sabato 30 novembre 2024

Riflessioni OLTRE lo specchio. Di Luca Bagatin

 

Non credo al femminismo, né al maschilismo.

Perché credo che nella vita occorra farsi rispettare, a prescindere dal sesso.

Se fossi donna e non fossi rispettata a dovere farei la scelta che fece mia madre: caccerei mio padre di casa e lo punirei come merita.

Non perdonerei facilmente, perché perdonare è una di quelle cose che rifiuto del cristianesimo, perché sentimento per persone deboli e inclini al compromesso al ribasso.

Si possono dare possibilità, ma limitate a alcune circostanze.

Lamentarsi dopo ha poco senso.

In generale è sempre bene cercare di ragionare per tempo, evitando di pentirsi dopo.

La razionalità dovrebbe essere anteposta a qualsiasi pulsione. Le pulsioni portano fuori strada e non sono mai buone consigliere.

Tutte le cose figlie delle pulsioni, fra cui i concetti di maschilismo e femminismo, mi hanno sempre lasciato perplesso.

Si può seguire la propria strada, con coerenza. Senza prendere strade altrui e senza pregiudizi ancestrali.

(Luca Bagatin)

Sono spaventato dal fondamentalismo femminista.

Così come sono spaventato da ogni fondamentalismo.

In particolare perché il fondamentalismo cela ignoranza e stupidità.

Che, purtroppo, sono aspetti deleteri e alla base della gran parte dell'umanità.

Che è addormentata.

(Luca Bagatin)

Principali patologie dell' Occidente pseudo-democratico, ovvero fondamentalista e in declino:

1) ignoranza, infantilismo e stupidità (favorite dalla distruzione della scuola pubblica, resa fin troppo semplice, con promozioni anche per chi non ha voglia di studiare, anziché invitare costoro, caldamente, a trovarsi un lavoro, anche e soprattutto umile);

2) ideologismi spacciati per "democrazia" (ideologismi e fondamentalismi pseudo verdi e pseudo liberali; guerrafondai; razzisti; antisemiti: suprematisti bianchi);

3) eccesso di benessere economico, che ha favorito quanto sopra, oltre che l'apparire piuttosto che l'essere;

4) eccessivo ricorso alla virtualità e agli artifici (chirurgia sedicente "estetica"; uso massiccio delle nuove tecnologie da parte dei singoli cittadini);

5) sdoganamento dell'ego e dell'edonismo ad ogni costo.

(Luca Bagatin)

Non mi scandalizza la prostituzione, se pensiamo che chiunque accetta danaro in cambio di una prestazione lavorativa si prostituisce.

Mi scandalizza tale sistema, fondato sul danaro, semmai.

Chi si scandalizza per il sesso a pagamento, è un bigotto.

Chi non lo fa per il sistema fondato sul danaro, è parimenti un bigotto e un ipocrita.

(Luca Bagatin)

Tutto ciò che è artificiale piace a questa società moderna.

Seno artificiale, zigomi artificiali, labbra artificiali, intelligenza artificiale.

A me disgusta.

Ma non per spocchia, è che tutto ciò che non è naturale non lo trovo bello. È molto poco interessante, è omologato, è talvolta persino sciocco.

La Natura, nella sua perfezione e imperfezione allo stesso tempo, è l'unica cosa decente che possa essere considerata.

Tutto ciò che è artificiale, invece, è una puttanata. Partorita da un essere, quello umano, che definire "superiore" mi sembra una barzelletta, una assurdità.

(Luca Bagatin)

Il diritto d'autore svilisce l'arte.

È chiaro che l'autore dovrebbe avere il diritto al riconoscimento di una sua opera, ma non dovrebbe richiederne un compenso, per la sua diffusione.

L'arte va diffusa gratuitamente.

Perché, se si richiedono soldi, da artisti ci si trasformerebbe in prostitute.

Il danaro corrompe sempre. Il danaro prostituisce.

Come il lavoro salariato, anche il diritto d'autore è una forma di sfruttamento e di annichilimento dell'arte e dello spirito.

Essere liberi significa, prima di tutto, spogliarsi di ogni metallo.

Ed è una condizione rarissima o, probabilmente, del tutto inesistente, nell'illusione terrena nella quale ci troviamo a vivere.

(Luca Bagatin)

Che differenza c'è fra il socialismo latinoamericano e cinese e il liberal-capitalismo dell'UE?

Nel primo caso viene diffuso amore e cooperazione.

Nel secondo viene diffuso odio, guerra e fondamentalismo.

(Luca Bagatin)

Sono fra coloro i quali amano più la ricerca delle cose, che l'ottenimento delle cose stesse.
Amo i mercatini e le librerie per questo.
Cercare cose. Se le trovo e le compro, alla fine, quasi mi dispiace.
E ricomincio a cercarne altre.
Quello che si è perso, secondo me, è il piacere della ricerca.
Un po' come l'erotismo, che è infinitamente più interessante di un orgasmo, che dura quel che dura.

E poi svanisce.

(Luca Bagatin)

Sarà che sono nato vecchio dentro (anche se fisicamente dimostro almeno 10 anni in meno della mia età), e la mia formazione è antica, oltre che la gran parte dei miei amici ha sempre avuto dai venti ai trenta/quaranta anni più di me, ma ho sempre avuto una forte idiosincrasia per le mode e per il cosiddetto "nuovismo".

Fra tali aspetti che detesto, la "moda" dell'anti-vaccinismo, oltre che il complottismo di vario tipo.

Sono uno di quelli che, ancora oggi, studia sui libri e il web lo usa, a parte inviare qualche articolo, per puro cazzeggio, senza prenderlo troppo sul serio.

Sarà, quindi, che la cosiddetta "contro-informazione", finisce per apparirmi omologazione modaiola, un po' come avrei considerato il '68 nei tempi in cui giovani figli di papà contestavano il sedicente "sistema".

In generale credo all'equilibrio e all'approfondimento.

Senza questo vedo il nulla.

E i tempi in cui viviamo, a causa dell'eccessivo benessere economico diffuso, ovvero della mancanza di sacrifici, sono i tempi del nulla.

(Luca Bagatin)

Scioperare nel settore pubblico, in particolare nei trasporti, genera disagi e problemi ai cittadini.

Stupisce che il sindacato italiano non lo comprenda.

Non è una questione ideologica, ma pratica.

Scioperare nel pubblico significa scioperare contro il cittadino.

Non contro il politico.

Che meriterebbe ben altre e più incisive forme di protesta, che vedano il sindacato alleato del cittadino e non in conflitto.

(Luca Bagatin)

Chi è ricco vuole sempre più arricchirsi.

Chi è ricco cerca di spendere sempre il meno possibile.

Chi è ricco sottrae, consapevolmente o meno, risorse alla comunità.

Non ho simpatia per chi è ricco.

Sicuramente non ne ho invidia, essendo caratterialmente diamentralmente opposto.

(Luca Bagatin)

La libertà di pensiero (posto che il pensiero sia frutto di studio e ragionamento) implica isolamento.

Perché chi ha un pensiero libero (o che cerchi, quantomeno, di avvicinarsi a una qualche forma di libertà) non verrà mai compreso dalla massa.

La massa è ignorante, stupida e incolta.

Credere nelle masse è ridicolo.

Esse sono servite e servono ai dittatori (che non hanno mai brillato, né per intelligenza, né per lungimiranza). Mai a chi la pensa liberamente, perché, chi pensa liberamente, le masse, le snobba.

(Luca Bagatin)

La politica estera è tutto.

Chi pensa che la politica interna conti più di quella estera, non ha capito niente della politica e sta perdendo solo il suo tempo.

La gente non vota?

Fa bene.

Le decisioni vengono prese altrove.

La cosa grave non è il non votare, anzi.

La cosa grave è il non approfondire la politica estera e il non studiare Storia, cultura, mentalità e politica di altri Paesi e di altri popoli.

La maggioranza assoluta di chi fa politica, in Italia, non fa queste cose basilari.

E vuole anche il voto, oltre che lo stipendio pubblico?

Ma dai, siamo seri!

(Luca Bagatin)

Il politicamente corretto, in un'epoca in cui le persone sono preda del fondamentalismo e della follia collettiva, finisce per diventare una forma di istigazione all'odio.

(Luca Bagatin)

Si può condividere o meno ciò che dico e scrivo.
Non è importante.
Sono solo una porta alla quale attingere per vedere OLTRE ogni specchio.

Luca Bagatin

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giovedì 28 novembre 2024

"L'uomo che guardò oltre il muro" di Clio Pedone. Una biografia del Presidente Francesco Cossiga. Articolo di Luca Bagatin


Quello di Clio Pedone - giornalista specializzata in politica estera e già collaboratrice delle cattedre di Diritto e Politica Internazionale, presso le università “La Sapienza” e “Lumsa” - sulla figura di Francesco Cossiga, è un saggio molto importante e interessante.

Sul Presidente Cossiga, politico democristiano di lunghissimo corso e che ricoprì innumerevoli prestigiosi incarichi istituzionali (da Sottosegretario di Stato, passando per ricoprire incarichi ministeriali, sino a divenire Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica) esistono pochissimi saggio biografici.

“L'uomo che guardò oltre il muro”, edito da Rubbettino, di Clio Pedone, appunto, è certamente uno dei più meritevoli di lettura.

E lo è perché si approfondisce a tutto tondo la vita e carriera del Presidente Cossiga.

Presidente che fu, spesso, ingiustamente infangato, definito “picconatore” o in altro modo, solo perché disse sempre ciò che pensava e in quanto aveva, a differenza della gran parte dei democristiani, un piglio pratico e pragmatico alle questioni politiche da affrontare.

Nato nel 1928 a Sassari, cugino del celebre Segretario del PCI Enrico Berlinguer, Cossiga divenne deputato nel 1958, a trent'anni.

Si appassionerà presto alla politica estera e ai sistemi di intelligence, in particolare quando occupò il ruolo di Sottosegretario alla Difesa, dal 1966 al 1970.

Come spiegato nell'introduzione al saggio, dall'Ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, quel suo impegno e quei suoi interessi non potevano che far ricadere su di lui responsabilità mai provate, quali il coinvolgimento nella questione Gladio o in altri cosiddetti “misteri italiani”.

Per l'estrema sinistra, Cossiga, da Ministro dell'Interno, diverrà “Kossiga”, per il suo pugno di ferro contro le manifestazioni violente di piazza.

Nel 1978 si addosserà le colpe della morte di Aldo Moro, per non aver compreso che, molto probabilmente, una via per salvare il leader democristiano esisteva. E si dimetterà dall'incarico di Ministro, uscendone molto provato.

Nel 1979 assumerà, per un breve periodo, l'incarico al Ministero degli Esteri, il che gli permetterà di occuparsi di relazioni internazionali, ambito che lo sempre lo affascinò. Complice, peraltro, la sua grande preparazione in campo diplomatico e la sua conoscenza delle lingue. Tedesco prima delle altre, oltre che la sua amicizia con statisti di tutto il mondo, in particolare il socialdemocratico Cancelliere tedesco Helmut Schmidt.

Sostenitore di una politica atlantista di equilibrio fra i due blocchi contrapposti, Cossiga si adoperò molto per l'installazione degli euromissili a Comiso – fatti poi installare dal governo Craxi - per riequilibrare i missili sovietici al confine con la Germania Ovest.

Assieme a Craxi, poi, pur rimanendo un fermo sostenitore dell'Alleanza Atlantica, difese sempre l'autonomia decisionale italiana rispetto alle altre potenze, USA in primis. Nel saggio di Clio Pedone, infatti, ampi stralci sono dedicati alla questione di Sigonella e alla fermezza del governo Craxi rispetto alle pressioni del governo USA retto da Reagan, rispetto alle trattative con i terroristi che avevano sequestrato i passeggeri della nave da crociera Achille Lauro, nel 1985.

“L'uomo che guardò oltre il muro”, ripercorre minuziosamente la vita di Cossiga. Da quando, 16 enne, conseguì la maturità classica al liceo “Azuni” di Sassari e, a 20 anni, nel 1948, si laureò in giurisprudenza e volle intraprendere, prima che la passione politica sopraggiungesse, la carriera accademica.

Iscritto alla DC dal 1944, si avvicinò all'area dossettiana, ovvero quella che voleva una maggiore autonomia rispetto alle gerarchie ecclesiastiche.

Il saggio, attraverso la vita e soprattutto la carriera politica di Cossiga, ripercorre tutte le tappe della costruzione del Centro-Sinistra (quello autentico, della Prima Repubblica!), composto da DC, PSDI, PRI, PLI e poi aperto al PSI prima di Pietro Nenni e, successivamente, negli ultimi decenni, guidato da Bettino Craxi.

Un Francesco Cossiga stimatissimo dall'allora Ministro della Difesa, il socialista democratico Roberto Tremelloni (al quale conto, prossimamente, di dedicare un ampio articolo), con il quale collaborò, in qualità di Sottosegretario, nello svolgere un'“azione correttiva nei confronti dell'ex SIFAR, sciolto nel 1965 e trasformato l'anno successivo in SID, prima che le deviazioni, gli scandali e i sospetti accumulati in 16 anni di attività diventassero di pubblico dominio”.

Del resto, per un appassionato di romanzi di spionaggio quale fu Cossiga, un ruolo di questo tipo non poteva che calzargli a pennello.

Molti sono gli aneddoti, gli interventi e le interviste allo stesso Cossiga, oltre che a suoi illustri e stretti collaboratori, come l'Ambasciatore Ludovico Ortona, contenuti nel saggio di Clio Pedone.

Un Presidente spesso incompreso, Francesco Cossiga, che peraltro, per garantire assoluta imparzialità rispetto ai partiti, decise di non rinnovare più la tessera della DC, nel momento in cui fu chiamato a ricoprire – a soli 57 anni ed eletto al primo scrutinio – il ruolo di Presidente della Repubblica.

Presidente che non mancò mai di esprimere il suo disappunto nei confronti di una classe politica che si rifiutava di vedere che, crollato il Muro di Berlino, gli equilibri interni e internazionali stavano cambiando.

Equilibri che finiranno, peraltro, per travolgere la stessa classe politica che aveva governato democraticamente il Paese, dal 1946 al 1993.

Compreso o incompreso, il Presidente Cossiga merita di essere studiato e approfondito anche da chi, come chi vi scrive, è sempre stato lontanissimo dalla sua area politica (ma non certo dalla sua area di governo).

Il saggio “L'uomo che guardò oltre il muro” di Clio Pedone, con una affettuosa e simpatica prefazione della figlia del Presidente, Anna Maria Cossiga, è un tassello importante in questo percorso, atto a restituire lustro ai Padri della nostra democrazia.

Quando questa era ancora degna di questo nome.

Luca Bagatin

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mercoledì 27 novembre 2024

30 anni fa nasceva "Limonka", giornale controculturale fondato dallo scrittore e politico russo Eduard Limonov. Articolo di Luca Bagatin

Eduard Limonov distribuisce il primo numero di "Limonka"
  

Quest'anno è uscito il discreto film di Kirill Serebrennikov, “Limonov”, con Ben Whishaw nei panni di Eduard Limonov, scrittore, poeta e politico russo.

Dico discreto perché, come ho avuto modo di scrivere in una mia recente recensione (https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/09/limonov-la-mia-non-recensione-articolo.html), il film non cita ampi e importanti ambiti della vita di Limonov e dà una visione parziale e poco autentica del personaggio.

Ad ogni modo, in questi giorni, si celebra il 30esimo anniversario del giornale controculturale russo “Limonka” (ovvero “Granata”), organo del Partito NazionalBolscevico (PNB), da Eduard Limonov edito e ideato.

Giornale che vide la luce il 28 novembre 1994 ed ebbe una tiratura di circa 15.000 copie.

“Limonka” fu sì organo di partito, ma si occupava anche e principalmente di rock e di letteratura e sulle sue pagine si formarono fior fiore di aspiranti artisti russi.

Un giornale underground nella Russia di quegli anni, che poneva i nazionalbolscevichi o nazbol, quale avanguardia controculturale, artistica, oltre che politica.

Tanto per rendere l'idea, nel numero 2 del giornale, pubblicato nei primi mesi del 1995, uno dei trasgressivi slogan di “Limonka” fu: “Il nostro obiettivo è che tutti gli stili giovani, punk, skins, membri del Komosomol, tifosi di calcio e delinquenti, siano raggruppati nello stesso genere: nazionalbolscevico. Stiamo creando un nuovo genere di essere umano: estremo, radicale, rivoluzionario, musicalmente e culturalmente trasgressivo. Solo la morte è più forte del nazionalbolscevismo”.

Il Partito NazionalBolscevico fondato inizialmente da Limonov nel 1992 con il nome Fronte NazionalBolscevico e, ufficialmente costituitosi come partito, nel maggio 1993, grazie anche al contributo del chitarrista e musicista punk rock Egor Letov, dall'attore e musicista Sergey Kuryokhin e del filosofo Aleksandr Dugin, diverrà la migliore avanguardia politica e artistica del periodo post-sovietico.

Limonov, nel suo articolo “Punk e nazionalbolscevismo”, ricordò che “Limonka” usò spesso slogan d'impatto, tipici della controcultura punk russa, fra i quali: “Mangia i ricchi!” e “Il buon borghese è un borghese morto!” e “Il capitalismo è una merda!”.

Lo stile punk del PNB ha, fra l'altro, influenzato - molti anni dopo - anche il collettivo musicale russo punk e politicamente impegnato “Pussy Riot”, le cui componenti (Maria Alekhina, Ekaterina Samucevic e Nadezda Tolokonnikova), sono spesso finite in carcere per le stesse ragioni dei nazbol, ovvero l'accusa di “teppismo”. In realtà per azioni politiche nonviolente, artistiche e provocatorie contro il governo autoritario di Putin. Le Pussy Riot”, hanno peraltro spesso ricevuto il plauso di Limonov in varie occasioni e interviste.

Il Partito NazionalBolscevico, composto principalmente da intellettuali e artisti e soprattutto da giovani e giovanissimi, provenienti dalle periferie russe, delusi dal crollo dell'URSS e dall'avvento del capitalismo assoluto e dalla conseguente povertà diffusa fra i ceti meno abbienti, trasse ispirazione dal nazionalbolscevismo degli Anni '20 – fondato dagli ex socialdemocratici Ernst Niekisch e di Karl Otto Paetel - primi ad opporsi in Germania al nazifascismo, e a vedere nella Rivoluzione d’Ottobre del 1917 il loro punto di riferimento, fondato sul primato della comunità e dell’operaio-proletario al servizio della stessa, rispetto all’egoismo dell'”homo economicus” della borghesia capitalista, la quale pensava unicamente al proprio egoistico tornaconto personale.

I giovani del PNB guidati da Limonov, furono ammirati persino dalla giornalista Anna Politkovskaja, che li difese a spada tratta in vari processi che li videro coinvolti per insubordinazione nei confronti dell'autorità ed allo stesso modo la pensava Elena Bonner, vedova dello scienziato dissidente Andrej Sacharov, che li stimava.

Il PNB, ad ogni modo, bollato di “estremismo”, fu messo fuorilegge dalla Procura Generale russa nel 2007, essendo il principale movimento di piazza a contrapporsi al governo liberal capitalista di Putin e ciò pur non avendo mai commesso atti di violenza, ma unicamente manifestazioni pacifiche e a carattere goliardico, pur non autorizzate e decisamente molto incisive.

Nel frattempo si era già consumata la frattura ideologica fra Dugin e Limonov, il primo maggiormente sostenitore del governo in carica e il secondo decisamente critico.

Sebbene, oggi, l'erede del PNB abbia assunto la denominazione di “L'Altra Russia di Eduard Limonov” e il giornale “Limonka” non sia stato più rifondato, il suo anniversario rimane, ogni 28 novembre, molto festeggiato degli eredi di Limonov, ai quali, ancora oggi, è vietato presentarsi alle elezioni.

Luca Bagatin

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martedì 26 novembre 2024

Alberto De Marchi recensisce, sulla rivista letteraria "Satisfiction", "Ritratti del Socialismo" di Luca Bagatin

Luca Bagatin. Ritratti del Socialismo

recensione di Alberto De Marchi tratta da

https://www.satisfiction.eu/luca-bagatin-ritratti-del-socialismo/ 

Mi appresto con piacere alla compilazione della recensione all’ultima fatica letteraria dell’amico Luca Bagatin, frutto, come tutti i suoi precedenti lavori, di un certosino lavoro di ricerca. In questo saggio, l’autore procede a una disamina che oserei definire enciclopedica della tematica “socialismo” nel senso più ampio possibile del termine, ma al contempo mantenendo dei ben precisi e saldi paletti ideologici, che rispondono ai termini di antimperialismo, anticapitalismo, autogestione, autogoverno, democrazia autentica e populismo (termine, questo, specie ultimamente fortemente abusato, ma di cui Luca dà un’interpretazione tutt’altro che negativa); prova ne sia, a pagina 1, quello che è definibile (lungo) sottotitolo, che recita, di seguito al titolo Ritratti del Socialismo: “da Napoleone a Garibaldi, da Camillo Berneri ai fratelli Rosselli, da Bettino Craxi a Hugo Chavez, da Lucio Colletti a Jean-Claude Michéa, dall’America Latina Socialista alla Repubblica Popolare Cinese”.

Certo, rapportare il termine “socialismo” alle figure dei Napoleone (I e III), può suonare quantomeno bizzarro, eppure Bagatin – il quale, tra le innumerevoli sue collaborazioni, può vantarne una con la francese “Rivista del Secondo Impero” Napoléon III, prossima alla modifica dell’intestazione in Le Souvenir Napoléonien -, lungo un intervento di cinque pagine titolato, senza troppi giri di parole, “Il socialismo di Napoleone III”, fornisce una spiegazione, dati alla mano, di quanto va affermando; in particolare nel paragrafo dal titolo “Bonapartismo operaio”, nel quale definisce quanto Napoleone III (1808–1873) riuscì ad attuare, ovvero “unire nel suo governo giustizia sociale, autorità, armonia e sovranità nazionale attraverso una saggia amministrazione”.

Già più comprensibile l’inserimento nel novero della figura di Giuseppe Garibaldi (1807–1882), portatore di un socialismo libertario, saintsimoniano e umanitario, sincero e fiero antimperialista e repubblicano – anche al netto dell’ “Obbedisco!” pronunciato (o dovuto pronunciare?) a Vittorio Emanuele II a Teano il 26 ottobre 1860 – , alla cui trattazione in volume, oltre che per i tratti personali e politico-ideologici qui esplicati, certo ha contribuito la passione e l’autentica, sana venerazione che l’autore nutre nei confronti dell’Eroe dei Due Mondi e della sua eroica e sfortunata compagna Anita (1821-1849), alla quale pure è dedicato un capitolo del saggio.

Terzo citato nel sottotitolo, Camillo Berneri (1897–1937), socialista lodigiano anarchico e antistalinista autore del pamphlet Umanesimo e Anarchismo (1922), il quale “se non si beccò il piombo fascista, si beccò quello comunista, in quanto prese le difese del Partito Operaio Unificato Marxista di Spagna (POUM), antistalinista e antitotalitario” in occasione della sua sortita colà, a combattere tra le file repubblicane in occasione della Guerra Civile Spagnola (1936–’39).

Sulla vicenda dei fratelli Rosselli, Carlo e Nello, il primo classe 1899, il secondo più giovane di un anno, campioni dell’antifascismo liberalsocialista, credo sia inutile aggiungere righe a quelle già stilate da Luca Bagatin nel suo saggio, dacché ritengo poi a tutti sia nota la fine della medesima, datata 9 giugno 1937, periti a causa delle percosse di emissari fascisti che li raggiunsero fino a Parigi, ove si erano rifugiati da qualche tempo.

Ed eccoci arrivati a una delle figure davvero essenziali del saggio del nostro, ovvero Bettino Craxi (1934–2001), alla cui memoria è dedicato il saggio stesso e la cui nipote Ananda – figlia di suo fratello Antonio – è autrice della prefazione. Sono numerosi i punti dell’azione politica craxiana sui quali Bagatin si sofferma, sin dal primissimo dei capitoli che compongono Ritratti del Socialismo, dal titolo “Senza il socialismo è il mercato che governa i popoli”, commento ad uno dei molteplici discorsi che Craxi pronunziò contro l’incipiente (allora) fenomeno della globalizzazione. Definito a più riprese da Bagatin “l’ultimo dei socialisti italiani autentici”, egli ritiene che l’accanimento giudiziario nel quale Craxi incorse avrebbe fatto parte di un più ampio processo di destrutturazione della multipolarità mondiale (della medesima tipologia, quindi, delle dissoluzioni di Jugoslavia, URSS e del crollo del Muro di Berlino), operata specialmente da quelle forze cui davvero avrebbe fatto e farebbe tuttora comodo il realizzarsi della profezia di Francis Fukuyama sulla “fine della Storia”.

Anche l’inserimento del fu Presidente venezuelano Hugo Chavez (1954–2013) nel novero dei socialisti trattati dall’autore non suona strano a chi lo conosca. Definito “il Garibaldi latinoamericano”, l’erede – morale e politico – del Libertador Simon Bolivar “lungi dall’ispirarsi al comunismo o al marxismo, si ispir[a] autenticamente al bolivarismo ed al socialismo libertario, citando talvolta anche Montesquieu e spessissimo Cristo, figura di grande rivoluzionario sociale”. Per Bagatin è essenziale lo sguardo al chavismo per un ottimale sviluppo del socialismo odierno e del futuro, tenendo specialmente in considerazione che la Costituzione della Repubblica Bolivariana “sancì per la prima volta nella storia del Venezuela l’introduzione del concetto di democrazia partecipativa e l’introduzione del referendum revocatorio di tutte le cariche pubbliche nella seconda metà del mandato, compresa quella del Presidente”. Autogoverno e autogestione, infatti, sono alcune delle parole (nonché prassi) chiave che Bagatin ritiene essenziali a qualsiasi movimento che davvero voglia dirsi socialista e, per ciò stesso, autenticamente democratico.

Torniamo ora in patria, apprestandoci a trattare di Lucio Colletti (1924-2001), penultima figura citata nel “sottotitolo”: il titolo del capitolo che il nostro autore gli dedica, “Un socialismo largo nel ricordo di Lucio Colletti”, lo spiega affermando che “occorrerebbe […] più che un campo largo liberal-borghese un socialismo largo organizzato, immenso e rosso”. Fu Colletti un finissimo filosofo marxista che combatté la guerra di liberazione dal nazifascismo tra le file di quello che Bagatin definisce “il più nobile dei partiti antifascisti”: il Partito d’Azione. Nell’immediato dopoguerra aderirà al PCI, uscendone però nel 1964; seguiranno quindi, per Colletti, anni di profonde riflessioni che lo porteranno ad avvicinarsi prima al PSI di Bettino Craxi – a partire dalla collaborazione con Mondoperaio, la principale rivista d’area socialista – e, dopo la fine politica di Craxi, eletto parlamentare nelle fila di Forza Italia, divenendo uno dei consiglieri più ascoltati di Silvio Berlusconi (sulla “trasmigrazione” da una parte all’altra dell’emiciclo parlamentare in seguito allo sconvolgimento di Tangentopoli ci sarebbe da aprire una parentesi ben più ampia di questa, ma non è luogo né tempo).

Ed eccoci, infine, all’ultimo dei personaggi citati (naturalmente nel lungo sottotitolo, non certo in tutto il corpo del saggio): Jean-Claude Michéa, classe 1950, “filosofo orwelliano, socialista ed ex aderente al Partito Comunista Francese [che] si riconferma il miglior interprete del socialismo autentico e originario e ciò grazie alla sua incessante denuncia del sistema della crescita economica illimitata; dell’accumulo di capitale che genera conseguente sfruttamento e dell’ideologia del progresso, nata con la Rivoluzione Francese ed all’origine della sinistra borghese e della destra oligarchica, entrambe contrapposte al popolo ed ai suoi rappresentanti: populisti, socialisti e comunisti […]”. Ecco come Bagatin lo presenta, nel capitolo dal titolo: “Socialismo originario, unico antidoto al liberal-capitalismo”, all’interno del quale procede anche a una veloce disamina di alcuni saggi dell’autore francese, Il nostro comune nemico – Considerazioni sui giorni tranquilli del 2018, I misteri della sinistra del 2015 e Il vicolo cieco dell’economia del 2012, i primi due editi, in Italia, da Neri Pozza, il terzo da Elèuthera Edizioni.

Avviandoci verso la conclusione, due parole sui modelli statuali citati in sottotitolo. Per quanto riguarda l’America Latina (socialista) già se n’è parlato, per sineddoche, trattando della figura di Hugo Chavez; chiaramente, l’autore non si limita qui, anzi, dedicando spazio, tra le pagine del suo saggio, all’Uruguay di Pepe Mujica e all’argentina peronista (e neo), alla Cuba castrista (e post) fino al Nicaragua sandinista e alla Bolivia di Evo Morales e successori.

Ma anche la Repubblica Popolare Cinese, “venduta” in Occidente come Stato dittatoriale a partito unico manchevole anche solo delle basi della democrazia, rappresenta uno dei modelli che Luca Bagatin ritiene più meritevoli di essere tenuti d’occhio. Specialmente “l’era Xi” (intendendo il periodo, principiato nel 2012/’13 e tutt’ora in corso nel quale ai vertici – di RPC e PCC – si trova Xi Jinping) viene valutata dal nostro come squisitamente socialista-riformista (tutto il contrario, quindi, della sanguinaria dittatura), portando a tesi di tale posizione, gli studi effettuati da autorevoli esperti e analisti in ambito geopolitico, economico e politologico, primo fra tutti Giancarlo Elia Valori, importante manager italiano e proficuo saggista nonché grande amico di Bagatin stesso.

Innumerevoli altri sarebbero i punti da toccare – per dirne uno soltanto, l’impegno profuso da Luca, anche grazie al supporto e alla collaborazione di alcuni ex socialdemocratici storici, nello studio del Partito Socialista Democratico Italiano, partito “minoritario” di sinistra laica ma dagli esponenti di indubbio valore politico e intellettuale – ma rischierei di tediare alla morte i miei scarsi (intendo numericamente, non certo qualitativamente) lettori! Per ovviare a ciò, una cosa soltanto posso fare: invitarvi caldamente alla lettura di Ritratti del socialismo, autopubblicato ed acquistabile esclusivamente a questo link: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/670930/ritratti-del-socialismo/: veramente un saggio ben scritto, frutto di una perizia invidiabile nello studio e – ultimo ma non ultimo – parto della mente e dell’impegno di un autore coraggioso e coerente, che della sua coerenza ha fatto autentica ragione di vita, nonché base per essere apprezzato, nel rispetto reciproco, anche – e forse soprattutto – da chi, come il sottoscritto, non sempre si trova in linea col suo pensiero.

Alberto De Marchi

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Luca Bagatin, “Ritratti del Socialismo”, Ilmiolibro/Kataweb, 2023, 192 pagg., 17 euro

lunedì 25 novembre 2024

Il socialista Yamandù Orsi è il nuovo Presidente dell'Uruguay. Articolo di Luca Bagatin


Già al primo turno era in testa con il 43,9% dei consensi, superando ampiamente il candidato liberal-capitalista Alvaro Delgado, candidato del partito al governo dell'Uruguay, fermo al 26,7%.

Yamandù Orsi, 57 anni, socialista del Movimento di Partecipazione Popolare e candidato della coalizione di sinistra Frente Amplio – costituita da socialisti, socialisti democratici, socialisti libertari, marxisti e comunisti - al secondo turno è stato eletto Presidente dell'Uruguay con il 52% dei consensi.

Il socialismo torna, dunque, al governo del Paese latinoamericano e il primo atto del neo-eletto Presidente è stato quello di visitare il suo maestro politico, ovvero José “Pepe”Mujica, oggi 89enne , rivoluzionario e leader storico del Frente Amplio, nonché miglior Presidente del Paese dal 2010 al 2015, grazie alle numerose riforme in ambito sociale e civile da lui portate avanti, il quale vive in una piccola fattoria a 15 chilometri dalla capitale, Montevideo.

Orsi, presentatosi alle elezioni con la candidata Vicepresidente Carolina Cosse – già ex Ministra dell'Industria, dell'Energia e delle Miniere, dal 2015 al 2019 - intende portate avanti un programma improntato su innovazione, sviluppo tecnologico, efficienza nella gestione pubblica, sicurezza e protezione sociale per tutti.

Luca Bagatin

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Addio a Filippo Panseca, artista libertario e socialista. Articolo di Luca Bagatin


E così, il 2024, ci porta via un altro Compagno socialista, dopo Sandra Milo, Ugo Intini e Ottaviano Del Turco.

Filippo Panseca, classe 1940, siciliano, ha scritto fino a pochi giorni fa sul suo profilo Facebook, sul quale eravamo amici e ci seguivamo a vicenda.

La notizia, improvvisa, come il malore che lo ha colto, mi ha lasciato un vuoto dentro.

Filippo Panseca era un artista, un designer di grande fama.

Docente al liceo artistico di Palermo, dal 1964 al 1967, diede inizio, nel 1970, alla cosiddetta Arte biodegradabile, nell'ambito della quale realizzò delle opere volutamente e provocatoriamente profumate con essenze vegetali di alghe marine e pino, realizzate con plastica fotodegradabile.

Fu fondatore, peraltro, nel 1991, della prima cattedra di Computer Art in Italia, presso l'Accademia di Belle Arti di Brera.

Divenne noto, negli Anni '80, in particolare per le sue meravigliose scenografie dei Congressi del Partito Socialista Italiano (la più celebre, la cosiddetta “Piramide”, nel 1989, usata al Congresso di Milano all'ex Ansaldo, in cui fece realizzare un maxischermo di 8 metri a forma piramidale).

E fu anche ideatore del nuovo simbolo del PSI, usato a partire dal 1978, in cui egli inserì un garofano rosso al centro (simbolo socialista, come ricordò Bettino Craxi, usato per la prima volta durante la Comune di Parigi del 1871), che sormontava lo storico libro e la falce e martello, già usati in precedenza quali simboli del PSI.

Filippo Panseca si è sempre occupato di arte e lo ha fatto sino all'ultimo, diffondendo le sue opere attraverso i suoi profili Facebook e Instagram e attraverso il sito web www.panseca.it.

Ci mancherà il suo spirito artistico libertario e i suoi capelli lunghi, da eterno hippie.

Ci mancherà, come già ci mancava la ventata di nuovo che seppe infondere, in ambito artistico-culturale al PSI, nei mitici e irripetibili Anni '80.

Che non fu il partito “dei nani e delle ballerine”, come disse qualcuno (in casa socialista, peraltro!).

Ma fu il partito dell'innovazione nella tradizione. Un partito che ci manca, specialmente in quest'epoca di nani e ballerine -  irresponsabili e guerrafondaie veri e vere - e presenti in ogni dove.

Luca Bagatin

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domenica 24 novembre 2024

Se il mondo liberal capitalista spinge verso la guerra, quello socialista democratico spinge verso pace e cooperazione. Articolo di Luca Bagatin

Se il mondo liberal capitalista - sempre più preda della destra economica (anche quando si dice “sinistra”, pur non essendolo, almeno dal 1993 ad oggi) - continua a premere l'acceleratore sulle guerre, ad Est e in Medio Oriente, armando e appoggiando governi sconsiderati e folli, il mondo socialista democratico autentico e serio, cerca di spegnere questi incendi geopolitici

Pensiamo a realtà socialiste come Cina, Brasile e molti altri Paesi del Sud del mondo, che promuovono ormai dall'inizio dei conflitti, piani di pace e investono in sanità, istruzione e ricerca.

In un mondo segnato da conflitti armati e tensioni geopolitiche, Cina e Brasile mettono al centro la pace, la diplomazia e il dialogo”, ha affermato recentemente il Presidente socialista brasiliano Lula, incontrando il suo omologo cinese Xi Jinping.

Il Presidente socialista cinese, da parte sua, ha ribadito la necessità di dare sempre più spazio a voci che promuovano la pace, sottolineando che il mondo attuale è “tutt'altro che pacifico”. “Solo adottando una visione di sicurezza globale, cooperativa e sostenibile sarà possibile tracciare un percorso verso la sicurezza universale”, ha affermato il Presidente Xi.

Nel Venezuela socialista, guidato da Nicolas Maduro, peraltro, si è concluso recentemente il Congresso Mondiale della Gioventù degli Studenti Antifascisti.

Un Congresso – tenutosi nella capitale, Caracas - avente per simbolo, non a caso, un garofano rosso – simbolo storico del socialismo sin dai tempi della Comune di Parigi del 1871 – e una matita, simbolo dell'istruzione, che ha annunciato la creazione di un Grande Movimento Giovanile Antifascista, il cui scopo è promuovere l'unità fra i giovani e i popoli del pianeta e realizzare un mondo diverso rispetto a quello fondamentalista, egoista e guerrafondaio di oggi.

Un Congresso che ha denunciato con forza l'imperialismo statunitense, che vuole imporre le sue idee al mondo intero, come ha sottolineato il Presidente Maduro.

Secondo Nicolas Maduro, occorre creare nuove forme di comunità e promuovere strategie di resistenza, al fine di contribuire a costruire un nuovo ordine mondiale multipolare.

Il Presidente socialista, ha altresì denunciato sia il fascismo storico, che nuove forme di genocidio, come quello che sta avvenendo oggi contro il popolo palestinese e gli attacchi contro il Libano, oltre che contro Siria, Iraq e Iran e le ingiuste sanzioni dei Paesi liberal capitalisti contro il Venezuela.

Il Presidente Maduro, ha peraltro dato mandato al Vicepresidente degli affari internazionali del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Rander Peña, di far tradurre in tutte le lingue il “Libro Blu” scritto dal comandante Hugo Chavez nel 1990.

Un libro in cui sono contenute le idee fondamentali della rivoluzione socialista bolivariana del XXI Secolo in Venezuela.

Oggi l'unica alternativa sembra essere, ancora una volta, quel “Socialismo o barbarie” lanciato da Rosa Luxemburg nel 1916 e poi ripreso da quei marxisti libertari - come Cornelius Castoriadis - che, seguendo le orme della Luxemburg, dal 1948 al 1967 - promossero quel socialismo consiliarista e autogestionario, che criticò il burocratismo e verticismo del marxismo-leninismo dogmatico e la piega intrapresa dall'URSS negli anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre.

Un socialismo che si coniuga alla perfezione con le correnti mazziniane, garibaldine e anarchiche della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864 e, i cui valori democratici e libertari, meritano di essere recuperati e rivitalizzati.

Luca Bagatin

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martedì 19 novembre 2024

Dove pensiamo di andare, oggi, in Italia e UE, con questa classe politica? Articolo di Luca Bagatin


La metà degli elettori di Emilia Romagna e Umbria, pressoché si astiene, alle recenti elezioni regionali.

In linea, del resto, con quanto accaduto in tutte le ultime tornate elettorali e in linea con quanto accade in gran parte dell'UE.

Del resto, se si presentano politici e schieramenti che solo a parole dicono di essere differenti, ma nella realtà sono tutti uniti nel fronte guerrafondaio e bellicista (sia nella crisi ucraina che in Medio Oriente) e nel non fare nulla per rendere il comparto pubblico efficiente ed efficace, con sostanziosi aumenti di bilancio, soprattutto nella sanità e nell'istruzione; oltre che a non far nulla contro la crescente ondata di criminalità, soprattutto minorile, gli elettori continueranno a votare loro contro.

Astenendosi.

La democrazia, del resto, soprattutto a livello locale, dovrebbe essere diretta. E sarebbe ora di permettere ai cittadini di autogestirsi e di autogovernarsi, oltre questo finto bipolarismo, introdotto nel 1993, ovvero quando la democrazia dei partiti veri e seri, che facevano anche formazione politica, fu completamente distrutta.

E occorrerebbe, contestualmente, adoperarsi per fare e promuovere formazione politica e storica, a partire dalle scuole, che ormai sembrano sempre contare meno, sempre più relegate ai margini (o, peggio, vilipese), come il comparto sanitario pubblico.

Settori che, invece, dovrebbero essere messi al primo posto in ogni Paese che si voglia definire civile e democratico.

Dove pensa poi di andare, questa UE, se continua a seguire i diktat d'Oltreoceano, ove la più pericolosa amministrazione USA della Storia, quella di Biden, ha addirittura autorizzato i missili a lungo raggio contro la Russia?

Dove si pensa di andare se non si sanzionano, invece, governi che vogliono evitare ogni forma di negoziato – tanto a Est quanto in Medio Oriente - e, addirittura, bombardano civili e le basi italiane di UNIFIL?

Dove si pensa di andare con la cosiddetta “maggioranza Ursula”?

I governanti Occidentali e dell'UE di oggi, salvo i rarissimi casi di Orban e del socialista slovacco Robert Fico, che si sono spesso smarcati, vogliono davvero continuare a seguire una linea tanto irresponsabile e assurda?

L'unico spiraglio di negoziato e pace lo offrono i Paesi del Sud del mondo, Repubblica Popolare Cinese e Brasile in testa, oltre che la diplomazia Vaticana.

Ed è assurdo che non vengano ascoltati, perché i danni, sia in termini di vite umane che economici, portati dagli attuali conflitti in atto, sono ingenti.

Chissà se il neo-eletto Trump farà qualche cosa, oltre a qualche proclama e oltre ad aver comunque nominato nel suo staff l'ottima Tulsi Gabbard e l'ottimo Robert F. Kennedy (ma ha nominato anche il pessimo Musk e molti pessimi neocon vecchio stampo).

Lontani sono gli anni in cui esistevano politici responsabili, seri e lungimiranti.

Già sarebbe molto se in Italia e, perché no, anche nel resto dell'UE, si studiasse la politica estera degli allora Ministro Gianni De Michelis e del Presidente del Consiglio Bettino Craxi. La politica economica del Ministro Roberto Tremelloni; la politica di difesa del Ministro Randolfo Pacciardi (oltre che le riforme nel settore introdotte dallo stesso Tremelloni) e la politica in ambito sanitario dell'ottimo e purtroppo dimenticato Ministro Luigi Mariotti.

Grandi socialisti e repubblicani mazziniani. Nomi che ai più non diranno nulla.

E questo è già grave.

Perché sintomo di come siamo finiti in basso e di come abbiamo dimenticato o ignoriamo il nostro glorioso passato, che molti, troppi, hanno ingiustamente e pretestuosamente infangato.

Luca Bagatin

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sabato 16 novembre 2024

I socialisti Robert Fico e Xi Jinping si incontrano. Nel segno della pace, del pragmatismo e del multipolarismo. Articolo di Luca Bagatin


In UE, almeno un Premier socialista degno di questo nome esiste e si chiama Robert Fico.

Un Premier alla guida di Direzione-Socialdemocrazia (SMER), che conta circa il 25% dei consensi e ha una piattaforma che rifiuta le ricette economiche liberali e promuove un'economia fondata sull'intervento pubblico; sulla sovranità nazionale e l'euro-scetticismo e  su politiche anti-immigrazioniste, come del resto hanno sempre fatto tutti gli storici partiti socialisti del secolo scorso (molti dei quali totalmente scomparsi in Europa o quantomeno sono scomparse le loro serie leadership), che rifiutavano lo sfruttamento della manodopera straniera a basso costo, promuovendo politiche di cooperazione e partnership con i Paesi del Terzo Mondo e del Sud del mondo.

In tale ottica va visto anche l'incontro fra i Premier Fico e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, lo scorso 1 novembre.

Nell'ambito dell'incontro, Robert Fico ha affermato che la Slovacchia sostiene la politica di una sola Cina e che si oppone a qualsiasi ingerenza negli affari interni di altri Paesi, rispettendo il percorso di sviluppo di ogni Paese del mondo.

Oltre a voler rafforzare gli scambi con la Cina e a promuovere il dialogo fra Cina e UE, superando le eventuali divergenze, nell'ambito della crisi ucraina, tanto Fico che Xi, si sono detti favorevoli a svolgere un ruolo positivo nella promozione dei colloqui di pace.

Robert Fico, in particolare, ha affermato che la posizione della Cina, relativamente al conflitto russo-ucraino è “equa, obiettiva e costruttiva” e che la Slovacchia è disposta a unirsi al gruppo degli “Amici per la pace sulla crisi ucraina” - promosso dalla Cina e dal Brasile di Lula, oltre che da altri Paesi del Sud del mondo - e a contribuire alla risoluzione politica della crisi stessa.

Entrambi i leader si sono peraltro detti concordi nel sostenere e salvaguardare il sistema internazionale, con le Nazioni Unite al centro, e un ordine fondato sul diritto internazionale, oltre che la promozione di un mondo “multipolare, equo e ordinato e una globalizzazione economica universalmente vanteggiosa e inclusiva”, volta a “promuovere la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”.

Una visione, in sostanza, fondata su un approccio positivo e pragmatico alla quale, oggi, solo i socialisti seri e vecchio stampo sembrano guardare.

Luca Bagatin

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mercoledì 13 novembre 2024

Profondità. Poesia di Luca Bagatin

 PROFONDITA'

Poesia di Luca Bagatin 

Perdersi nella profondità

Dell'Enigma

Perdersi nella profondità

Di occhi

Che illuminano anime profonde.

Perdersi

Nella profondità

E mai più risalire.

Perdersi

E poi risalire

Dagli Abissi al Cuore.

All'ombra del Pentacolo

Entrando nell'Ombra

E uscendo rinati

A nuova Luce.

Luca Bagatin

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lunedì 11 novembre 2024

Panafricanismo e Repubblica Popolare Cinese. L'intervento della scrittrice, giornalista e attivista panafricana statunitense Margaret Kimberly. Articolo di Luca Bagatin

Margaret Kimberly è una scrittrice, giornalista (già editorialista di Black Agenda Report) e attivista panafricana statunitense, molto attiva nei movimenti per la pace, la giustizia sociale, i diritti civili e umani, nonché sostenitrice, alle ultime elezioni presidenziali USA, della candidata verde Jill Stain.

Lo scorso 29 settembre, ha partecipato all'incontro organizzato dall'associazione “Friends of Socialist China”, tenutosi a New York, in occasione del 75esimo anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese e ha tenuto un interessante discorso.

Molto interessanti diversi passaggi, in cui, nel solco del grande intellettuale panafricano W.E.B. Bois (1868 – 1963) – socialista che per primo incoraggiò, nel 1955, la Conferenza di Bandung, che riuniì il cosiddetto Sud del mondo per la prima volta - che ha citato anche nel suo discorso, ha tratteggiato le attuali relazioni fra Africa e Cina: “Ho visto di persona perché la Cina ha scavalcato il resto del mondo nel suo sviluppo economico, la dedizione ai principi del socialismo e un impegno per la cooperazione mondiale che ha reso le relazioni con la Cina attraenti per l'intero continente africano. Di recente 53 nazioni, ci sono 54 nazioni in Africa, quindi significa che tutte le nazioni tranne una hanno partecipato al recente Forum sulla cooperazione Cina-Africa, noto come Forum di Pechino. Perché dovrebbero partecipare tutte? Beh, immagino che una domanda migliore sia, perché non dovrebbero, considerando i modi in cui le nazioni africane sono trattate dall'Occidente capitalista. Ed ecco un esempio. Sappiamo tutti che gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia due anni fa, ma non hanno pensato alle relazioni, alle esigenze, al commercio tra le nazioni africane e la Russia per il grano, per il fertilizzante, e hanno semplicemente detto, “Beh, ti sanzioneremo se continui ad acquistarlo””.

C'erano accordi già elaborati. Ma la rappresentante dell'ONU, Linda Thomas Greenfield, stava agitando il dito contro gli africani, e se vi discostate da questo, vi sanzioneremo tutti. Quindi perché le nazioni africane non vorrebbero allontanarsi da quelle relazioni tossiche? La Cina è devota alla cooperazione, fornendo la cancellazione del debito, le nazioni occidentali, la Banca Mondiale e il FMI, condonano mai i debiti? Non credo”.

Ed ha proseguito sottolineando: “Ora, ci sono delle contraddizioni, ovviamente, perché queste 50 e passa nazioni africane sono tutte molto diverse. Quindi, per esempio, si sono presentati tutti questi Capi di Stato, quindi ci sarebbero stati Ruanda e Uganda, ma hanno trascorso decenni a saccheggiare violentemente la Repubblica Democratica del Congo. Ma tutti e tre erano lì. C'è una nuova alleanza di stati del Sahel, Mali, Niger, Burkina Faso, sono stati attaccati da alcuni dei loro vicini nella Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale, ECOWAS, che dovrebbe essere un raggruppamento economico, ma è sotto il controllo degli Stati Uniti che hanno persino minacciato un intervento militare contro quegli stessi Paesi.

Quindi abbiamo le nazioni fantoccio occidentali e quelle che cercano l'indipendenza che erano tutte presenti. E voglio sottolineare, se parlo di nazioni africane, penso che dovremmo sempre menzionare l'Eritrea, l'unico Paese che ha mantenuto il suo impegno per il socialismo, motivo per cui è sempre sotto attacco. Ecco perché è considerato un insulto. È chiamata la Corea del Nord dell'Africa, sai, come se la Corea del Nord, la DPRK, fosse una specie di strano insulto. L'Eritrea è solo un Paese che ha mantenuto la sua indipendenza che non vuole prendere prestiti dalla Banca Mondiale e soffre a causa delle sanzioni”.

Relativamente ai rapporti economici Africa-Cina, Kimberly ha sottolineato che: “E' importante, molto importante, che la Cina mantenga il suo impegno ad avere relazioni più eque e non sia come voi, gli Stati Uniti, il Canada e l'Europa, che si limitano a estrarre. Le società di costruzioni cinesi nella RDC, nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, hanno accettato di investire fino a 7 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali come parte dei loro accordi per l'attività mineraria nella RDC, il che è molto importante, sapete, quello che succede nella RDC è una catastrofe per i diritti umani. Abbiamo tutti visto le immagini di uomini, donne e bambini piccoli con solo un secchio e una pala che estraggono minerali e risorse che altre persone usano per arricchirsi”.

E relativamente ai BRICS e al futuro del Sud del mondo, Margaret Kimberly ha fatto presente che: "Unire le mani per far progredire la modernizzazione e costruire una comunità Cina-Africa di alto livello con un futuro condiviso" è un titolo fantastico e riassume il modo in cui la Cina si sta avvicinando alle nazioni del Sud del mondo e questo spiega perché le nazioni africane vogliono unirsi ai BRICS.

Parole di grande ispirazione e auspicio, nel solco di un mondo multipolare, pacifico, cooperante, in grado di superare i blocchi contrapposti e le vecchie logiche da Guerra Fredda, le cui origini affondano proprio nella Conferenza di Bandung e nel lavoro di grandi leader storici di vari Paesi del mondo: Pietro Nenni, Zhou Enlai, Josip Broz Tito, Jawaharal Neru, Gamal Abd Al-Nasser, Nicolae Ceausescu, Juan Domingo Peron e gli attuali Lula Da Silva e Xi Jinping, per citare i più celebri e attivi.

Luca Bagatin

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venerdì 8 novembre 2024

Jill Stein, l'unica candidata seria alle Presidenziali USA che meritava di vincere. Articolo di Luca Bagatin


Fra i due contendenti dell'omologazione e del vuoto slogan, senza un programma di ampio respiro, ovvero la guerrafondaia Harris e il parolaio Trump, c'era almeno un terzo candidato, o, meglio, candidata seria e degna di attenzione e simpatia.

Probabilmente la candidata più interessante e di cui pressoché nessun grande media ha parlato: Jill Stein, medico, 74 anni, leader del Partito Verde degli Stati Uniti d'America (https://www.jillstein2024.com).

Partito socialista democratico, anticapitalista, ecosocialista, democratico diretto.

Un partito verde molto diverso e ben più serio rispetto a quelli europei, ormai conquistati da un vuoto liberal capitalismo omologante.

Pasionaria dell'ambientalismo serio e non modaiolo, Jill Stein è l'unica dei candidati davvero contro la guerra e unica a denunciare l'allargamento della NATO ad Est; unica a denunciare la politica bellicista di Netanyahu contro il popolo palestinese in Medio Oriente; unica contro quelle che definisce “le guerre di espansione degli USA”; unica contro il nucleare e per lo sviluppo delle energie pulite; unica contro il sistema bipartitico-oligarchico negli USA e che pretende una riforma delle campagne elettorali, in modo che siano accessibili anche ad altri partiti; unica contro il razzismo e dalla parte dei diritti dei disabili e delle minoranze; unica ad aver proposto una carta dei diritti economici in ambito occupazionale e per il diritto alla casa, all'istruzione, alla sanità pubblica e all'accesso al cibo per tutti.

Una candidata di buonsenso, insomma, che in un Paese serio, civile, democratico avrebbe già la maggioranza assoluta e invece...all'ultima elettorale ha preso dallo 0,4% allo 0,9%.

Assurdo, ma tant'è.

Interessanti e degne di nota, ad ogni modo, le sue dichiarazioni post-voto, riportate nei social, che mostrano come il Partito Verde USA possa rappresentare l'unica vera speranza e l'unica vera opposizione per degli Stati Uniti d'America più democratici, civili e libertari, oltre ogni forma di oligarchia e oppressione:

Ancora una volta il sistema bipartitico ha prodotto un risultato disastroso per il popolo americano. Ora dobbiamo continuare la rivolta per una politica basata sul popolo e chiedere il mondo che meritiamo, che non verrà mai consegnato dai partiti gemelli della guerra e di Wall Street.
I democratici non hanno nessuno se non loro stessi da incolpare per aver perso di nuovo contro Trump, dopo decenni di fallimenti e tradimenti che hanno spianato la strada all'ascesa di Trump in primo luogo.
Dal loro sostegno incondizionato alla macchina da guerra infinita e al genocidio a Gaza, alla loro sottomissione a Wall Street, alla loro indifferenza per i diritti umani, alla loro sconsiderata accelerazione dell'inquinamento da combustibili fossili che guida il collasso climatico, al loro assalto alla democrazia, su tutti questi temi e molti altri il Partito Democratico ha tradito la fiducia del popolo.Ancora una volta il sistema bipartitico ha dato un risultato disastroso al popolo americano. Ora dobbiamo continuare la rivolta per una politica popolare e chiedere il mondo che meritiamo, che non sarà mai ottenuto dai due partiti gemelli della guerra e di Wall Street.

I democratici hanno solo loro stessi da incolpare per aver perso di nuovo contro Trump, dopo decenni di fallimenti e tradimenti che hanno aperto la strada all'ascesa di Trump.

Dal loro sostegno incondizionato all'infinita macchina da guerra e al genocidio a Gaza, alla loro sottomissione a Wall Street, alla loro indifferenza per i diritti umani, alla loro sconsiderata accelerazione dell'inquinamento da combustibili fossili che provoca il collasso climatico, al loro assalto alla democrazia - su tutti questi temi e molti altri il Partito Democratico ha tradito la fiducia del popolo.

Queste elezioni eliminano ogni dubbio rimasto sul fatto che il Partito Democratico abbia completamente deluso il popolo che afferma di rappresentare, e che abbiamo bisogno di un vero partito di opposizione per le persone, il pianeta e la pace.

Nell'ultimo anno, abbiamo continuato i nostri sforzi a lungo termine per costruire il movimento per la pace, per un pianeta vivibile e per tutti gli innumerevoli milioni di persone in America e nel mondo che sono state trascurate e abusate dai partiti della guerra e di Wall Street. Lo slancio che abbiamo raggiunto nonostante il pervasivo blackout mediatico ha minacciato così tanto il Partito Democratico che hanno organizzato un'operazione senza precedenti dedicata alla soppressione del nostro movimento di base. Ci hanno molestato con costose cause legali per cacciarci dalle schede elettorali, ci hanno emarginati e diffamati sui media, hanno pubblicato annunci di lavoro in cerca di persone per sabotare la nostra campagna e hanno persino lanciato annunci di attacco contro di noi, cosa che non avevano mai fatto prima per nessun concorrente indipendente.

Questi attacchi senza precedenti contro di noi da parte dell'establishment politico corrotto si sono ritorti contro in modo folle. Questi attacchi hanno ispirato una nuova coalizione multirazziale e multigenerazionale di elettori, organizzatori e attivisti per unire le forze con il Partito Verde - e questa coalizione continuerà a crescere. La nostra campagna ha costruito relazioni con i potenti attivisti anti-genocidi, specialmente nella comunità musulmana e araba-americana, la comunità nera, il movimento studentesco, il movimento antiguerra risvegliato, il movimento operaio radicale e molti altri.

Anno dopo anno, milioni di elettori aventi diritto si sono rifiutati di votare per entrambi i partiti istituzionali, in particolare i giovani, le persone di colore e le persone con redditi più bassi. Nella corsa presidenziale del 2020, un terzo degli elettori aventi diritto ha rifiutato di partecipare. Sono esattamente queste le persone a cui si rivolge il nostro programma. La stragrande maggioranza degli elettori chiede un'alternativa politica come il Partito Verde che serva il bene comune invece dei guerrafondai e delle élite economiche.
L'establishment politico trema nei loro stivali perché il pubblico ci sta scoprendo. Saranno scioccati nel vedere quanto crescerà la nostra coalizione man mano che più elettori scopriranno di avere effettivamente una scelta per il futuro che meritano.
Abbiamo le soluzioni per porre fine al genocidio e all'impero; per adottare una politica estera basata sul diritto internazionale, sui diritti umani e sulla diplomazia; per affrontare l'emergenza climatica; per invertire la disuguaglianza della ricchezza e investire nel benessere umano; per smantellare i sistemi di oppressione e costruire una società radicata nella giustizia, nella libertà e nell'equità. Il nostro movimento per le persone, il pianeta e la pace è allineato con i valori e le priorità del popolo americano e insieme abbiamo i numeri di cui abbiamo bisogno per trasformare il nostro futuro. Dobbiamo solo far arrivare la parola ai milioni di americani che rifiutano lo status quo fallito e portarli nel nostro movimento.
Tutto ciò che abbiamo realizzato insieme è una vittoria per i lavoratori, per la giustizia, per la pace e per un futuro in cui tutti noi possiamo prosperare.
Grazie per il vostro incrollabile sostegno e per esservi uniti a questa lotta per costruire un'America e un mondo che funzioni per tutti noi. Da qui diventeremo solo più forti.
La pressione continuerà a crescere per la trasformazione politica che il popolo americano richiede. Le élite politiche continueranno a dirvi che la resistenza è inutile. Ignoratele. Questo è il nostro momento.
Insieme, siamo inarrestabili”.

Luca Bagatin

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Randolfo Pacciardi e Mario Bergamo, gli ultimi rivoluzionari mazziniani e garibaldini. Articolo di Luca Bagatin

Randolfo Pacciardi (1899 – 1991) fu un combattente, un eroe, un antitotalitarista e proprio per questo la sua storia, fu, molto probabilmente, volutamente rimossa dalla memoria di quell'Italia che egli tentò, a rischio della vita, di edificare.

In nome di Mazzini e di Garibaldi fu audace eroe antifascista della Guerra di Spagna, al comando del Battaglione Garibaldi, nonché fu fiero anticomunista, specie dopo aver conosciuto i massacri contro i repubblicani, i socialisti e gli anarchici operati dai comunisti europei su ordine di Stalin.

Guidò il PRI nel primo dopoguerra e fu Ministro della Difesa dal 1948 al 1953.

Estraneo alla cultura liberaldemocratica, si oppose alla formula di Centro-Sinistra e quindi a Ugo La Malfa, che purtroppo lo espulse dal partito negli anni '60.

Espulso dal PRI, Pacciardi fondò – nel 1964 - il movimento politico Unione Democratica per la Nuova Repubblica, con posizioni nettamente presidenzialiste e solo per questo fu sospettato ingiustamente di simpatia fasciste e golpiste (proprio lui che aveva combattuto il nazifascismo!) e di aver appoggiato il cosiddetto Piano Solo, che avrebbe dovuto portare ad una svolta autoritaria nel Paese.

Niente di più falso e vergognoso fu detto su di un personaggio al quale la Repubblica e la democrazia italiana devono moltissimo. Se solo parlassimo di una vera Repubblica, democratica e fondata su principi mazziniani e garibaldini.

L'idea pacciardiana di Repubbica presidenziale, ispirata a Charles De Gaulle, prefigurava un Presidente eletto e sganciato dal parlamento partitocratico, tendendo così verso una democrazia partecipativa, nel solco di Giuseppe Mazzini.

Così come nel solco di Mazzini saranno le sue idee politiche e sociali, costituite dall'unione fra capitale e lavoro nelle stesse mani, fondamento di una Repubblica che avrebbe dovuto essere contraria ad ogni mentalità parlamentaristica, fondata sugli interessi di retrobottega dei partiti e sulle lobby economiche che li sostengono.

Questi i fondamenti ideali di quella Unione Democratica per la Nuova Repubblica (il cui nome derivava dal partito gollista Unione per la Nuova Repubblica) che ispirò – nel 1969 - finanche il movimento giovanile di derivazione nazionalcomunista Lotta di Popolo, che ebbe, fra i suoi riferimenti ideali e culturali, oltre che Pacciardi, anche Che Guevara, Juan Domingo Peron, Jack Kerouac, Julius Evola e Pierre-Joseph Proudhon.

Quella pacciardiana fu un'idea e una prospettiva, sia istituzionale che sociale, ispirata a quello che potrebbe essere definito “socialismo mazziniano”, retto da tre pilastri: federalismo sociale, associazionismo volontario (o cooperativismo) e democrazia diretta.

Aspetti peraltro condivisi e portati avanti dall'altro contemporaneo compagno di partito, Mario Bergamo (1892 – 1963), la cui vicenda politica merita, parimenti, di essere ricordata e onorata, perché con Pacciardi ha innumerevoli punti in comune.

Trevigiano, antifascista, repubblicano della prima ora, anche Mario Bergamo subirà la medesima sorte di Pacciardi, ovvero l'oblio politico a causa delle sue idee saldamente mazziniane e garibaldine.

Mario Bergamo fu fondatore, nel 1912, a Bologna – a soli vent'anni – dell'Alleanza Universitaria Repubblicana. Successivamente fu capostipite della corrente di sinistra del PRI, denominata “Repubblica Sociale”, la quale mirava a recuperare l'ideale autogestionario e cooperativista di Giuseppe Mazzini.

Fervido sostenitore, anche negli organi di stampa, dell'impresa di Fiume di Gabriele D'Annunzio e Alceste De Ambriis, oltre che del cooperativismo, nel 1919, fonderà, assieme all'allora repubblicano Pietro Nenni, al fratello Guido e al socialista Arpinati, il Fascio di combattimento di Bologna, abbandonandolo poco dopo nel momento in cui le idee squadriste e violente di Mussolini presero il sopravvento. Egli stesso ricevette le percosse dei fascisti e il suo studio fu più volte devastato.

Fu eletto, nel 1924, nelle file del Partito Repubblicano Italiano e, dalle colonne de “La Voce Repubblicana”, divenne uno dei più acerrimi oppositori al fascismo mussoliniano e propose la costituzione di un partito repubblicano-socialista, in grado di raccogliere le migliori forze antifasciste.

Nel 1926, accusato dell'attentato contro Mussolini, fu costretto a fuggire, assieme a Nenni, prima a Lugano e successivamente a Parigi, contribuendo alla costituzione della Concentrazione antifascista, ponendo ad ogni modo come primo obiettivo l'abolizione della monarchia e la nascita della Repubblica.

Nel 1928 propugnò l'idea di costituire un'Internazionale Repubblicana e, in quell'anno, elaborò la sua teoria sul Nazionalcomunismo, che molti punti aveva in comune sia con l'esperienza dannunziana di Fiume che con il Nazionalbolscevismo promosso dall'ex socialdemocratico tedesco Ernst Niekisch e Karl Otto Paetel, i primi a combattere – in Germania – il nascente nazismo hitleriano e a subirne le persecuzioni.

Il Nazionalcomunismo, termine ideato dallo stesso Bergamo, non era altro che un recupero del repubblicanesimo mazziniano originario e degli ideali della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864, fuso con il nascente Bolscevismo sovietico e gli ideali patriottici. Una fusione, in sostanza, fra il nazionale e l'internazionale, che avrebbe dovuto portare alla nascita di una Repubblica Sociale.

Non sappiamo se Bergamo – che sempre si definì un “socialista mazziniano” - abbia avuto rapporti, anche epistolari, con Niekisch o avesse attinto alle sue pubblicazioni (al giornale Widerstand ad esempio), ad ogni modo, anche il Nazionalbolscevismo, negli stessi anni, voleva fondere gli ideali leninisti con quelli nazionali e patriottici, in opposizione al capitalismo, al liberalismo, all'antisemitismo dei regimi totalitari nazifascisti, proponendo un radicale rinnovamento sociale di stampo repubblicano.

Negli Anni '30, Mario Bergamo, editò la rivista “I nuovissimi annunci”, ove elaborò e diffuse le sue teorie socio-politiche e, nel 1935, a Parigi, diede alle stampe “Un italiano ribelle” (Un italien révolté), raccolta di epistole a personalità europee nelle quali egli condannava la politica coloniale fascista in Etiopia e l'ipocrisia della Società delle Nazioni.

Sul finire degli Anni '30, aderirà alla Lega dei combattenti per la pace e, allorquando i nazisti occuperanno la Francia, sarà attivo nell'aiuto ad ebrei e antifascisti.

Mussolini, comunque affascinato dai suoi ideali, gli proporrà più volte di tornare in patria, ma Bergamo sempre rifiuterà. Così come rifiuterà di partecipare alla redazione della costituzione della Repubblica Sociale Italiana nel 1943. Il suo rifiuto del fascismo e l'opposizione allo stesso furono sempre totali e intransigenti.

Mario Bergamo, peraltro, si rifiuterà di tornare in Italia anche alla fine della guerra, ritenendo che la nuova Repubblica non avesse imparato nulla dalle tristi vicende del fascismo e non rispecchiasse affatto l'idea di Repubblica popolare e socialista propugnata da Mazzini e Garibaldi.

Diverrà, successivamente, consigliere legale dell'editore socialista e garibaldino Cino Del Duca, il quale pubblicherà, nel 1965, postumo, il saggio “Nazionalcomunismo”, che raccoglierà gli ideali socialisti e repubblicani del Bergamo.

Mario Bergamo morirà a Parigi nel maggio 1963.

Il figlio di Mario Bergamo, Giorgio Mario, sarà peraltro e non a caso, uno dei collaboratori del giornale “Nuova Repubblica”, organo del partito di Pacciardi.

Decenni dopo la morte di Mario Bergamo e quella di Niekisch, in Russia – negli Anni ’90 – lo scrittore Eduard Limonov, il chitarrista Egor Letov ed il filosofo Aleksandr Dugin fonderanno il Partito NazionalBolscevico, propugnatore del ritorno del socialismo in Russia e oppositore del totalitarismo liberal-capitalista di Eltsin e Putin. E, per queste ragioni, il partito sarà messo fuorilegge nel 2007 dalla Corte Suprema russa e successivamente rifondato, con la denominazione “Altra Russia”, guidato dal solo Limonov e ancor oggi perseguitato.

L’Ideale Nazionalcomunista e Nazionalbolscevico, può essere per molti versi contiguo e finanche aver ispirato il Peronismo argentino, il Sandinismo del Nicaragua, il Socialismo arabo, jugoslavo, panafricano e quello cubano. Un ideale repubblicano e laico, che mette al primo posto l’autogestione e l’autogoverno dei lavoratori e dei cittadini.

Mario Bergamo e Randolfo Pacciardi si possono dunque definire, per la loro intransigenza, per la loro opera e storia politica, pur inascoltata e ingiustamente vilipesa, gli ultimi rivoluzionari italiani del mazzinianesimo e del garibaldinismo.

Rivoluzionari che hanno lottato, immaginato, sognato e prefigurato l'idea di una Repubblica autentica e diversa dall'attuale. Libera dal fascismo, dal malaffare, dal liberalismo, dal parlamentarismo intriso di lobbismo.

Non sappiamo se nasceranno ancora, in Italia, dei rivoluzionari come loro. Personalmente ne dubito, se penso che l'ultimo rivoluzionario degno di questo nome fu Bettino Craxi, che fu costretto all'esilio.

Sicuramente quelle idee, attualissime oggi più ancora che ieri, non moriranno mai.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it