lunedì 16 settembre 2024

Moana Pozzi vive. Articolo di Luca Bagatin


Sono passati trent'anni da quel 15 settembre 1994, data della prematura scomparsa, a soli 33 anni – l'età del Cristo – di Moana Pozzi.

Donna inquieta e trasgressiva.

Eretica, erotica, eroica, come mi è sempre piaciuto definirla.

Moana incarnò la fine dei rampanti Anni '80 e l'inizio dei decadenti Anni '90.

Incarnò sessualità e sensualità, mai volgarità. E per questo incarnò l'erotismo più autentico, quello che la fa ancora oggi paragonare a una sorta di Dea.

Fu attrice apprezzata da Federico Fellini, che le fece interpretare un ruolo in “Ginger e Fred”, nel 1986. Sarà nel cast di “Borotalco” di Carlo Verdone e in “...e la vita continua” di Dino Risi.

Sarà pornodiva, scoperta, in tutti i sensi, da Riccardo Schicchi e Ilona Staller Cicciolina e sarà co-protagonista del film erotico/giallo “Provocazione”, del regista Piero Vivarelli, assieme al celebre attore Marino Masè; oltre che protagonista di numerose trasmissioni televisive comico-surreali: “Tip Tap Club” (condotta assieme a Bobby Solo), “Matrioska” e “L'Araba Felice”.

Negli Anni '90 la svolta.

Moana cerca di liberarsi via via dalla pornografia e recita il ruolo della protagonista in “Amami”, di Bruno Colella. Un film bellissimo.

“Amami” è il film al quale Moana si sente più legata, in quanto è una sorta di autobiografia che racconta la storia di una ragazza che lavora nel mondo dell'hard, ripudiata dal padre (interpretato, nel film, dall'ottimo Novello Novelli) per le sue scelte professionali, ma con il quale riuscirà poi a riconciliarsi.

E' sempre negli Anni '90 che Moana incarnerà sia il simbolo – il suo volto sarà racchiuso all'interno di un cuore rosa - che la leadership della prima lista civica italiana: il Partito dell'Amore ideato da Mauro Biuzzi (che nel 2013 ebbi modo di intervistare lungamente: http://amoreeliberta.blogspot.com/2016/03/intervista-esclusiva-di-luca-bagatin.html).

Un partito che anticiperà di decenni quello che poteva essere (pur senza riuscirci) il Movimento Cinque Stelle e che contrappose la cultura dell'amore a quella dell'odio (slogan utilizzato poi da Silvio Berlusconi in campagna elettorale).

Una lista di persone comuni (salvo la capolista, Moana Pozzi), dichiaratamente antipolitica (nel senso più positivo e controculturale del termine), di “estremo centro”, di ispirazione situazionista, garibaldina e cristiano-dionisiaca, come ricordato da Biuzzi in più occasioni.

Un partito che immaginava una sorta di Parlamento “a forma ellittica”, ove da una parte si sarebbero collocate le “forze del cambiamento” - guidate dal Partito dell'Amore – e dall'altra la “vecchia partitocrazia”.

Fu con questo spirito che Moana, pur raccogliendo solamente lo 0,5% dei consensi, si candidò finanche a Sindaco di Roma nel 1993, contrapponendosi a Gianfranco Fini e a Francesco Rutelli. Lei sognava una Roma e un'Italia pulita, libera dalla corruzione, onesta, ove tutti potessero avere un alloggio ed essere liberi dai pregiudizi.

Nella mia intervista a Biuzzi, nel febbraio 2013, egli disse, in proposito che “Moana ha concluso la sua vita facendo politica e senza usare i potenti mezzi del Potere (Denaro, Media, Spettacolo, Scienza, Cultura, Politica, Religione, ecc), ma al contrario mettendo la sua popolarità al servizio di una piccola formazione come il Partito dell'Amore, che aveva come scopo quasi suicida quello di opporsi ai poteri forti partendo da zero”.

Moana fu, per questo, una donna eroica.

E' così che vogliamo ricordarla.

Luca Bagatin

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domenica 15 settembre 2024

"Limonov", la mia non-recensione. Articolo di Luca Bagatin


Eddy, classe 1943, nato in Unione Sovietica, giovane poeta/scrittore irrequieto, affamato d'amore, dalla parte di quelli che non hanno nulla da perdere, quale lui stesso è sempre stato.

Questo era ed è sempre stato Eduard Limonov. A partire dagli Anni '60.

Non saprei dire se il film di Kirill Serebrennikov, “Limonov” o “Limonov. The Ballad”, appena uscito nelle sale italiane, abbia saputo rappresentarlo davvero.

Non saprei dirlo, nonostante il film, io lo abbia visto proprio ieri.

Probabilmente ne ha fatto una rappresentazione. Una parodia (Ben Whishaw, l'attore che lo interpreta, sembra quasi farne una macchietta, nei movimenti e negli atteggiamenti. Ma Ben Whishaw rimane comunque un ottimo attore, in generale).

Una parodia romanzata dalla quale fuoriescono, a mio avviso, tre cose.

1) Che il trailer del film è più appassionante e emozionante del film stesso.

2) Che l'omonimo romanzo di Carrère (che nel film ha il ruolo di sé stesso, anche se solo per pochi minuti), è migliore e più completo del film stesso. Film in cui mancano parti importanti della vita del Nostro, anche per una parodia romanzata.

3) Che Carrère e Serebrennikov approfondiscono il personaggio Limonov più dal punto di vista mainstream che da quello di Limonov o di chi lo ha effettivamente conosciuto o, se lo fanno, lo fanno solo parzialmente.

Eduard Limonov era certamente una personalità complessa e, chi vuole approfondirlo, non può certamente accontentarsi del libro di Carrère da cui è tratto il film di Serebrennikov.

Il film di Serebrennikov, direi, da il meglio di sé solo nella parte iniziale, finendo però per dilungarsi su una storia d'amore, quella con Elena, che certamente non fu così importante come quella con Nataliya (Medvedeva), totalmente cancellata dal film.

Così come dal film sono totalmente cancellati gli Anni '80 di Limonov, che sono gli anni in cui egli inizia a maturare la sua avversione per un Occidente liberal capitalista opulento e ipocrita.

Sono gli anni in cui scrisse, infatti, “Grande Ospizio Occidentale” (che ho recensito anche nel mio blog a questo link: https://amoreeliberta.blogspot.com/2023/08/il-grande-ospizio-occidentale-di-eduard.html), in cui analizza e demolisce i falsi miti dell'Occidente, mostrando – fra le altre cose - come le tanto sbandierate libertà e ricchezze, sono appannaggio solo di chi può effettivamente permettersele e come i cittadini siano “coccolati” dall'Ospizio, al punto da non avere più alcuna opinione propria.

Tutto questo, nel film di Serebrennikov, manca.

Gli Anni '80 sfilano in rassegna al Nostro, ovvero a Ben Whishaw che lo interpreta, che corre attraverso un immenso set cinematografico. E così, gli anni formativi di Limonov, vengono liquidati.

E furono formativi anche grazie alla sua terza moglie, Nataliya Medvedeva, cantante punk-rock, scrittrice e poetessa e autrice, nel 1993, di un appello contro il golpe di Boris Eltsin, il quale fece assediare e bombardare il Parlamento sovietico, illegalmente.

Nataliya, nel film, semplicemente non c'è.

Come c'è molto poco del Limonov “politico”.

Nel film, viene fatto apparire come un esaltato che guiderebbe fantomatici “skinhead nazionalisti” tutto muscoli, quando in realtà, i giovani del Partito NazionaBolscevico (molte delle quali erano ragazze acqua e sapone, tutt'altro che tutte muscoli e spesso, anzi, molto dolci e affascinanti, nella loro semplicità) erano artisti, musicisti, scrittori, freak, sbandati, certo, perché resi poveri e sbandati dal crollo dell'URSS per volontà di un'oligarchia guidata da Eltsin e sostenuta da un Occidente ipocrita e colonialista da sempre.

I giovani nazbol erano, secondo la compianta giornalista Anna Politkovskaja, che li difese sempre e a spada tratta in tutti i processi (processati solamente perché organizzavano manifestazioni pacifiche e nonviolente contro il governo liberal capitalista, prima di Eltsin e poi di Putin): “giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettevano di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”. Del partito di Limonov, peraltro, la Politkovskaja parlò diffusamente nel suo “Diario russo”, edito in Italia da Adelphi, ricordando come fosse il partito di sinistra più attivo nella Russia post-sovietica.

Del film di Serebrennikov ho apprezzato, in sostanza, la parte iniziale, quella più erotica e le musiche dal sapore underground, oltre che le ricostruzioni degli abiti usati da Limonov all'epoca e alcune scene, che rievocano scatti fotografici effettivamente realizzati da Limonov e da Elena Shchapova, all'epoca.

Ma, chi era Eduard Limonov?

Semmai fosse stato davvero un egocentrico, come molti potrebbero facilmente credere a una lettura superficiale, aveva tutto il diritto di esserlo.

Era un grande scrittore, proprio perché era un osservatore attento che sperimenta tutto su di sé.

E lo fa perché detesta la banalità, la mediocrità, la noia, i luoghi comuni, i grandi eventi, i salotti buoni, che appestano la società, sia sovietica dell'epoca che quella statunitense capitalista.

E detesta invecchiare e il passare del tempo.

Non è adatto ai benpensanti, Eddy.

Perché lui non pensa male, anzi. Ma non è un ipocrita.

Eddy osserva e sperimenta l'amore e il sesso, anche estremo, ma fatto solo con chi ama profondamente.

Eddy osserva e sperimenta la povertà e la degradazione dei bassifondi newyorchesi.

Eddy osserva e sperimenta la guerra (in ex Jugoslavia e Transnistria, altro aspetto tralasciato dal film).

Eddy osserva e sperimenta la politica.

E il suo punto di vista è quello di uno scrittore niente affatto estraneo a tutto ciò. Non è un osservatore passivo, ma, come D'Annunzio e Pasolini, Limonov incarna la figura di un eroe moderno.

Dalla parte degli oppressi, dei diseredati, stanchi di essere colonizzati, sanzionati, sfruttati, considerati come animali di uno zoo esotico da fotografare.

Che non si considerano vittime, ma vogliono essere protagonisti del loro destino e Limonov vuole guidarli in una marcia rivoluzionaria (in particolare sotto il profilo interiore) contro i ricchi, i borghesi, i mediocri, gli ipocriti.

Ed in questo, Limonov, è profondamente profetico, vista oggi la decadenza di un Occidente liberal capitalista, ricco, ammorbato e annoiato e lo sviluppo di un Sud del Mondo affamato di riscatto, giovane e alla ricerca di un avvenire di emancipazione che non ha mai avuto.

Limonov è uno che manda affanculo tutti. Certo, è vero. E fa bene.

Limonov è uno che sa che il danaro uccide l'amore, l'ha sperimentato. Per questo disprezza i ricchi e la ricchezza.

Egli ha un disperato bisogno d'amore e affetto e, quando non lo trova, diventa un duro.

Per Eddy, l'amore, è il significato della vita.

E' fedele a sé stesso, Eddy. E' fedele alle sue donne, Eddy. E' fedele ai compagni del suo partito Eddy. Ed è fedele al suo essere eterno adolescente, Eddy.

Ed è la sua fedeltà a renderlo eroico, ma allo stesso tempo, spesso incompreso da chi non ha la pazienza di guardare oltre i suoi spessi occhiali da miope.

Personalmente ho scritto un saggio su di lui, “L'Altra Russia di Eduard Limonov” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/), che contiene anche un'intervista che gli feci un anno prima di morire.

E non fu un'intervista facile. Sono certo che volesse mandare affanculo anche me. E probabilmente avrebbe fatto bene. Anzi, sicuramente avrebbe fatto bene. Perché, come mi disse lui, le interviste sono una pessima forma di letteratura.

Ciao Eddy-baby, ovunque tu sia, ti voglio bene come ne ho voluto ad Andrea G. Pinketts e a Peter Boom e come ne voglio a tutti quelli che, come noi, hanno una concezione della vita e del mondo eretica, erotica, eroica e per nulla banale o scontata.

E fanculo a chi non ci capisce!

Luca Bagatin

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mercoledì 11 settembre 2024

Salvador Allende e Bettino Craxi, due socialisti per la libertà. Articolo di Luca Bagatin


L'11 settembre 1973, in Cile, fu deposto il legittimo governo socialista guidato da Salvador Allende. E ciò a seguito del sanguinario golpe del generale Augusto Pinochet che instaurò, nel Paese, una brutale dittatura liberal capitalista, sostenuta dagli Stati Uniti d'America.

Allende era stato eletto nel settembre 1970 grazie alla coalizione Unidad Popular, comprendente socialisti, socialisti democratici, liberalsocialisti, comunisti e cristiani di sinistra.

Egli intraprese una sua propria “via cilena al socialismo”, con un vasto programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, in particolare minerarie, bancarie, assicurative, dei trasporti e delle telecomunicazioni.

Favorì le classi meno agiate, attraverso apposite riforme di equità; sospese il pagamento del debito estero; introdusse il salario minimo garantito; abolì il latifondo; investì massicciamente nell'istruzione e nella sanità; aumentò i salari e promosse una politica di laicità e diritti civili, introducendo il divorzio, annullando le sovvenzioni alle scuole private e promuovendo i diritti delle donne.

Tutte politiche saldamente socialiste, invise storicamente agli USA e alla classe ricca, clericale e padronale, che trovò in Pinochet il proprio punto di riferimento.

Quel Pinochet che presto rovesciò il governo socialista, nonostante la ferma resistenza armata di Allende e dei suoi sostenitori.

Da allora e sino a non troppi anni fa, il Cile sprofondò nel caos e in una pesantissima dittatura dai contorni clericali, corporativi, antisemiti e antisocialisti, nella quale furono applicate le insensate, inique e folli teorie liberal capitaliste della scuola di Chicago, capitanata da Milton Friedman, costituite da privatizzazioni selvagge, tagli alla spesa pubblica, distruzione del comparto sindacale, a tutto vantaggio dei più ricchi.

Fra i primi a schierarsi contro Pinochet e a sostegno di Allende, oltre ai governi socialdemocratici svedesi e quelli socialisti di Cuba e della Repubblica Popolare Tedesca, anche l'allora giovane socialista Bettino Craxi.

Craxi si recò a Santiago del Cile subito dopo il golpe del 1973 e visitò la tomba di Allende, assieme a una delegazione del Partito Socialista Italiano, sfidando il governo golpista e la polizia, che voleva loro impedire tale visita.

Craxi sostenne, successivamente, la causa di molti esuli cileni, come fece Olof Palme in Svezia e i governi di Cuba e del blocco socialista orientale.

Quando divenne Presidente del Consiglio italiano, sostenne non solo il ripristino della democrazia in Cile, ma aiutò finanziariamente i movimenti clandestini cileni, così come il PSI di Craxi finanziò sempre tutti i movimenti di liberazione popolare nel mondo.

E Craxi denunciò più volte, anche difronte a Ronald Reagan che sosteneva Pinochet, la brutale dittatura cilena.

Il popolo cileno non dimenticò quel sostegno e, nel 2018, gli fu dedicata una piazza, accanto al luogo in cui riposa Salvador Allende. Ovvero la Piazoleta Bettino Craxi, a Santiago del Cile.

Luca Bagatin

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martedì 10 settembre 2024

Il musicista punk rock e attivista politico Egor Letov - amico di Eduard Limonov - avrebbe compiuto 60 anni. Articolo di Luca Bagatin

Il 10 settembre 2024, Egor Letov, avrebbe compiuto 60 anni.

Purtroppo, il cantante, chitarrista punk-rock e attivista politico russo, morì, a soli 44 anni, il 19 febbraio 2008

Egor Letov, nato il 10 settembre 1964, fu una celebrità, sia nella Russia sovietica che post-sovietica, oltre che, nel 1993, fu fondatore, assieme a Eduard Limonov e Aleksandr Dugin, del Partito NazionalBoscevico.

Suo padre fu ufficiale e la madre medico e lui ed il fratello Sergey (ancora oggi musicista di grande fama), crebbero in un quartiere malfamato della Siberia.

Sia Egor che il fratello coltivarono, sin da giovanissimi, una grande passione musicale e si formarono musicalmente da autodidatti, ascoltando i Beatles e i Led Zeppelin.

I due fratelli Letov si trasferirono ben presto a Mosca. Sergey per studiare chimica all’Università, mentre Egor iniziò a studiare in un istituto professionale per muratori, dal quale fu – in poco tempo – espulso. Lavorò alcuni anni, sia come spazzino, che come operaio edile.

Mentre Sergey si dedicò alla musica jazz, divenendo in seguito amico e collega del grande jazzista russo Sergey Kuryokhin (figura di spicco del successivo Partito NazionalBolscevico), Egor si ispirò al punk rock e iniziò un sodalizio con Kostantin Riabinov, anche lui uno dei futuri componenti del partito nazbol (nota una delle foto che ritrae Letov, Riabinov, Limonov e Dugin in una posa che ricorda quelle di una rock band dell’epoca).

Con Riabinov, Egor Letov, fondò il gruppo “Posev”, ovvero “Semina” e, nel 1984, i due fondarono il gruppo punk rock “Grazhdanskaya Oborona”, ovvero “Difesa Civile”, che attirò le nefaste attenzioni del Ministero degli Interni e del KGB.

Le autorità sovietiche iniziarono infatti a considerare l’attività musicale di Letov sovversiva e, nel 1985, lo ricoverarono coattivamente in un ospedale psichiatrico, trattato con massicce dosi di psicofarmaci. Fu dimesso, dopo mesi, solamente in quanto minacciò il suicidio.

Negli anni successivi, lui e la sua compagna e collega cantante – Yanka Diaghileva – furono a lungo ricercati e perseguitati dalle autorità sovietiche e vissero per molto tempo di espedienti e da fuggitivi.

Lo spirito di Egor Letov fu sempre fortemente anarchico e libertario e, se inizialmente il suo scontro con le autorità dell’URSS lo portò a sviluppare un feroce anticomunismo, negli Anni ’90, con la fine del mondo sovietico e l’avvento del capitalismo assoluto e dell’oligarchia liberale e criminale al potere in Russia, sviluppò una coscienza socialista autogestionaria.

Ciò lo porterà, dunque, ad accettare l’invito dello scrittore Eduard Limonov a fondare il Partito NazionalBolscevico, influenzando così molti suoi colleghi musicisti e artisti, fra i quali Riabinov, oltre che moltissimi suoi fan.

La bandiera ufficiale del Partito NazionalBolscevico, composta da una falce e martello nera posta all’interno di un cerchio bianco, su fondo rosso, sarà infatti presentata al pubblico nel 1994, al concerto di Egor Letov presso il club delle “Forze Armate” di Mosca, nel quale il cantante punk cantò storiche canzoni sovietiche in stile rock, acclamato da un pubblico di giovani e giovanissimi.

Nel 1997, Letov, sposò la bassista degli “Grazhdanskaya Oborona”, Natal’ja Čumakova. Yanka Diaghileva, sua storica compagna e grande cantautrice underground, morì invece nel 1991, a 24 anni, in circostanze tragiche e mai del tutto chiarite. Fu infatti trovata annegata da un pescatore nel fiume Inja, in Siberia, e ciò segnò profondamente Egor Letov.

Letov è, ancora oggi, considerato un simbolo di ribellione e emancipazione in Russia e a lui ho voluto dedicare – fra gli altri – il mio penultimo saggio “L’Altra Russia di Eduard Limonov” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/) dal quale, peraltro, sono tratti alcuni passi di questo mio articolo.

Delle sue scelte politiche, Egor Letov ebbe a scrivere e dire: “Sono un nazionalista sovietico. La mia terra è l’URSS. L’URSS è il primo e grande passo lontano, guarda avanti, verso nuovi tempi, verso nuovi orizzonti. L’URSS non è uno Stato, è un’idea, una mano allungata per dare una stretta di mano. E la gloria e la grandezza della Russia è che per la prima volta nella Storia umana ha assunto l’amara e giusta missione, al fine di superare mille anni di feroce buio. La solitudine dell’uomo nell’umanità.

Credo nel mondo, nella Rivoluzione Universale e sono pronto a lottare per questo, sia attraverso le parole che con i fatti. Come hanno fatto i miei valorosi predecessori, insegnanti e mentori da Dostoevskij a Majakovskij, tutti quelli che sono sempre stati contro bugie, indifferenza, declino, morte. Nel 1917 il nostro Paese ha fatto il primo passo verso la verità, per non essere mai l’ultimo!”.

Luca Bagatin

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venerdì 6 settembre 2024

Cos'è il socialismo

 
Il socialismo è l'unica alternativa ai tre totalitarismi moderni: fascismo, comunismo totalitario e liberal capitalismo.
È l'unica alternativa ai fondamentalismi, agli opposti estremismi e ai blocchi contrapposti.
Il socialismo è rosso-bianchismo.
Rosso è il simbolo dell'amore. Bianco è il simbolo della purezza del cuore.
Contro odio, violenza, stupidità, ipocrisia, danaro, mercantilismo, ignoranza. 
Ovvero contro l'ego. Eterna PATOLOGIA umana.

Recensione di Alberto De Marchi al saggio "L'Altra Russia di Eduard Limonov - I giovani proletari del nazionalbolscevismo" di Luca Bagatin

 
Sulla rivista letteraria "Satisfiction", Alberto De Marchi recensisce il penultimo saggio di Luca Bagatin.

Al seguente link: https://www.satisfiction.eu/luca-bagatin-laltra-russia-di-eduard-limonov-i-giovani-proletari-del-nazionalbolscevismo-2/

 

Il mondo del danaro è malvagio, perché uccide l'amore.
Questo ci ha insegnato Eduard Limonov, prima di tutto.
 
(Luca Bagatin)

martedì 3 settembre 2024

La necessità del ritorno del socialismo in Europa. Articolo di Luca Bagatin

E' piuttosto interessante il risultato ottenuto dal partito della populista/socialista di sinistra di Sahra Wagenknecht alle recenti elezioni in Turingia (15,6%) e in Sassonia (11%), così come il suo partito, Bündnis Sahra Wagenknecht, ottenne già un buon risultato alle recenti elezioni europee, con il 6,2% dei consensi.

Sahra Wagenknecht è una socialista vecchio stile, come quelli che in Europa non esistono più da circa trent'anni, salvo i rarissimi casi di Jean-Luc Mélenchon, dei britannici Jeremy Corbyn e George Galloway, dell'irlandese Mick Wallace e dei socialisti slovacchi di Robert Fico e quelli di Peter Pellegrini.

Una socialista e populista di sinistra, nel senso originario e positivo del termine (populisti/socialisti furono anche gli amici dei nostri Mazzini e Garibaldi e populista/socialista è tutto il filone della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864), che mette al centro la lotta allo sfruttamento, al divario fra ricchi e poveri, attraverso politiche sociali forti e che lotta per la pace nel mondo, ovvero per un ritorno alla ragionevolezza.

Dall'altra parte è intransigente nei confronti di un'immigrazione che è più utile alle classi imprenditoriali e al sistema della crescita economica, che può seguitare – così - a sfruttare manodopera a basso costo, anziché lavorare per l'emancipazione del Terzo e del Quarto Mondo, con il quale dialogare e commerciare, pacificamente.

Questa non si chiama politica di sinistra unita a idee di destra, ma recupero del socialismo da Pierre Leroux a Proudhon, da Garibaldi al repubblicanesimo mazziniano, passando per il socialismo democratico più moderno, che, pur rigettando il materialismo marxista, non ha dimenticato il valore liberatorio delle tesi di Marx ed Engels e lo ha rinnovato, in varie forme, anche grazie ai pensatori e leader socialisti che sono venuti dopo, nelle varie parti del mondo.

Del resto, i nostri Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, i nostri Pietro Longo e Bettino Craxi, non furono altro che dei modernizzatori del socialismo, che hanno portato avanti battaglie quali il salario minimo (i primi a proporlo furono i socialisti democratici, infatti); la difesa dei ceti meno abbienti; delle pensioni; una democrazia sempre più partecipativa; un'economia che tutelasse la proprietà, ma senza favorire le classi più agiate e il padronato.

Oltre a promuovere una società ordinata, in cui tutti rispettassero le leggi e si evitassero le degenerazioni bombarole di piazza, oltre che gli opposti estremismi, sia nel Paese che a livello internazionale.

Oggi, in un'epoca in cui si parla di “crescita economica” (che non è limitata e che genera sfruttamento di ogni risorsa, sia umana che energetica e ambientale) e ove si produce più di ciò che si può effettivamente consumare, vediamo dilagare nelle strade violenza, criminalità, noia, abulia e il fenomeno pericolosissimo delle baby gang, oltre che nuovi fenomeni terroristici.

Vediamo una scuola pubblica che non forma più, ma, al massimo, avvia al lavoro, sempre più precario.

Vediamo una sanità allo sbando con personale sanitario che, addirittura, subisce criminali aggressioni.

Vediamo e abbiamo visto, negli anni, la sistematica privatizzazione dei settori chiave e strategici dell’economia italiana (che furono costruiti e difesi da socialisti e repubblicani nella Prima Repubblica)

Vediamo poi, il dilagare dei fondamentalismi.

Del fondamentalismo guerrafondaio e atlantista (senza la lungimiranza, moderazione e visione dei pur già atlantisti, ma non guerrafondai della Prima Repubblica); il dilagare del fondamentalismo pseudo “ecologista”; il dilagare del fondamentalismo del politicamente corretto; il dilagare del fondamentalismo di un’ “onestà” più sbandierata a parole che nei fatti; il dilagare di un nuovo e pericoloso fondamentalismo antisemita e filo nazista.

Difronte a tutto ciò occorre porre un argine, che sia autenticamente socialista e democratico allo stesso tempo. Che è cosa assente, come dicevo, da troppo tempo, in Europa e ciò rischia di portarci molto indietro.

Perché le pseudo sinistre post-comuniste, pseudo-socialiste e pseudo-ecologiste (diventate sostenitrici delle classi più abbienti) e le pericolose destre (più o meno estreme) hanno fatto, dal 1993 ad oggi, anche troppo danno a questo continente, che ha perso i suoi eroi socialisti o li ha lasciati andare alla deriva o dimenticati. Pensiamo ad alcuni nomi fra tutti: Garibaldi, Mazzini, Craxi, Mitterrand.

Luca Bagatin

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