista libico Gheddafi (che Limonov paragona al nostro Giuseppe Garibaldi e all'eroe latinoamericano Simon Bolivar, altri Agitati da sedare e combattere, secondo le regole dell'Ospizio), vanno vilipesi e bollati come criminali, terroristi, selvaggi, barbari e chi più ne ha più ne metta.

Persino il sistema del voto elettorale, secondo Limonov, è inutile. Ovvero non è altro che una legittimazione dell'Amministrazione dell'Ospizio, la quale propone candidati incolore, de-ideologizzati, nessuno dei quali vuole davvero cambiare alla radice il sistema.

La maggioranza dei cittadini non ha un'opinione, per mancanza di voglia e incapacità” - scrive Limonov - “Vota in funzione di opinioni prefabbricate, elaborate dall'Amministrazione e suggerite dai media”. E, spesso, ne consegue, che la gran parte dei Malati-elettori abbia persino rinunciato ad andare a votare (Limonov riporta, in merito, i dati elettorali di Francia e USA alla fine degli Anni '80, epoca in cui ha scritto il suo saggio, rilevando come in Francia votasse la metà degli aventi diritto al voto, mentre negli USA gli elettori effettivi fossero addirittura una minoranza).

“E' illogico” - prosegue Limonov - “far eleggere i dirigenti dell'Ospizio a un Popolo così influenzabile: non è lo stesso Popolo, d'altronde, che il 30 gennaio 1933 ha dato il potere, con elezioni “libere e democratiche”, a un certo leader tedesco?”. Sottolineando, dunque, come l'elettoralismo possa addirittura portare al potere – con il voto “democratico” (si fa per dire) – i peggiori dittatori.

E Limonov, eterno profeta, come lo fu Pasolini, punta il dito contro l'uomo bianco, borghese, ricco e “civlizzato”, il quale “è convinto di poter capire qualsiasi conflitto sul pianeta dopo aver dato una rapida occhiata alla televisione o leggiucchiato un paio di trafiletti su qualche giornale. Non è cosciente delle conseguenze negative del proprio intervento nella vita dell'Africa, del fatto che la civiltà europea non è estranea alla moltiplicazione delle Vittime”.

E, con ciò, Limonov sottolinea come l'Amministrazione dell'Ospizio, attraverso i media, si ponga sempre dalla parte delle Vittime...ma solo se non provengono da Africa, America Latina e Asia, ovvero quelle realtà che non fanno parte dell'Ospizio.

Le realtà estranee all'Ospizio, infatti, secondo Limonov, hanno mantenuto il loro senso comunitario, aracico, ribelle, agitato, estraneo all'ammorbamento prodotto dal benessere materiale, dalla tecnologia, da un lavoro alienante che costringe le persone (i Malati dell'Ospizio) – dalla culla alla casa di riposo – a produrre sempre di più, distruggendo così sempre più risorse naturali e l'ambiente.

L'Ospizio, secondo Limonov, in nome dell'ideologia del progresso e della prosperità, ha veicolato un piacere effimero, che ha annientato - negli esseri umani che ne fanno parte - ogni senso di sofferenza e dolore. Condizioni necessarie, all'essere umano, per crescere, emanciparsi ed essere realmente felice, in quanto realmente artefice del proprio destino, attraverso il superamento degli ostacoli e delle difficoltà che la vita e la Natura che lo circonda gli offre.

Limonov ci mette dunque in guardia – sin dai lontani Anni '80 - da una modernità e ci sta auto distruggendo.

Intervistai Eduard Limonov nel 2018 e con me non fu propriamente simpatico. Fu, infatti, un'intervista difficile. Non ci teneva affatto ad essere simpatico con il prossimo, soprattutto con chi lo ammirava. E, l'ho capito dopo, aveva ragione lui.

Lui che disse a Emmanuel Carrère che la sua era "una vita di merda" e che se volevano scriverci un libro o farci un film, facessero pure, ma a lui non interessava affatto. Così come non gli interessava che cosa pensassero gli altri di lui.

A lui interessavano i suoi "giovani ragazzi proletari", i nazionalbolscevichi. Di cui sognava di essere alla testa fin da quando, nel 1981, lo scrisse nel suo "Diario di un fallito".

Ovvero scrisse di voler essere alla testa dei looser e perdenti di tutto il mondo. Che cercano un riscatto (come lo cercano tutti i popoli diseredati). In nome della loro esistenza disperata, del loro amore per l'arte e per una vita vissuta appieno – per quanto difficile economicamente – senza le regole imposte dall'Ospizio.

Era una persona semplice, Limonov. Un eterno ribelle che, anche a 82 anni, avrebbe dimostrato sempre non più di 18 anni, nello spirito. E ha, ancora oggi, tutto da insegnare a un mondo, quello Occidentale, folle, alla deriva e totalmente privo di intelligenza, creatività e anima. Imbevuto di opulenza, ipocrisia, noia e ignoranza.

Luca Bagatin

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martedì 18 febbraio 2025

Riflessioni OLTRE lo specchio. Di Luca Bagatin

C'è la libertà di dire e scrivere tutto quello che vuoi solo nella solitudine e dentro te stesso.

Per il resto, in questo mondo, ti lasceranno dire e scrivere quello che vuoi, ovvero diffondere ciò che hai da dire o scrivere, solo se è funzionale a qualcosa o a qualcuno. E dipende moltissimo dal contesto politico nel quale in quel momento ti trovi.

La libertà, per il resto, non esiste nel mondo della materia. È una illusione soggetta all'ipocrisia di chi ha il potere in quel momento (e il potere non lo hanno solo i governanti).

Odio profondamente il mondo materiale e tutto ciò che ne consegue, almeno fin da quando avevo 4 anni e avevo capito come funzionavano le cose.

Sono per la libertà assoluta. Ma questa, nel mondo della materia, comporta isolamento e emarginazione.

Quando però scoprirai che, il vero potere, non è quello della materia, allora capirai che, tutto ciò che fa parte del mondo materiale è un immenso ammasso di escrementi.

(Luca Bagatin)

Il tifo da stadio, così come il tifo politico, serve agli stupidi che hanno bisogno di una appartenenza feticistica.

L'unica apparenza che ha senso avere è quella alla propria coscienza. Che si ottiene studiando e approfondendo sempre e senza i paraocchi.

(Luca Bagatin)

In generale non sono un estimatore del progresso tecnologico e della crescita economica e questo per le conseguenze che tali aspetti, apparentemente positivi, possono causare nella società.

Il cosiddetto "benessere" economico, generato dal progresso tecnologico e dalla crescita economica, genera inquinamento e squilibri nell'ecosistema.

Squilibri insanabili, al netto delle stronzate che vi raccontano i sostenitori dello "sviluppo sostenibile".

Lo sviluppo è, di per sé stesso, insostenibile. Come il progresso ad ogni costo.

In secondo luogo, il cosiddetto "benessere" economico genera ansia, depressione e noia.

Aspetti con le quali le realtà opulente, in particolare Occidentali, hanno a che fare, ma totalmente sconosciuti nelle società arcaiche e tribali, non toccate dal progresso.

Ciascuno è libero di scegliere di che morte morire. Sapendo, chiaramente, che si dovrà morire prima o poi (diamo questa notizia in particolare agli Occidentali opulenti, che pensano di essere immortali).

In generale penso che le aree più "progredite" moriranno lentamente e di una morte atroce e agonizzante, lastricata di un "benessere" che le sta già corrodendo dall'interno.

Sono socialista, ma il mio socialismo è arcaico, conservatore e pedagogico (ma non meno libertario, sia chiaro). Tutti dovrebbero avere il necessario, ma non più del necessario.

Se hai più del necessario, significa che stai creando squilibri che avranno ricadute nella tua e nell'altrui psicologia.

Se la tua ideologia quotidiana diventa l'accumulo e il lavoro per soddisfare i tuoi desideri materiali, ciò avrà una ricaduta nella tua e nell'altrui psicologia.

Accontentarsi, essere equanimi e austeri anche con sé stessi e lavorare il giusto e solo per il benessere collettivo, nella vita, significa ricercare una serenità che può essere solo interiore.

Tutto ciò che è esteriore non dà serenità. Ma genera depressione, ansia e noia.

Ovvero ti rende inconsapevolmente già morto.

(Luca Bagatin)

A mio avviso le posizioni preconcette non hanno senso. In particolare in politica.

A seconda della questione da affrontare, si può essere di centro, destra o sinistra.

Per questo penso che occorra sempre stare sopra. Volando più alto rispetto a ignoranza e banalità.

(Luca Bagatin)

Nulla di più ingenuo di credere che le elezioni siano una forma di democrazia.

Esse sono, nei fatti, una forma di stupidocrazia.

Inetti e incolti che eleggono loro pari, ovvero altrettanti inetti e incolti. Ai quali sottostare attraverso inette e incolte leggi!

L'apoteosi del sadomasochismo.

In assenza di formazione, elevazione morale, spirituale e culturale, ovvero in presenza di eccesso di informazione, pregiudizio, deformazione e altrettanta ignoranza di fondo, non ci potrà mai essere alcuna democrazia.

Ma vi sarà solo aberrazione e schiavitù.

(Luca Bagatin)

Il 2025 potrebbe portare USA e UE a dividersi inesorabilmente.

Trump potrebbe intelligentemente defilarsi da una guerra che non riguarda né ha mai riguardato gli USA, anzi li sta danneggiano, quella in Ucraina.

L'UE, guidata da diversamente intelligenti e irresponsabili, potrebbero continuare a sostenere il fallimentare regime del comico, inviso al suo stesso popolo, e, dunque, continuare a danneggiare gli interessi economici dell'UE.

Difronte a ciò la NATO avrebbe solamente due strade da prendere: o continuare a essere guidata da irresponsabili come Stoltenberg e Rutte, perdendo molto probabilmente anche il sostegno degli USA, o allargarsi, a altri Paesi, come la Russia e la Cina e diventare, finalmente, baluardo di sicurezza e stabilità internazionale.

(Luca Bagatin)

Questa è l'epoca dei falsissimi profeti, degli ignoranti, di coloro i quali oggi sostengono una cosa, domani il suo opposto.

E ciò non vale solo per il caravanserraglio liberale, ma anche per quello fasciocomunista e fondamentalista religioso.

Questi totalitarismi, figli dell'egoismo, della superstizione e della modernità (anche quando molti fra costoro fingeranno di parlare contro la modernità), sono gli amici della materia e i nemici della Libertà (che può essere solo Interiore) e sono portatori di nuove schiavitù del pensiero e dell'anima.

(Luca Bagatin)


La Repubblica Popolare della Cina è in cima alla Top Ten dei Paesi armatori del mondo nel 2025. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori


È stata pubblicata la classifica delle Top Ten con più navi al mondo nel 2025, la classifica mostra il valore patrimoniale totale delle flotte in servizio e, in ordine, per Stati. La Repubblica Popolare della Cina ha sorpassato il Giappone, e si è aggiudicata il primo posto con un valore complessivo della flotta di 255 miliardi di dollari; inoltre notiamo la Svizzera-senza-mare che entra in classifica con un valore della flotta di 68 miliardi di dollari, il rapporto evidenzia cambiamenti significativi nei valori delle attività e nelle dinamiche di proprietà nell’ultimo anno.

1. Repubblica Popolare della Cina
La Repubblica Popolare della Cina ha ottenuto il primo posto in termini di numero di navi e ha preso il comando anche in termini di valore della flotta, superando il Giappone e, come scritto sopra, raggiungendo i 255 miliardi di dollari. Il fatto che la Repubblica Popolare della Cina abbia le flotte di navi portarinfuse (o bulk carrier: navi usate per trasportare carichi non-liquidi nelle loro stive [come ad esempio cereali, carbone, minerale grezzo, cemento, bobine d’acciaio], quindi materiali non unitarizzati in container o pallet [strutture piatte su cui vengono posate merci]) e container di maggior valore, rispettivamente pari a 68,4 miliardi di dollari e 63,5 miliardi di dollari, rafforza il primato, soprattutto perché il valore delle navi in entrambi i settori si è innalzato nell’ultimo anno.
Ciò è dovuto al miglioramento delle condizioni di mercato in seguito alla crisi del Mar Rosso, che ha visto un aumento della domanda di tonnellate-miglio per la maggior parte delle navi, poiché queste sono state dirottate attorno al Capo di Buona Speranza per evitare le ostilità.
Ad esempio, il valore delle navi portarinfuse capesize (quelle navi le cui dimensioni non permettono il loro passaggio né per il Canale di Panama né per quello di Suez) da 180.000 tonnellate di portata lorda (dwt) in vent’anni è aumentato di circa il 26,98% l’anno scorso, passando da 13,86 milioni di dollari a 17,6 milioni di dollari. Anche il valore di una nave portacontainer handysize (navi da carico portarinfuse la cui portata lorda è compresa tra le 15.000 e le 60.000 tonnellate) da 1.750 TEU (un container da 20 piedi [6,10 m.] corrisponde ad 1 TEU [Twenty Equivalent Unit]), vecchia di 20 anni, è salito vertiginosamente da 5,97 milioni di dollari a 16,23 milioni di dollari, con un incremento di circa il 171,86% rispetto all’anno scorso, un salto senza precedenti. La Repubblica Popolare della Cina possiede anche il maggior numero di petroliere, con 1.764 navi e un valore attuale della flotta di 47,9 miliardi di dollari.

2. Giappone
Quest’anno il Giappone è sceso al secondo posto, nonostante il valore totale della sua flotta sia aumentato da 206,3 miliardi di dollari nel 2024 a 231,3 miliardi di dollari all’inizio del 2025, con un incremento annuo di circa il 12%.
Il Giappone ha effettuato investimenti significativi nel settore delle navi portarinfuse, aggiungendo quasi 60 navi alla sua flotta; la solidità del valore delle navi in questo settore aumenterà in una certa misura il valore complessivo della flotta. I valori delle navi portarinfuse si sono attestati sui massimi degli ultimi 15 anni per tutto il 2024, con i valori delle navi capesize più vecchie, risalenti a 20 anni fa, che hanno raggiunto il picco di 20,32 milioni di dollari nell’ottobre 2024. Tra i maggiori paesi armatori, il Giappone ha il valore più elevato e le flotte più grandi nelle categorie delle navi metaniere, delle navi GPL, delle navi frigorifere e delle navi porta-auto, con valori della flotta rispettivamente di 40,9 miliardi di USD, 15,1 miliardi di USD, 1,3 miliardi di USD e 24,8 miliardi di USD.

3. Grecia
La Grecia ha mantenuto ancora una volta la terza posizione in termini di valore totale della flotta e numero di imbarcazioni. Sebbene la Repubblica Popolare della Cina possegga più petroliere, il valore della flotta petrolifera greca è molto più alto: 71,3 miliardi di dollari, 23,3 miliardi in più rispetto a Pechino.
Negli ultimi anni, diverse circostanze geopolitiche, come il conflitto nella regione del Mar Rosso e le continue sanzioni contro la Russia, hanno portato a un aumento della domanda di tonnellate-miglia. Questa crescita ha sostenuto i profitti delle petroliere, pertanto il valore di queste ultime è rimasto elevato per tutto l’anno. Ad esempio, il valore di una petroliera LR1 (Long Range 1: navi attualmente in costruzione dalla capacità di trasporto compresa tra i 55,000 e i 79,999 dwt) da 75.000 dwt e 10 anni ha raggiunto il massimo degli ultimi 15 anni alla fine del 2024, passando da 38,27 milioni di USD a 43,85 milioni di USD, con un incremento annuo del 14,58%.
Per cui la Grecia resta il secondo maggiore proprietario della flotta di GNL, con 143 navi e un valore della flotta di 32,4 miliardi di dollari. Negli ultimi anni, il valore delle navi in ​​questo settore è rimasto elevato a causa dell’aumento della domanda, con il valore della flotta in aumento di oltre 1 miliardo di dollari rispetto all’anno scorso.

4. Stati Uniti d’America
Gli Stati Uniti d’America si sono confermati al quarto posto con un valore della flotta pari a 116,4 miliardi di dollari, con un incremento di oltre 16,5 miliardi di dollari rispetto al rapporto precedente.
Il settore delle crociere rimane la risorsa marittima più forte degli Stati Uniti d’America, con un valore di 58,6 miliardi di dollari, consolidando la posizione di Washington come il più grande armatore di navi da crociera al mondo. Ciò è prevedibile, poiché le due principali compagnie di crociere, Carnival e Royal Caribbean, hanno entrambe sede in quello Stato. E mentre gli Stati Uniti d’America mantengono il loro predominio nel settore delle crociere, il valore della flotta è aumentato di quasi 10 miliardi di dollari dall’ultimo rapporto.
Gli Stati Uniti d’America sono anche il proprietario di una flotta ro/ro più costosa (roll-on/roll-off: sono un tipo di traghetto, progettato per trasportare carichi su ruote come automobili, autocarri oppure vagoni ferroviari), con un valore stimato di 2,6 miliardi di dollari. Tuttavia, la flotta statunitense con 40 navi ro/ro è dietro a quella di Giappone e Turchia, che ne hanno rispettivamente 88 e 50.

5. Singapore
Anche quest’anno Singapore ha mantenuto la sua quinta posizione, con un valore della flotta di circa 107,2 miliardi di dollari, con un incremento di oltre 21 miliardi di dollari rispetto all’anno scorso. Singapore è al quarto posto per numero di navi di proprietà.
Le flotte di cisterne per GPL e di ATB (Articulated Tug Barges: trasporto di petrolio e prodotti chimici) di Singapore si classificano al secondo posto a livello mondiale per valore, rispettivamente con 14 miliardi di dollari e 4,4 miliardi di dollari. Il forte mercato del GPL ha continuato a far crescere il valore delle imbarcazioni nel settore, che è aumentato in modo significativo di circa il 50,5% rispetto al rapporto precedente.

6. Repubblica di Corea (sud)
La Repubblica di Corea (sud) ha mantenuto quest’anno la sesta posizione, con un valore della sua flotta pari a 69,6 miliardi di dollari, con un incremento di quasi 2 miliardi di dollari rispetto all’anno scorso.
Tuttavia, il Paese è ancora fuori dalla Top Ten in termini di numero di imbarcazioni, essendo stato superato lo scorso anno da nuovi arrivati come gli Emirati Arabi Uniti.
Gli investimenti della Repubblica di Corea (sud) nel settore del LNG (Liquefied natural gas: gas naturale liquefatto) continuano a dare i loro frutti, con il valore delle navi in questo settore che rimane al quarto posto a 17,2 miliardi di dollari.
La Repubblica di Corea (sud) ha sempre svolto un ruolo chiave come esportatore mondiale di automobili. Come negli anni precedenti, gli investimenti del Paese nel nuovo settore della cantieristica navale sono considerevoli. Glovis ha ordinato sei grandi navi porta-auto, che saranno costruite presso il China State Shipbuilding Co (CSSC) Guangzhou (Canton) e consegnate nel 2028, per un valore contrattuale complessivo di 125 milioni di dollari USA per nave.

7. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
Sebbene il Regno Unito non rientri tra le Top Ten in termini di numero di imbarcazioni, è salito di una posizione nella classifica del valore della flotta per due anni consecutivi, salendo ora al settimo posto.
Le navi da crociera rappresentano circa il 25% del valore della flotta del Regno Unito, il che ne fa il settore marittimo più prezioso del Paese. Al secondo posto troviamo le navi portacontainer, che rappresentano circa il 17%, con un incremento di circa il 2% rispetto allo scorso anno dovuto al miglioramento dei fondamentali del mercato, e all’aumento del valore. Nel settore delle petroliere, i profitti continuano a crescere notevolmente, con il valore della flotta di petroliere del Regno Unito in aumento di circa il 32% dall’ultimo rapporto, passando da 7,2 miliardi di USD a gennaio 2024 a 9,5 miliardi di USD a gennaio 2025. Il valore della flotta è rimasto stabile attorno ai 5,3 miliardi di dollari, grazie ai recenti investimenti del Regno Unito nel settore delle navi GPL.

8. Norvegia
Dopo essere stata superata dal Regno Unito, la Norvegia si colloca ora all’ottavo posto, con un valore complessivo della flotta di 68,5 miliardi di dollari, con un aumento di quasi 10 miliardi di dollari rispetto al rapporto precedente.
Ciò è stato in gran parte determinato dagli investimenti in navi alimentate a gas; il valore della flotta LNG norvegese rappresenta circa il 20% del valore totale della flotta del paese, pari a 13,6 miliardi di dollari. La quota della flotta GPL era di circa il 4,5%, per un valore di 3,1 miliardi di dollari. Anche le petroliere costituiscono una quota importante della flotta norvegese, circa il 16%, per un valore di 10,9 miliardi di dollari.
La Norvegia è anche il secondo maggiore proprietario di navi per il trasporto di automobili, con un valore di 10,8 miliardi di dollari, pari a circa il 15,8% del valore totale della flotta, con un incremento di oltre un miliardo di dollari rispetto all’anno scorso.

9. Svizzera
Quest’anno la Svizzera è rientrata nella Top Ten con un valore della flotta di 68 miliardi di dollari, dovuto principalmente al consolidamento dei valori delle portacontainer grazie al miglioramento del mark sentiment e ai continui investimenti della società armatrice Mediterranean Shipping Company (MSC). (Il mark sentiment è l’atteggiamento corrente degli investitori in generale nei confronti di un’azienda, di un settore o del mercato finanziario nel suo complesso; l’umore del mercato è influenzato dalla psicologia della massa degli interessati, e viene rivelato tramite l’attività di acquisto e vendita.)
Nel 2024, la MSC, con sede in Svizzera, ha continuato la sua serie di investimenti degli ultimi anni, aggiungendo altre 63 navi di seconda mano alla sua flotta, principalmente portacontainer, oltre a un sorprendente ordine per 64 nuove navi, tra cui una combinazione di portacontainer ultra-grandi e nuove portacontainer Panamax, tutte destinate a essere costruite incantieri navali cinesi e da consegnare tra il 2026 e il 2029.

10. Germania
Per il secondo anno consecutivo la classifica mondiale della Germania è peggiorata, passando dal nono al decimo posto. Tradizionalmente, gran parte della flotta tedesca è costituita da navi portacontainer e la Germania si colloca al secondo posto per numero di navi.
Tuttavia, dal punto di vista dei finanziamenti, la flotta tedesca si classifica al quinto posto con un valore di 27,7 miliardi di dollari, il che rappresenta un notevole aumento di circa il 55,6% rispetto al rapporto precedente, in cui la flotta tedesca era valutata 17,8 miliardi di dollari.
I dati contenuti nel presente articolo sono aggiornati al gennaio 2025. Il valore totale della flotta dei dieci principali paesi e regioni armatori comprende i seguenti tipi di navi: navi portarinfuse, petroliere, portacontainer, piccole navi portarinfuse, navi per gas naturale liquefatto, navi per gas di petrolio liquefatto, navi di supporto offshore, navi di ingegneria offshore, piattaforme mobili di perforazione offshore, navi porta-auto, navi roll-on/roll-off, navi refrigerate, navi per energie rinnovabili e navi da crociera.

Giancarlo Elia Valori

lunedì 17 febbraio 2025

Il valore della Greater BRICS Corporation a favore dei Paesi del Sud del mondo. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

Il 1° gennaio, Kazakistan, Malaysia, Cuba, Bolivia, Uganda e altri Paesi sono diventati partner dei BRICS; il 6 gennaio, l’Indonesia è diventata membro ufficiale dei BRICS e per la prima volta i BRICS si sono espansi nel Sud-est asiatico. Il 16 gennaio, il presidente indonesiano Prabowo Subianto ha affermato che l’Indonesia è molto onorata di diventare un membro dei BRICS.
La prima espansione dei BRICS nel Sud-est asiatico non è solo un’estensione georegionale, ma anche un’interpretazione di apertura e un’innovazione nella promozione della globalizzazione e dell’integrazione economica. Le prospettive di cooperazione economica tra i Paesi BRICS sono ampie. Questi Paesi hanno forti dotazioni di risorse, grande potenziale di sviluppo e forte volontà di partecipare alla governance globale. Otterranno più risultati nella cooperazione economica, inclusi ma non limitati a cooperazione finanziaria, all’economia digitale, allo sviluppo verde, agli investimenti, all’industria, ecc.
L’Indonesia è il Paese in cui fu proposta per la prima volta la Via della seta marittima del XXI secolo. Negli ultimi anni, la costruzione congiunta di alta qualità della Belt and Road tra Repubblica Popolare della Cina e India è diventata sempre più approfondita e pratica, e la cooperazione commerciale e di investimento tra i due Paesi è stata costantemente migliorata e potenziata con molti punti salienti. La cooperazione in infrastrutture, produzione, parchi industriali, energia e estrazione mineraria, agricoltura e pesca, finanza e altri settori ha continuato ad approfondirsi. Sono stati implementati uno dopo l’altro numerosi progetti epocali e progetti di sostentamento popolare, e la cooperazione in settori emergenti come lo sviluppo verde, l’economia digitale e l’economia blu sono in pieno svolgimento.
Oltre all’adesione dell’Indonesia alla famiglia BRICS, le economie emergenti sono sempre più interessate ad aderire al meccanismo di cooperazione BRICS. Il meccanismo di cooperazione dei BRICS continua ad attrarre l’adesione del “Sud del mondo” e la struttura del potere globale sta subendo una trasformazione più ampia.
I BRICS sono un’organizzazione internazionale composta da Paesi emergenti. I suoi membri fondatori sono Brasile, Repubblica Popolare della Cina, India e Russia. Nel 2011, la Repubblica Sudafricana è entrata ufficialmente a far parte del meccanismo BRICS. La composizione attuale dei BRICS è la seguente:
Oltre ai primi cinque: Egitto (2024), Etiopia (2024), Iran (2024), Emirati Arabi Uniti (2024), Indonesia (2025);
Stati partner: Bielorussia (2023), Bolivia (2023), Cuba (2023), Kazakistan (2024), Malaysia (2024), Nigeria (2024), Thailandia (2024), Uganda (2024), Uzbekistan (2024);
Paesi che hanno richiesto l’adesione: Bangladesh (2023), Senegal (2023), Azerbaigian (2024), Myanmar (Birmania) (2024), Pakistan (2024), Sri Lanka (2024), Siria 2024 (ma non è nota l’intenzione dell’attuale governo), Venezuela (2024);
Osservatori: Algeria, Turchia, Vietnam.
Il 6 gennaio, il Ministero degli Affari Esteri brasiliano ha emesso un comunicato in cui si afferma che i Paesi BRICS hanno concordato all’unanimità che l’Indonesia aderirà al meccanismo di cooperazione BRICS in conformità con i principi guida, gli standard e le procedure per il processo di espansione concordati durante il 15° incontro dei leader BRICS tenutosi a Johannesburg, in Sudafrica, il 22-24 agosto 2023.
Il meccanismo di cooperazione BRICS ha un forte fascino e influenza. Questo cartello sta diventando come una calamita, con una forte attrazione e forza centripeta, che attrae un gran numero di Paesi ad unirsi. In secondo luogo, questa è una manifestazione della multipolarizzazione del mondo. Attualmente, i Paesi in via di sviluppo sono più propensi a migliorare la governance globale e molti fra esso sperano di realizzare le loro ambizioni unendosi al meccanismo di cooperazione BRICS. Inoltre, l’apertura, il multilateralismo e l’umanesimo dimostrati dai Paesi BRICS hanno spinto Paesi da tutto il mondo ad aderire e stanno dando vita a una nuova tendenza che si distingue dalle altre organizzazioni internazionali. Infine, il “Sud del mondo” è unito e spera di raccogliere forza attraverso i Paesi BRICS.
L’Indonesia è il quarto Paese più popoloso al mondo, il più grande del Sud-est asiatico e l’unico membro del Sud-est asiatico del G20. L’adesione dell’Indonesia al meccanismo di cooperazione BRICS è di grande importanza.
L’Indonesia ha buone basi per la cooperazione con gli altri Paesi BRICS. Nel 2023, il volume degli scambi bilaterali tra Indonesia e Paesi BRICS ha raggiunto 173,29 miliardi di dollari, coprendo il 36,1% del commercio estero dell’Indonesia. Tra questi, la Repubblica Popolare della Cina è sempre rimasta il principale partner commerciale dell’Indonesia dal 2011 e le strutture economiche dei due Paesi sono fortemente complementari. L’Indonesia è ricca di risorse. Nei settori del legno e dei prodotti tali, dei prodotti minerali, della polpa di cellulosa (di carta), le esportazioni indonesiane e le importazioni dei Paesi BRICS dall’Indonesia sono altamente complementari nei settori tessile e delle materie prime, dei prodotti in pelle e da viaggio, della plastica e della gomma.
Inoltre, la strategia di sviluppo economico del governo indonesiano può essere efficacemente collegata al meccanismo di cooperazione BRICS. Il nuovo presidente indonesiano Prabowo Subianto (dal 2024) si è impegnato a continuare la direzione politica dell’era di Joko Widodo (2014-2024). Aree chiave come energia, economia verde, economia blu e sviluppo dell’economia digitale sono tutte in linea con l’area “Greater BRICS Cooperation”, che può espandere lo spazio di sviluppo per le aziende indonesiane e promuovere il reciproco vantaggio tra l’Indonesia e gli altri membri BRICS. Essendo la più grande economia dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), l’adesione dell’Indonesia aiuterà il meccanismo di cooperazione dei BRICS a consolidare ulteriormente le basi della cooperazione economica, a meglio diffondere la regione del Sud-Est asiatico e a migliorare la rappresentatività del Gruppo. L’espansione dei BRICS riflette il fatto che sempre più economie emergenti desiderano integrarsi nel sistema di “circolazione economica interna” delle economie emergenti e cercare iniziative per apportare cambiamenti nel panorama politico ed economico internazionale.
Il meccanismo di cooperazione BRICS è nato nel contesto storico dell’ascesa collettiva dei Paesi emergenti e dei Paesi in via di sviluppo ed è in linea con le aspettative della comunità internazionale di mantenere la pace nel mondo, promuovere uno sviluppo comune e migliorare la governance globale. Nei quindici anni dalla loro fondazione, i Paesi BRICS hanno rappresentato quasi la metà della popolazione mondiale, più del 30% della produzione economica mondiale e il loro contributo alla crescita economica mondiale ha superato il 50%. La rappresentatività, l’attrattiva e l’influenza del meccanismo di cooperazione BRICS sono state costantemente migliorate. Il Gruppo è diventato un’importante piattaforma per promuovere l’unità e la cooperazione nel “Sud globale” e una forza importante nel promuovere cambiamenti nell’ordine politico ed economico mondiale.
Al momento la situazione politica ed economica internazionale ha subìto grandi cambiamenti. Le principali economie sviluppate stanno promuovendo attivamente il “rimpatrio della catena industriale” e la reindustrializzazione e hanno adottato misure restrittive nei confronti di Repubblica Popolare della Cina, Russia e altri Paesi nei principali settori dell’alta tecnologia, il che ha avuto un impatto importante sullo sviluppo economico e sulla sicurezza industriale dei Paesi BRICS. I Paesi BRICS condividono un destino comune. Per raggiungere uno sviluppo e una pace e stabilità a lungo termine, è imperativo approfondire ulteriormente la costruzione del sistema di cooperazione economica.
Nello specifico, in settori tradizionali come minerali, energia, agricoltura, infrastrutture, automobili e tessili, i Paesi BRICS hanno diverse condizioni di dotazione di base e differenti focus nelle loro strutture economiche. Mostrano caratteristiche bilanciate in termini di vitalità del mercato, struttura industriale, capitale umano e vantaggi delle risorse. Soddisfano i prerequisiti per la cooperazione di capacità, ottengono vantaggi complementari e forniscono maggiore spazio per lo sviluppo industriale. Nei settori emergenti come la nuova energia, i nuovi materiali, la biomedicina, l’economia verde, l’aerospaziale, ecc., i Paesi BRICS attribuiscono grande importanza allo sviluppo economico a basse emissioni di carbonio e alle questioni di protezione ambientale. Si prevede che i Paesi rafforzeranno la cooperazione nell’innovazione scientifica e tecnologica e promuoveranno le innovazioni tecnologiche nei settori emergenti.
Negli ultimi anni il baricentro dell’economia mondiale ha accelerato il suo spostamento dalle economie sviluppate al “Sud del mondo”. Dal 2000 al 2023, il PIL del “Sud del mondo” è aumentato da 5,6 trilioni di dollari a 40,0 trilioni di dollari, contribuendo al 56,4% alla crescita economica globale e superando il contributo del 46,6% delle economie sviluppate.
I Paesi del “Sud del mondo” presentano grandi differenze e diversità in termini di fase di sviluppo economico, struttura industriale, dotazione di risorse, ecc. Queste differenze forniscono una solida base ai Paesi del “Sud del mondo” per rompere l’attuale modello di divisione internazionale del lavoro “centro-periferia” e approfondire la cooperazione economica regionale. Esiste un enorme potenziale di cooperazione tra economie ad alta intensità di risorse e Paesi produttori industriali, e tra Paesi in fase di decollo industriale e Paesi produttori industriali maturi, nonché tra Paesi in transizione economica e altri tipi di Paesi del “Sud globale”. I Paesi del “Sud del mondo” possono realizzare una cooperazione economica e commerciale approfondita basandosi sui loro vantaggi in termini di dotazione e costruire un sistema di cooperazione economica reciprocamente vantaggioso per tutti i molteplici settori quali commercio, investimenti, tecnologia e finanza.
In questo processo il meccanismo di cooperazione dei BRICS è in grado di dare pieno sfogo alla sua efficacia nel guidare il “Sud del mondo” e plasmare il modello globale, promuovere ulteriormente l’approfondimento delle relazioni e ricercare la convergenza di interessi tra il meccanismo BRICS e le regioni chiave.
Durante il mandato del Brasile come presidenza di turno dei BRICS nel 2025, i lavori si concentreranno su due linee principali: il rafforzamento della cooperazione nel “Sud del mondo” e la promozione della riforma della governance globale. Quest’anno si prevede che la “Greater BRICS Cooperation” verrà ulteriormente approfondita.
Secondo un comunicato del Palazzo presidenziale brasiliano, i temi di lavoro prioritari del Brasile durante il suo mandato di presidenza di turno dei BRICS includono: lo sviluppo di un sistema di pagamento più efficiente per promuovere il commercio e gli investimenti tra i Paesi BRICS; l’incoraggiamento di una governance dell’intelligenza artificiale inclusiva e responsabile per promuovere lo sviluppo; la collaborazione con le parti interessate alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2025 che si terrà in Brasile, convocata per migliorare la struttura di finanziamento onde affrontare i cambiamenti climatici; il rafforzamento dei progetti di cooperazione tra gli Stati membri, concentrandosi sul miglioramento del sistema sanitario pubblico, ecc.
Ci sono molti punti salienti nella prossima “cooperazione BRICS”. Il ruolo del Brasile come presidenza di turno dei BRICS, avrà un ruolo di enorme supporto nella “Greater BRICS Cooperation”, e questo potrebbe consentire l’adesione di altri Paesi latinoamericani, accrescere notevolmente l’influenza del “Sud del mondo” nella politica internazionale e conferire maggiore forza alla governance globale. I punti salienti della “Greater BRICS Cooperation” sono l’approfondimento della cooperazione economica e del sistema commerciale multilaterale. I Paesi BRICS hanno compiuto nuovi progressi nella promozione del libero scambio, dei flussi di investimento, della cooperazione energetica e di altri aspetti.
In più vi saranno progetti e studi sullo sviluppo sostenibile e l’economia verde. Poiché la questione del cambiamento climatico sta diventando sempre più importante, i Paesi BRICS potrebbero aumentare la collaborazione e svolgere un ruolo importante nell’affrontare il cambiamento climatico. Inoltre, il rafforzamento degli investimenti verdi e della cooperazione tecnologica e la promozione dell’innovazione nei settori dell’economia a basse emissioni di carbonio e dell’energia pulita potrebbero diventare uno dei temi chiave della “Greater BRICS Cooperation”.
Ulteriore punto riguarda la riforma e l’innovazione del sistema finanziario. Negli ultimi anni, i Paesi BRICS hanno compiuto sforzi costanti per promuovere la diversificazione del sistema finanziario globale e riformare la struttura di voto di istituzioni come il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale. In futuro, potrà anche svolgere un ruolo attivo nella promozione dello sviluppo delle istituzioni finanziarie dei Paesi BRICS (come la Nuova Banca di Sviluppo), nell’espansione degli aiuti esteri e dei progetti di cooperazione, ecc.
Quarto punto è il rafforzarzamento della cooperazione nell’innovazione tecnologica e nell’economia digitale. L’economia digitale sta diventando una forza chiave che guida lo sviluppo economico a livello globale. In settori quali la sicurezza informatica, l’intelligenza artificiale, la valuta digitale e il flusso di dati, i Paesi BRICS possono realizzare una cooperazione più ampia, rafforzare la condivisione e l’innovazione tecnologica, promuovere lo sviluppo scientifico e tecnologico nei Paesi dei mercati emergenti e ridurre il divario tecnologico globale.
Quinto: rafforzare la cooperazione nello sviluppo sociale e nella riduzione della povertà. Il “Sud globale” affronta generalmente sfide di povertà, disuguaglianza e sviluppo sociale. I Paesi BRICS collaborano per migliorare le condizioni di vita delle persone e promuovere una crescita socialmente inclusiva attraverso la condivisione di esperienze, il sostegno finanziario e l’assistenza tecnica.
Guardando al futuro, ci sono anche attese per la liquidazione della valuta locale e la cooperazione monetaria tra i Paesi BRICS. C’è speranza che il “Sud globale” svolga un ruolo maggiore nel nuovo ordine mondiale, promuova la riforma delle istituzioni internazionali e favorisca uno sviluppo globale più equo, inclusivo e sostenibile. Il “Sud globale” può realizzare una cooperazione più stretta in più settori, rafforzare la cooperazione nell’energia tradizionale e nelle nuove energie, nella filiera industriale e nella filiera di fornitura, nello sviluppo verde, nell’innovazione scientifica e tecnologica, negli scambi culturali e in altri campi, e promuovere il progresso economico, sociale e culturale del “Sud del mondo”.

Giancarlo Elia Valori

Giordano Bruno, martire del libero pensiero. Articolo di Luca Bagatin

  

Giordano Bruno fu un frate domenicano di Nola noto per la sua visione gnostica dell’Universo e condannato al rogo dalla Chiesa cattolica ed arso vivo a Campo de’ Fiori in Roma il 17 febbraio 1600, per il solo fatto di aver affermato che: “Cristo non era Dio ma un mago incredibilmente abile” e che “L’universo è infinito e contiene un numero similmente infinito di mondi, e che tutti sarebbero abitati da esseri intelligenti” oltre che per la sua visione di Dio come immanente ovvero che “il Divino che è il Tutto, e del Tutto che è il Divino”.

Giordano Bruno fu un libero pensatore gnostico che attinse le sue Conoscenze per mezzo dell’esperienza diretta (unione con il Divino) e dei suoi studi ermetici (da Ermete Trismegisto, il Dio Thot degli Egizi) e i quali meriterebbero un articolo di approfondimento a parte.

Mi limito, qui, a riportare solo alcune nozioni, che auspico possano essere utili a coloro i quali vogliano approfondire l’argomento e al fine di ricordare questo martire del Libero Pensiero e della libera ricerca spirituale.
A ricordarlo, oggi, in Campo de’ Fiori, il celebre monumento voluto e realizzato nel 1889 dallo scultore e Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia di fede repubblicana-mazziniana Ettore Ferrari. Il quale, significativamente, volle orientare lo sguardo di Giordano Bruno verso la Basilica di San Pietro in Vaticano: la culla dei suoi accusatori e assassini.

Mai come in quest'epoca neo-oscurantista (perché dogmaticamente “liberale”, ma molto poco democratica) abbiamo bisogno di celebrare Giordano Bruno e necessità del pensiero libero, da ogni forma di Potere e da ogni forma di mercato.

Luca Bagatin

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domenica 16 febbraio 2025

La Namibia celebra la scomparsa del suo leader storico, Sam Nujoma. Articolo di Luca Bagatin

 

Sam Nujoma fu il padre fondatore della Namibia indipendente e primo Presidente del Paese, dal 1990 al 2005, nonché leader dello SWAPO, ovvero l'Organizzazione Popolare dell'Africa del Sud-Ovest, partito socialista democratico panafricano e nazionalista di sinistra, fondato nel 1960.

Sam Nujoma è morto l'8 febbraio scorso, a 95 anni, nell'ospedale della Capitale, Windhoek.

Guida della lotta per l'indipendenza della Namibia dal dominio sudafricano, sin dagli Anni '50, fu successivamente guida del movimento di liberazione dell'intera Africa del Sudovest dal colonialismo britannico.

Lo SWAPO da lui guidato fu, sin da subito, in chiave anti-colonialista, supportato dai principali Paesi socialisti, quali l'URSS, la Repubblica Popolare Cinese, Cuba e la Repubblica Popolare Democratica di Corea.

Nujoma, peraltro, nel 1973 e nel 1978, fu ospite, in Italia, a Reggio Emilia, della prima Conferenza Internazionale per l'Indipendenza dei Popoli dell'Africa Australe – organizzata dalle autorità regionali e cittadine - e, nel 1982 fu ospite a Roma.

Nel marzo 1990 la Namibia ottenne l'indipendenza ed egli ricoprì la carica di primo Presidente, attuando politiche di riforma sociale e agraria e garantendo tanto i diritti della popolazione namibiana quanto quelli della popolazione bianca, mantenendo peraltro sempre un legame di amicizia con l'Italia, ove fu ospite, in qualità di Presidente, nel 1996 e nel 1998.

Fu grande amico dei leader cinesi Mao Tse-Tung e Zhou Elnai e ha sempre mantenuto un legame di amicizia con la Repubblica Popolare Cinese. Legame che è, ancora oggi, molto forte.

Il Presidente Xi Jinping, a nome del governo e del popolo cinese, ha espresso le sue condoglianze per la scomparsa di Sam Nujoma, ricordando la sua attività di rivoluzionario, statista e guida del popolo namibiano alla ricerca della liberazione nazionale e dell'indipendenza.

Messaggi di cordoglio sono giunti anche da vari leader e organizzazioni socialiste nel mondo.

Fra questi il Presidente cubano, Miguel Díaz-Canel, il quale ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale per il leader namibiano e ha dichiarato: “Ha dimostrato per tutta la sua vita un affetto speciale per Cuba e un sostegno alla Rivoluzione cubana, da quando ha guidato l'eroico popolo namibiano nella lotta per l'indipendenza e, più tardi, quando ha assunto la massima leadership del suo nascente stato indipendente, e anche come leader africano, simbolo di fermezza e difesa di giuste cause. Fu un fervente promotore della solidarietà e della cooperazione con Cuba e non cessò mai di riconoscere e apprezzare il contributo cubano alle lotte per la liberazione dell'Africa e la fine dell'apartheid. Il popolo e il governo cubani gli saranno sempre grati per il suo sostegno nella lotta contro il blocco”

Il Presidente socialista sudafricano Cyril Ramaphosa ha ricordato: “Come vicini e compatrioti, il Sudafrica è unito nel dolore ai namibiani che hanno perso il leader della rivoluzione namibiana, che è inseparabile dalla nostra storia di lotta e liberazione. Il dottor Sam Nujoma era uno straordinario combattente per la libertà che divideva il suo programma rivoluzionario tra la lotta della Namibia contro il colonialismo sudafricano e la liberazione del Sudafrica dall'apartheid.

In esilio e in patria, guidò l'Ovambo People's Organisation, la South West Africa People's Organisation e l'Esercito Popolare di Liberazione della Namibia contro la potenza apparentemente incrollabile delle autorità e delle forze coloniali e dell'apartheid. Sam Nujoma ha ispirato il popolo namibiano a un orgoglio e a una resistenza che smentivano le dimensioni della popolazione. Il conseguimento dell'indipendenza della Namibia dal Sudafrica nel 1990 ha acceso in noi l'inevitabilità della nostra liberazione. La leadership del presidente Nujoma per una Namibia libera ha gettato le basi per la solidarietà e la partnership che i nostri due Paesi condividono oggi, una partnership che continueremo ad approfondire come vicini e amici”.

Messaggi di cordoglio sono giunti anche dal Partito Comunista Sudafricano, dal partito marxista sudafricano Economic Freedom Fighters e dall'associazione anti-apartheid britannica Action for Southern Africa

L'attuale Presidente socialista della Namibia, Nangolo Mbumba ha dichiarato, nel ricordare il suo illustre predecessore: “Questo è l'uomo senza il quale sareste ancora sotto il colonialismo. Non dimenticate che... Ha fatto sì che i lavoratori comuni, dai contadini ai minatori, li addestrasse e li rendesse soldati brillanti”.

E al cordoglio si è unita anche l'attuale Premier, la socialista Netumbo Nandi-Ndaitwah, la ha affermato, sui social: “La sua leadership visionaria e la sua dedizione alla liberazione e alla costruzione della nazione hanno gettato le basi per la nostra nazione libera e unita. Onoriamo la sua eredità sostenendo la resilienza, la solidarietà e il servizio disinteressato. I nostri pensieri sono con la sua famiglia e la nazione in lutto. Possa la sua anima riposare in pace eterna”.

Luca Bagatin

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