lunedì 31 dicembre 2018

2018: anno "populista" contro l'austerità. Articolo di Luca Bagatin

Volendo usare un termine per definire il 2018 appena passato, sotto il profilo politico, potremmo definirlo anno "populista". O, quantomeno, anno nel quale i popoli del mondo hanno voluto far sentire, a diversi livelli, la propria voce ed esprimere la loro contrarietà nei confronti di politiche liberali, capitaliste e di austerità.
Pensiamo innanzitutto alle manifestazioni comuniste in Russia contro l'aumento dell'Iva e dell'età pensionabile, che hanno segnato un arretramento del fronte liberal-putiniano, sia nei sondaggi che alle elezioni amministrative, in favore del Partito Comunista della Federazione Russa (KPFR) guidato da Gennady Zjuganov, la cui visione della politica è la seguente: "La politica dovrebbe essere basata su quattro principi: potenza, collettivismo, spiritualità, giustizia".
E sempre, in Russia, il movimento nazionalbolscevico Altra Russia di Eduard Limonov, grazie in particolare alla giovane attivista Olga Shalina, ha denunciato lo stato drammatico in cui vivono i carcerati nel Paese e, con il Fronte della Sinistra di Udalstov e il KPFR, ha sostenuto le manifestazioni contro l'austerità.
Pensiamo alla Francia dei Gilet Gialli, i quali, ancora oggi, non hanno cessato le loro manifestazioni contro le politiche di Macron e sono riusciti peraltro ad ottenere, dall'Unione Europea, la possibilità di sforare il fantomatico e assurdo tetto del 3% deficit/PIL.
Pensiamo all'Italia, le cui elezioni hanno visto la sconfitta delle forze europeiste ed elitarie - Pd e Forza Italia - e l'avanzare di partiti anti-Unione Europea (per quanto tali solo a parole) quali Movimento Cinque Stelle e Lega, le cui politiche, pur in maniera assai timida e pasticciata, vorrebbero - quantomeno in parte, pur minima - contrapporsi all'austerità europeista e ad una immigrazione che, ad oggi, ha rappresentato una vera e propria deportazione di esseri umani e una nuova lotta fra poveri.
Pensiamo alla vittoria in Messico del candidato socialista populista Andres Obrador e al Venezuela, che ha visto la riconferma al governo del socialista Nicolas Maduro, per quanto l'astensionismo, tanto quanto nei Paesi europei menzionati, sia comunque aumentato, segnale di come i popoli vorrebbero maggiormente avere la possibilità di dire la loro.
In Brasile, purtroppo, "grazie" all'impossibilità di candidare Lula, ha vinto l'esponente dell'oligarchia ricca, ovvero Jair Bolsonaro e persino in Argentina continuano i tentativi di delegittimazione dell'ex Presidentessa Cristina Kirchner, la quale è pronta, nel 2019, a ricandidarsi contro l'attuale Presidente Mauricio Macri, il quale ha svenduto il Paese alle politiche di austerità del Fondo Monetario Internazionale e ha tagliato ogni fondo per il sociale e la disabilità.
Pensiamo infine all'Ungheria che, finalmente, inizia a ribellarsi alle politiche liberal-capitaliste di Orban, che ha varato una vera e propria legge schiavista sul lavoro e, anche lì, tornano in campo i comunisti del Partito Operaio Ungherese, di matrice patriottica e autenticamente socialista.
Dove stia andando e dove andrà il mondo, non sappiamo. Certo sarebbe molto se i popoli ricchi comprendessero la necessità di vivere con meno, ma con il giusto, senza pensare di sfruttare altri popoli imponendo loro la propria visione oppure "deportando" manodopera a basso costo o sfruttandola in loco, attraverso le delocalizzazioni.
Sarebbe molto se concetti tipici del socialismo delle origini, come la "sovranità" e il "populismo", fossero recuperati, ma non in maniera feticistica o ideologica, bensì come alternativa al globalismo capitalista e alla dittatura del danaro, del lucro e del consumo, al fine di approdare ad una dimensione di autosufficienza economica: produci ciò che consumi, il resto lo distribuisci.
Forse siamo ben lontani da questa dimensione e dal superamento dell'egoismo, che è forse quel totalitarismo che accompagna l'Umanità sin dai suoi albori.
Saremo ben lontani, ma, ad ogni modo, credo che questa possa essere l'unica via per l'emancipazione sociale dell'essere umano. Una via non materialista, spirituale, di ricerca di una democrazia piena e autentica, ovvero di consapevolezza interiore, che permetta di autogestirsi e autogovernarsi, senza la necessità di alcun "leader" e capace di superare e annientare ogni forma di totalitarismo e di diseguaglianza.

Luca Bagatin

venerdì 28 dicembre 2018

Sempre più under 35 vivono in famiglia, ma dov'è lo scandalo ? Una rivolta contro il mondo moderno. Articolo di Luca Bagatin

Crescono i "mammoni", così scrivono alcuni giornali che commentano i dati Eurostat relativi al 2017 che ci dicono che, in Italia, le persone di età compresa fra i 18 e i 34 anni che vivono con i genitori sono il 66,4% rispetto al 65,8% del 2016. Il 72,2% dei maschi e il 59,8% delle femmine.
Il dato più alto a livello europeo dopo Croazia, Malta e Grecia, a fronte di una media europea del 50%.
Dove sia lo scandalo, davvero non sappiamo.
In un'epoca in cui le famiglie sono sempre più disgregate in favore dell'ideologia del consumo, della deregolamentazione (dei consumi e dei costumi), della precarietà lavorativa e del cosmopolitismo imposto con relativo sradicamento identitario (migrazioni da un Paese all'altro, dettate da necessità economiche imposte dalla globalizzazione e dalla deregolamentazione economica), il fatto che, nella nostra bella Italia ancora resista l'idea che si può vivere e bene in famiglia - con i propri genitori e conserviamoceli cari - è tutt'altro che da considerarsi scandalosa.
Scandalosa lo è, forse, per coloro i quali auspicano, ancora una volta, una società di atomi, da dare in pasto al dio mercato. Una società di individui separati fra loro: senza più una identità comunitaria, sia essa culturale, storica, sociale, spirituale. Una società che crea nuove povertà e razzismo laddove si impone ai popoli di migrare, facendo così perdere loro ogni contatto con la propria comunità di origine, con la propria storia e cultura e ciò in nome di sedicenti "società aperte", ovvero in nome dello sfruttamento e della deportazione di esseri umani da un posto all'altro, affinché siano separati dalle proprie origini, dai propri simili e dai propri affetti, affinché divengano docili strumenti posti di fronte alle richieste incessanti del mercato, del consumo, dello sfruttamento dettato dal danaro e dall'ideologia del desiderio di beni di consumo e modelli di vita sempre più sofisticati ai quali ambire... al prezzo di un lavoro sempre più sottopagato, o di un lavoro in nero o di nessun lavoro.
Ecco che allora, il circo politico-mediatico "liberal" addita coloro i quali crescono e vivono in famiglia come "bamboccioni" o "mammoni", anzichè considerarli gli ultimi resistenti di una comunità tradizionale in disgregazione. Comunità già attaccata dalla deregolamentazione dell'affettività e dell'amicalità, laddove i rapporti umani, sociali e affettivi sono ridotti a conversazioni asettiche attraverso il pc, il tablet o lo smartphone, senza più incontrarsi, vedersi, guardarsi negli occhi. Confrontandosi, amandosi, discutendo, creando legami forti e forme di democrazia partecipativa. Rapporti che divengono invece sempre più superficiali e virtuali e quindi sempre più impossibili nella vita reale, come pornograficamente o pornocraticamente voluto dall'industria del "libero scambio" e della "sessualità libera" purchè rigorosamente a pagamento, sul web, o in varie altre modalità asettiche, onanistiche, disumane (si veda peraltro l'assurda e vergognosa apertura dei bordelli con prostitute robot o la messa in produzione di "bambole del sesso", neo surrogati di persone ormai del tutto anestetizzate dal marketing commerciale).
La famosa "ideologia del desiderio" - ovvero il nuovo totalitarismo - denunciata dal filosofo comunista francese Michel Clouscard nel '68 e da Pier Paolo Pasolini negli stessi anni è ormai, in epoca odierna, la regola dei Paesi a ideologia liberal-capitalista.
Una "ideologia" che accetta, senza battere ciglio, separazioni, divorzi, famigli allargate, imponendo tutto ciò ai relativi figli, i quali vengono "rabboniti" e "consolati" con ogni sorta di bene di consumo, vizio, capriccio.
In Italia resiste - pare - una certa mentalità familista, che si unisce alle difficoltà economiche delle categorie più giovani, le quali hanno pagato e continueranno a pagare le conseguenze di un modello di (sotto)sviluppo insostenibile, ovvero il modello della crescita economica, sino a che gli economisti e i soloni della politica liberal-cosmopolita non si renderanno conto che questa non è affatto illimitata e che le risorse sono limitate e vanno condivise all'interno di ciascuna comunità, nel rispetto degli usi e constumi di ogni comunità e realtà geografica.
Teniamoci cari il nostro o i nostri genitori, dunque. Sono l'ultima isola felice di una realtà in totale distruzione. Resistiamo, con le unghie e con i denti, alla fine dell'affettività, dell'amicalità, dei sentimenti, dell'amore e facciamolo rinunciando alla becera mentalità consumista, ipertecnologica, cosmopolita, capitalista, modernista, liberaleggiante. Costruendo una realtà diversa e alternativa a quella attuale.
Il rivoluzionario di oggi non può che essere un conservatore. Un resistente all'ideologia del desiderio. Un ricercatore di quella che mi piace definire "Civiltà dell'Amore". Un conservatore dei sentimenti in primo luogo. Come lo era Jack Kerouac, un giramondo, un amante degli eccessi di ogni tipo, ma legato alla sua identità, legato a sua madre, con la quale ha sempre vissuto e legato al senso del Sacro. Quel senso del Sacro che gli ha fatto reinterpretare il suo cattolicesimo in senso buddhista zen.

Luca Bagatin

lunedì 24 dicembre 2018

"Not(t)e di Natale" (a Giulia). Poesia di Luca Bagatin

NOT(T)E DI NATALE (a Giulia)
di Luca Bagatin

Notte fatata
Notte splendente
Ecco lassù la mia stella cadente.
Notte di neve
Notte assopita
Notte distesa
Piena di vita.
Ecco, è LA NOTTE !
La notte in cui Babbo i regali ci porta
In un gran sacco
Un gran sacco e una sporta !
Notte invernale
Notte feriale
Notte che, di certo,
Non ci può far male.
Notte fatata
Notte splendente
Ecco, il mio regalo sei Tu:
Mia stella nascente.

Luca Bagatin

Il Natale d'Amore (e Libertà) secondo Pier Paolo Pasolini

(...) Il Natale e la Pasqua sono state antiche feste religiose pagane (la nascita del sole e l’avvento della primavera) piene di rozzo, mitico spirito religioso: si sono poi trasfuse nelle feste cristiane portando la loro antica ingenuità nella nuova insegnata da Cristo. Ma dopo la Controriforma e nell’attuale momento storico, non c’è niente di più prosaico, ipocrita, conformista dello spirito impresso dal clero a simili occasioni d’amore. (...)

Pier Paolo Pasolini, Vie Nuove (1961)

domenica 23 dicembre 2018

Buon Natale d'Amore e Libertà! Feliz Navidad de Amor y Libertad!

"Il giorno dell'amore e della pace arriverà quando la giustizia spazzerà dalla faccia della terra la razza degli sfruttatori e dei privilegiati..."
(Evita Peron)

Dalla parte opposta rispetto alla sinistra bacchettona. Articolo di Luca Bagatin

D'Annunzio
Pasolini e Appignani
Stavo pensando che i miei "miti" del '900/2000 sono stati catalogati in quell'area che viene definita di "destra culturale", pur non essendo mai stati veramente di destra (ma sicuramente non erano/sono di sinistra nel senso canonico e tradizionale del termine).
Gabriele D'Annunzio, Juan e Evita Peron, Jack Kerouac, Pier Paolo Pasolini, Mario Appignani detto “Cavallo Pazzo”, Moana Pozzi, Roberta Tatafiore, Alain De Benoist, Aleksandr Dugin, Egor Letov, Eduard Limonov e, non ultimo, il mitico Andrea G. Pinketts.
Anime trasgressive, libertarie, fuori dagli schemi e dalle ideologie novecentesche e dai totalitarismi, oltre che dai riti e dalle banalità del sinistrismo, del politicamente corretto, dello scioccamente banale o buonista per forza.
Per questo non potevano assolutamente essere incasellati nel salotti della “borghesia bene” o “liberal-progressista”. In particolare perché, quei salotti, o non li hanno mai frequentati o, se lo hanno fatto, è stato più per destare scandalo che per altra ragione.
Limonov, Letov, Dugin
Moana
Allo stesso tempo, tali personaggi - siano essi fisicamente viventi o viventi nella nostra memoria e spirito – non possono essere comunque definiti di destra, come invece sono spesso stati erroneamente incasellati (escluso Pasolini, che pur non era troppo amato “a sinistra” e ha ricevuto, nel corso degli anni, maggiori apprezzamenti “a destra”), in quanto per nulla inclini alla gerarchia, allo sciovinismo e al clericalismo (semmai alla spiritualità). Per essere veramente "buoni" occorre essere dei "cattivi ragazzi o ragazze". E soprattutto occorre essere AUTENTICI. Con le proprie "follie", il proprio andare controcorrente, ma non per sfida o per essere bastiancontrari, quanto per far notare che la vita può essere concepita, vissuta, approfondita diversamente. Si può essere nati poveri, come Evita Peron, che divenne poi la paladina dei diseredati; essere nati emarginati e aver vissuto l'infanzia in un brefotrofio, come Mario
Pinketts
Kerouac
Appignani; si può essere stati dei “dandy” amanti degli eccessi sessuali che ambivano a “un comunismo senza dittatura”, come Gabriele D'Annunzio; si può esse
re state delle pornodive che hanno guidato poi la prima lista civica italiana, ovvero il Partito dell'Amore, come Moana Pozzi; si può essere stati dei giramondo e dei bevitori e fumatori incalliti ed al contempo “mammoni” come gli scrittori Jack Kerouac e Andrea G. Pinketts; si può essere dei nazionalbolscevichi come il filosofo Aleksandr Dugin e dei nazionalbolscevichi “punk” come il cantante e chitarrista Egor Letov e lo scrittore Eduard Limonov; si può essere stati ed essere degli intellettuali controcorrente, scomodi, trasgressivi come Pier Paolo Pasolini e Alain De Benoist. In questo senso, tali personaggi che furono, sono o vengono assimilati alla "destra culturale" risultano, a parer mio, intellettualmente più "sexy" di quelli legati alla sinistra bacchettona, moralista, borghese, cosmopolita.
E, come tali, sono e vanno ben oltre le ideologie e i feticismi partitici.

Luca Bagatin

venerdì 21 dicembre 2018

"Guerriera del Solstizio Invernale". Poesia di Luca Bagatin

"Guerriera del Solstizio Invernale"
Poesia di Luca Bagatin
Nelle foto: Manuela Castagna


Sguardo di Valchiria,
Selvaggio.
Fiero.
Sguardo di guerriera
Indomita.
Sguardo che illumina
Come il Sole Invincibile
Nel giorno di Yule.
Rossi, i tuoi capelli
Come quelli
Di un'eroina scozzese.

Regale, il tuo portamento
E i tuoi lunghi piedi scalzi,
Con i quali ti nutri
Della nuda terra.
Simbolo della Terra, dell'Aria, del Fuoco e dell'Acqua,
Che sgorga pura.
Simbolo del Solstizio.
Che prepara i nostri cuori.
Al calore dell'Amore.

Luca Bagatin


Andrea G. Pinketts: scrittore immortale. Articolo di Luca Bagatin

Andrea era una leggenda.
Era la leggenda di sé stesso.
Era Lazzaro Santandera, il suo alter ego letterario, in grado di sgominare bande di criminali incalliti e persino di resuscitare.
Andrea G. Pinketts - al secolo Andrea Giovanni Pinchetti - con le sue cravatte fantasia, le sue giacche e cappelli colorati - era immortale e tale rimarrà.
Ex pugile, ex fotomodello, ex istruttore di arti marziali, giornalista investigativo e soprattutto scrittore di gialli e di racconti noir.
Grande viveur, bevitore di birre enormi (nello storico locale milanese "Le Trottoir" gli fu dedicata - oltre che una sala - la birra formato gigante battezzata, per l'appunto, "birra Pinketts") e fumatore di sigari. Andrea Pinketts era scrittore funambolico e poliedrico.
Negli Anni '80 recitò un piccolo ruolo nel film di Carlo Vanzina "Via Montenapoleone". Diventeranno celebri le sue inchieste giornalistiche per "Esquire" e "Panorama", che lo porteranno, negli Anni '90, ad incastrare alcuni camorristi nella città di Cattolica; all'incriminazione della setta dei "Bambini di Satana" e a suggerire agli inquirenti il profilo del "mostro di Foligno" Luigi Chiatti.
Furono queste esperienze che gli permisero di scrivere i suoi numerosi romanzi e racconti gialli e noir: da "Lazzaro vieni fuori" a "La capanna dello zio Rom", passando per "Il vizio dell'agnello", "Il conto dell'ultima cena", "Il senso della frase" e moltissimi altri (almeno una ventina).
Il protagonista era sempre lui, ovvero il suo alter ego: Lazzaro Santandrea. Un perdigiorno che vive con la madre ed il cagnolone Benvenuto e si mantiene con l'eredità della ricca zia Olghina. Frequentatore seriale di bar, amici e belle donne, Lazzaro si ritrova inevitabilmente sempre coinvolto in casi di cronaca nera che...armato del suo sigaro (rigorosamente Antico Toscano) e del suo "senso della frase", condito di giochi di parole funambolici e della sua abilità nel provocare e vincere risse, riuscirà immancabilmente a risolvere. Incastrando il criminale o i criminali di turno, riuscendo a, come dice stesso Lazzaro, "fare giardino", ovvero risollevare le sorti di una situazione disastrosa riscrivendo e "sovvertendo" ogni regola.
I romanzi di Andrea erano e rimangono dei pezzi unici di letteratura per diverse ragioni: sono tratti da casi di cronaca nera che lui ha vissuto in prima persona; i personaggi sono tutto tranne che immaginari, ma rappresentano - spesso con tanto di nome e cognome reali - i suoi amici e conoscenti (uno dei quali ho avuto modo di conoscerlo personalmente); sono uno scoppiettante susseguirsi di assonanze e giochi di parole e letterari, battute comiche ad effetto, pur calate in un contesto da romanzo giallo, noir, ricco di colpi di scena.
Andrea Pinketts li ha scritti regolarmente tutti nel locale che ha sempre frequentato ogni sera e notte - "in mezzo al casino", che gli permetteva di concentrarsi, come diceva lui - ovvero Le Trottoir, in pieno centro a Milano. E sono stati tutti scritti con la sua fedele penna Mont Blanc, in quanto non amava le tecnologie e, quando lo conobbi, sapeva a malapena maneggiare un telefono cellulare di vecchissima generazione.
Luca Bagatin e Andrea G. Pinketts, aprile 2004
Andrea era un caro amico, che ho avuto l'onore e il privilegio di conoscere nella primavera del 2004, proprio al Trottoir. Lì ci siamo dati appuntamento, dopo che avevo divorato gran parte della sua produzione letteraria e ne ero rimasto affascinato. Da allora ci siamo visti spesso, in quegli anni, abbiamo bevuto e fumato sigari a lungo sia al Trottoir che allo Smooth di Via Buonarroti, vicino a dove abitava con la madre Mirella, la quale, ricordo, gli preparava le valige ogni qual volta era invitato a tenere presentazioni dei suoi libri, oppure doveva presiedere qualche concorso in qualità di giurato.
Come Jack Kerouac, anche Andrea, oltre ad essere uno sregolato in tutto, era legatissimo a sua madre. E come Jack Kerouac, anche Andrea era amico di Fernanda Pivano, la quale lo definì, nelle prefazioni ai suoi libri "un duro dal cuore di meringa".
Andrea Pinketts era "un duro", sin da ragazzino. Sin da quando fu espulso dal liceo per aver "menato" il preside. Ragazzo irrequieto, insofferente alle costrizioni, evase dalla caserma dei granatieri di Orvieto e si finse psicopatico. Bevitore e fumatore incallito sin da ragazzo, non smise mai quel suo vizio che, come da lui stesso ammesso, finirà per portarlo nella tomba, novello Kerouac, novello "scrittore maledetto" che, sino all'ultimo ha lottato, non già contro i suoi vizi, che per lui erano piaceri e virtù, ma contro la tristezza della sofferenza, contro la tristezza della malattia. Quella tristezza che ti fa essere e sentire debole, mentre Andrea Pinketts, documentando la sua degenza all'ospedale Niguarda di Milano con numerosi video su Youtube, ci appare come sempre pieno di spirito e di giochi di parole funambolici.
Quei giochi di parole usati anche nelle sue apparizioni televisive in qualità di showman o di opinionista, ove, presentandosi sempre completamente ubriaco (esattamente come Kerouac nelle sue celebri interviste), e pieno di spirito (non solo alcolico), ribaltava ogni canone mediatico, lasciando di stucco la presentatrice o il presentatore di turno che, rimasto senza parole, non poteva che arrendersi al genio e alla sregolatezza di questo artista dei nostri tempi.
Pinketts era, come il suo personaggio letterario Lazzaro, un antieroe. Un "cattivo ragazzo", ma sempre dalla parte dei più deboli e sempre dalla parte dei "buoni" contro i "cattivi", fossero costoro corrotti, stupratori, stalker, balordi che si divertivano a dar fuoco ai barboni. Andrea Pinketts interveniva sempre, in prima persona, con il suo metro e novanta di stazza e le sue capacità di "persuasione".
I romanzi di Andrea Pinketts, a onor del vero, erano più letti all'estero che in Italia. Non era un profeta in Patria, in sostanza. Amatissimo in Francia e lì pluri-premiato, fu apprezzato molto dal regista e sceneggiatore Claude Chabrol che, in ogni suo film, omaggerà Pinketts con un cameo dei suoi romanzi e che avrebbe voluto realizzare un film tratto dal romanzo (a parer mio il più bello) "Il conto dell'ultima cena".
Con Andrea Pinketts, che se ne va a soli 57 anni, non se ne va Lazzaro Santandrea, in quanto, l'ultimo romanzo che lo vede protagonista - "La capanna dello zio Rom" - lascia un finale aperto.
Forse nemmeno Andrea Pinketts se ne va del tutto. Almeno non se ne andrà dal mio cuore, ove lo tengo fra i miei "eroi-antieroi" preferiti, viventi e non, conosciuti da me personalmente o meno (assieme a Jack Kerouac, William Burroughs, Moana Pozzi, Mario Appignani, Peter Boom, Eduard Limonov).
La madre Mirella così lo ricorda, nel suo necrologio ed è con queste toccanti parole - le parole della persona che più lo ha amato al mondo - che vorrei concludere questo mio articolo in sua memoria:
"Con passo marziale sta valicando i confini degli spazi celesti e dei cieli infiniti Andrea G. Pinketts, scrittore-giornalista. Ha accanto l’amore di chi lo ha preceduto che lo accoglie con gioia accorata, così presto! Lazzaro Santandrea, la sua creatura, è ansioso di future, mirabolanti avventure da vivere insieme. Mirella Marabese Pinketts è fiera del tuo talento e della tua genialità. Prosegue il cammino terreno come tu vuoi. Non ti dirò mai addio. Mamma".

Luca Bagatin


sabato 15 dicembre 2018

Sai Baba: un Maestro Spirituale dei nostri giorni. Articolo di Luca Bagatin tratto dalla rivista "Secreta Magazine" del marzo 2010

Chi è Sathya Sai Baba ?
Un mistico ? Un santone ? Un guru ?
Nella poliedrica varietà di sadhu e mistici che popola il vastissimo continiente asiatico, è facile confondere Sai Baba con uno di loro.
Ma Sai Baba è – in realtà - molto di più.
Nato a Puttaparthi - un piccolo villaggio dell'Andra Pradesh, regione dell'India meridionale - il 23 novembre del 1926, sin da bambino, dall'età di 10 anni, dimostra di possedere poteri sovrannaturali.
Sai Baba, studiato da numerosissimi ricercatori da decenni, possiede infatti poteri cognitivi come la chiaroveggenza, la psicodiagnosi, la telepatia; poteri psicocinetici come la capacità di materializzare oggetti, apportarli, moltiplicarli, anche sotto l'occhio vigile di chi gli si trova di fronte.
Ma egli stesso non sembra dare alcuna importanza ai miracoli che compie. Sai Baba sembra compiere miracoli unicamente per focalizzare l'attenzione di chi lo ascolta, per lanciare un messaggio di unità fra tutte le religioni (simboleggiato anche dal Suo vessillo, il
Sarva Dharma: un fior di loto contornato dal simbolo dell'Om Indù; dalla Ruota buddhista; dal Fuoco zoroastriano; dalla Stella di David; dalla Luna e la Stella dell'Islam e dalla Croce cristiana)."Esiste una sola religione", afferma Sai Baba, "la religione dell'Amore. Esiste una sola razza, quella dell'umanità. Esiste un solo Dio, che è onnipervadente".
Questo, in sintesi, il messaggio che Sai Baba vuole trasmettere a chi lo ascolta.
Ho avuto la fortuna, fra il 2002 ed il 2005, di frequentare settimanalmente la casa di due anziani coniugi, da anni abitanti a Pordenone: la romana Gerarda Cesarini, detta amichevolmente Gegè, ed il napoletano verace Oscar Martino. Entrambi citati anche in numerose opere dedicate a Sai Baba, in primis quelle dello psicologo Giancarlo Rosati, massimo studioso italiano del
fenomeno Sai Baba.
Gegè ed Oscar sono stati, infatti, i primi fondatori di un Centro intitolato a Sai Baba in Italia, negli anni '60 a Roma, in via Benedetto Musolino, quando ancora era poco conosciuto. Questa simpatica coppia fu anche in assoluto la più ricevuta dal Maestro.

Oggi i Centri Sai Baba in Italia - peraltro tutti senza scopo di lucro e senza alcuno spirito di proselitismo - sono centinaia e nel mondo i devoti del Maestro, sono milioni.
Dal Maestro, sì, perché infondo Sai Baba non è che un Maestro spirituale il cui messaggio va ben oltre i suoi miracoli, per così dire, ed il cui messaggio mira sempre a trasformare il cuore umano.
Sai Baba, come dicevamo, è solo nato in un contesto indù, ma il suo insegnamento - che fonda le sue radici nella concezione gnostica ed esoterica delle Sacre Scritture di tutte le fedi e tradizioni, i Veda in primis e che Baba invita a studiare, a partire dal concetto di
Reincarnazione - si basa sulla ricerca della Divinità insita in ciascun individuo per mezzo del canto devozionale, i Bahjan, della ripetizione dei mantra vedici ed in particolare per mezzo del rispetto quotidiano di cinque valori umani: Verità, Amore, Pace, Rettitudine e Nonviolenza.
Per mezzo delle frequentazione dei coniugi Martino, sono rimasto letteralmente rapito nella descrizione delle loro esperienze dirette con il Maestro. Quando ad esempio ad Oscar materializzò un anello d'oro, preziosissimo, sotto i suoi stessi occhi, o quando regalò ad entrambi una cornice d'oro recante la sua effige ricavata dalla povere dorata che Baba stesso lanciò in aria per poi ricomporsi,
magicamente, fra le sue mani.
Sai Baba, chissà perchè, amava moltissimo Gegè ed Oscar. Una coppia di teosofi adorabile, semplicissima e sempre pronta a dare una mano al prossimo. Una coppia che fu peraltro, per anni, in contatto con Madre Teresa di Calcutta e con Padre Anthony Elenjimittam, ultimo discepolo vivente del Mahatma Gandhi, alle cui missioni elargirono gran parte del loro patrimonio.
Si recarono in India, a Puttaparthi, sino in età avanzata, 90 anni Oscar e 80 Gegè. E puntualmente, pur fra una marea di devoti in attesa di uno sguardo dal Maestro, furono ricevuti in udienza privata.
Oscar, uomo sensibilissimo, mi raccontò che confidò a Sai Baba che avrebbe voluto morire prima della moglie, perché non avrebbe sopportato il dolore della sua scomparsa. Fu allora che Sai Baba predisse loro che sarebbero morti l'uno a distanza di due soli giorni dall'altra. Prima sarebbe morto Oscar e successivamente Gegè.
La scena mi commosse molto.
Ricordo inoltre ancora con affetto quando - conoscendo la mia golosità - Oscar mi ricopriva letteralmente di dolciumi e Gegè, pur non essendo consigliabile per la sua salute, ne approfittava per mangiarne in quantità.
Volevo molto bene a Gegè ed Oscar, che per me erano come dei nonni ai quali confidavo veramente tutto e fu un duro colpo quando appresi della loro morte.
Il Messaggero Veneto di Pordenone del 10 gennaio 2006 titolava, a tutta pagina:
"Muore di dolore due giorni dopo il marito. Gerarda Cesarini e Oscar Martino sono rimasti legati fino all'ultimo da un'incredibile storia d'amore". Nell'articolo, ovviamente, si parlava anche di Sai Baba e della sua previsione e di come la coppia fosse a lui legata.
Persino il prete, in Chiesa, nonostante Sai Baba sia fortemente criticato ed osteggiato dalla Chiesa cattolica, si prodigò in elogi nei confronti di questo particolarissimo Maestro indiano dalla folta e curiosa capigliatura.
Sai Baba, lungi dall'essere un fenomeno da baraccone o un santone mediatico, è universalmente noto per la sua opera umanitaria e nel campo del sociale: dalla costruzione di ospedali nei quali si eseguono interventi sofisticatissimi e a titolo completamente gratuito (come il Super Speciality Hospital di Puttaparthi e quello di Whitefield, entrambi inaugurati alla presenza del Primo ministro dell'India) a scuole, centri di accoglienza per indigenti, e numerosi progetti finalizzati a rendere potabile l'acqua nei villaggi rurali e nelle regioni limitrofe ove vi è siccità.
Dagli anni '60 ad oggi, numerosissimi studiosi, abbiamo detto, hanno cercato di approfondire la realtà di Sai Baba.
Su di lui sono stati scritti numerosissimi testi e notiamo come anche gli studiosi più critici, alla fine, si sono convinti che questo curioso Maestro indiano ha qualche cosa di profondamente mistico.
Pensiamo ad esempio al prete cattolico Don Mario Mazzoleni che, partito per Puttaparthi per fare un inchiesta per conto dell'Osservatore Romano, finì per convertirsi al credo di Sai Baba, tanto che venne scomunicato.
Oppure al già citato psicologo Giancarlo Rosati, forse il più prolifico nello scrivere e nel descrivere il fenomeno Sai Baba, tanto che egli lo accosta al Cristo Cosmico annunciato da Gesù nel Vangelo di Giovanni, ma anche al Kalki Avatar, l'ultima incarnazione divina descritta dai Veda.
Invero, Rosati, porta a sostegno di queste affermazioni una serie di coincidenze: il Vishnu Purana annuncia che il Kalki Avatar nascerà nell'India del Sud, in un territorio bagato da tre mari, nel villaggio dei coni o termitai (e Puttaparthi corrisponde esattamente a questa descrizione n.d.a.) e vivrà sino a 95 anni (Sai Baba ha annunciato che vivrà sino a quell'età).
Inoltre nell'Apocalisse di Giovanni il Cristo Cosmico è chiamato “Fedele” e Verace. E guarda caso il nome di nascita di Sai Baba è Satya Narayana, che in sanscrito significa appunto “Fedele” e “Verace”.
Andando oltre, possiamo notare cone il grande mistico indù Sri Aurobindo, il 24 novembre del 1926, un giorno dopo la nascita di Sai Baba, fece l'annuncio che quella notte il Divino si era incarnato portando con sé tutti i poteri divini: l'Onnipotenza, l'Onniscenza e l'Onnipresenza.
Maometto, il fondatore dell'Islamismo, fra le sue profezie, fece la descrizione di quello che chiamò El Mahdi Maoud o il Maestro del mondo. E lo descrisse distintamente: “La sua chioma sarà folta, i capelli neri giungeranno fino alle spalle. Le sopracciglia si uniranno al centro della fronte, che apparirà ampia. Il naso sarà dritto e avrà un infossamento alla radice. Avrà un neo sulla guancia e non porterà mai la barba. I denti centrali saranno separati e allontanati tra di loro. I suoi occhi saranno neri e pungenti. Il suo corpo sarà minuto e le sue gambe saranno quelle di un adolescente. Indosserà due abiti color fiamma, l'uno sopra l'altro (....). Materializzerà piccoli oggetti con la mano (…). Egli vivrà fino a 95 anni.”
Qui, guarda caso, la descrizione fisica è addirittura soprendentemente identica a quella di Sai Baba: dalla chioma sino ai tratti somatici, passando per la bassa statura (Baba è alto all'incirca 150 centimentri) e la materializzazione di oggetti.

Sai Baba, materializza, in primis, una curiosa cenere profumata, chiamata vibhuti.
La vibhuti, secondo l'iconografia indù, è attribuita al Dio Shiva, che la porta sulla fronte e su altre parti del corpo a rappresentare l'immortalità dell'anima.
Sai Baba ne materializza in quantità, unicamente per mezzo del palmo della sua mano che agita in senso orario, così, dal nulla. La dona ai devoti più bisognosi ed essa ha proprietà spesso miracolose, per così dire.
Ora, sappiate che chi scrive – per indole caratteriale – è a prescindere uno scettico. Purtuttavia ho avuto modo di applicare una sola volta della vibhuti sulla zampina malata della mia gattina, che anni fa soffriva di un incurabile tumore, visibilissimo e purulento. Dopo un paio di giorni il tumore le si era completamente riassorbito e quindi scomparso, con grande sorpresa mia e del veterinario.
Questo è solo un banalissimo caso accadutomi personalmente, ma nelle pubblicazioni dedicate a Sai Baba (edite in Italia dalle Edizioni Milesi) se ne trovano a bizzeffe e di molto toccanti.
Sai Baba ha fatto inoltre numerose profezie per gli anni a venire, come quella che - a partire dal 2015 – ci sarà un ritorno all'Età dell'Oro, di pace e prosperità, che dovrebbe avere il suo apice attorno al 2021, anno della morte prevista per Sai Baba stesso.
Numerosissime altre cose ci sarebbero da dire su questo Maestro spirituale che afferma con candore: “Io sono Dio, ma lo sei anche tu”, ma, forse, l'unico modo per comprendere davvero la sua realtà spirituale è quella di accostarsi al Divino, nella forma in cui ciascuno si riconosce maggiormente e continuare a ricercare, entro sé stessi, quella scintilla divina che rende ciascuno di noi – quotidianamente - davvero speciale.

Luca Bagatin

Anche in Ungheria si attaccano i diritti dei lavoratori. Pronte mobilitazioni. Articolo di Luca Bagatin tratto da Alganews del 13/12/2018

L’Ungheria, come molti Paesi dell’Est europeo – dal crollo del Muro di Berlino ad oggi – ha attuato politiche via via sempre di maggiore deregulation del mercato del lavoro. Non a caso proprio in questi Paesi, dagli Anni ’90 ad oggi, vengono delocalizzate gran parte delle imprese europee e non solo.
Deregulation che ha aumentato il divario fra ricchi e poveri, fra sfruttatori e sfruttati.
Deregulation che è ormai il leitmotiv tanto amato dall’Unione Europea e dai cosiddetti “mercati”, che hanno applaudito i vari “Jobs Act” del Pd, le “Loi Travail” di Hollande-Macron e così via.
Tornando all’Ungheria: addio kadarismo degli anni in cui fu guidata dal leader comunista Janos Kadar, ecco arrivato il liberal capitalismo, da tempo, negli ultimi decenni, in salsa orbanista.
Ecco che Viktor Orban e la maggioranza elettoralistica del Parlamento ungherese contribuisce ancora una volta a distruggere quei pochi diritti dei lavoratori rimasti: con 130 voti contro 52 è stata approvata una riforma del codice del lavoro che prevede l’innalzamento a 400 ore straordinarie – contro le 250 previste – che i datori di lavoro potranno chiedere ai loro dipendenti. Legge peraltro molto permissiva per quanto riguarda il pagamento delle stesse, prolungando a tre anni il tempo che le aziende avranno per poterle pagare, rispetto ad un anno previsto dalla legislazione precedente.
Lajos Kosa, deputato del partito governativo FIDES ha così difeso la legge: “Coloro che vogliono guadagnare di più lavorando di più, ne avranno la possibilità”.
I sindacati ungheresi sono intanto sul piede di guerra e pare che oltre l’80% degli ungheresi sia contrario a tale nuova legislazione.
Il Partito Operaio Ungherese (Magyar Munkàspàrt), erede del Partito Comunista Ungherese (dovette cambiare nome nel 2013, in quanto una legge ha vietato l’uso del termine “comunista”) – guidato da Thurmer Gyula e che il 9 dicembre scorso ha celebrato il suo 27esimo congresso – è il partito di opposizione più determinato e si è infatti detto vicino ai sindacati e con essi intende manifestare. Il partito di Gyula con Orban condivide unicamente la politica anti-immigrazione, pur per ragioni differenti. Il Partito Operaio Ungherese ritiene infatti che essa sia una minaccia per la crisi economica, sociale e culturale , conseguenza del capitalismo e dell’idelogia liberale.

Luca Bagatin

Nadia Zellal dei Gilet Gialli: "Abbiamo già vinto". Articolo di Luca Bagatin tratto da Alganews dell'11/12/2018

E’ un movimento popolare, populista nel senso migliore e originario del termine. Si contrappone all’austerità imposta dal cosiddetto “governo dei ricchi”, ovvero il governo Macron-Philippe, con le sue politiche in linea con la visione globalista e liberal capitalista della crescita illimitata, dell’immigrazione incontrollata, del taglio ai servizi pubblici, della precarietà lavorativa e delle privatizzazioni, tanto volute dall’Unione Europea, mai votate o decise da nessun cittadino europeo.
E’ un movimento senza leader, che nasce dal basso e che ha raccolto persone di ogni orientamento politico e da ogni parte della Francia, ottenendo l’80% del sostegno popolare.
Sorto a metà novembre, in opposizione alle imposte sul carburante, quello dei Gilet Gialli ha, mano a mano che i giorni passavano e le manifestazioni si susseguivano, elaborato una vera e propria piattaforma programmatica che va dall’aumento dei salari sino all’abbassamento dell’età pensionabile; dall’aumento dei fondi per la disabilità sino alla lotta alla povertà e all’introduzione della democrazia partecipativa e a molto altro.
Un movimento trasversale, che spaventa i governi oligarchici, abituati ad avere a che fare con le destre, i centri, le sinistre. Non con i popoli, le persone, le periferie. Gli esseri umani pensanti.
Abbiamo voluto intervistare alcune persone, chiedere le loro impressioni sull’attuale situazione in Francia, sul movimento dei Gilet Gialli e che cosa li ha spinti a sostenerlo e a partecipare alle manifestazioni.
Nadia Zellal, classe 1984, vive a Marsiglia. Si definisce comunista e progressista. “All’inizio del movimento, la nostra lotta era incerta, il nostro Presidente ha usato le divisioni per governare meglio, ma questo movimento ha portato alla luce un insieme di persone di tutti i ceti sociali, che sostengono la stessa lotta per “una vita decente”. Attualmente questa lotta è praticamente vinta”.
Cosa pensi del movimento dei Gilet Gialli e che cosa ti ha motivato a partecipare alle manifestazioni? Le chiedo.
“È un movimento apartitico, quindi senza leader. Ciascuno milita come desidera, secondo le sue convinzioni, le sue disponibilità e i suoi desideri. Sono stata motivata a partecipare alle manifestazioni a causa del grande divario tra i ricchi, che diventano sempre più ricchi, e i poveri che diventano sempre più poveri”.
Dany Colin è un cineasta di origine congolese, appassionato studioso del cinema di Pasolini. Si definisce “militante sovranista del popolo francese e africano”. “La povertà sta dilagando anche fra le classi medie e le differenze di classe stanno aumentando” – ci racconta – “Stiamo gradualmente assistendo a uno sconvolgimento dei modelli politici dominanti nel pensiero del popolo francese. Il movimento dei Gilet Gialli esprime tale rabbia e questa frustrazione legittima ha la particolarità di non avere un capo preciso, né un sindacato , né un partito alla sua testa. I media e la società dello spettacolo, per neutralizzare il movimento, fanno affidamento sulla sua frangia reazionaria che vuole solo riadattare il consumismo e il capitalismo per loro stessi. Mi auguro che tale movimento non rimanga solo un semplice grido di rabbia, ma possa estendersi a dimensioni politiche più pragmatiche”.
Fra i sostenitori dei Gilet Gialli anche dei militanti e attivisti della CGT, ovvero la Confederazione Generale del Lavoro, uno fra i maggiori sindacati francesi. Camarade B. – che preferisce essere chiamato così e non rivelare il suo nome – è proprio un attivista sindacale della CGT, il quale si definisce politicamente populista e ritiene che sia molto positivo che “la gente si ribelli contro il governo di Macron e che lo faccia un movimento che ha saputo federare persone oltre le divisioni sinistra/destra e abbia unito i francesi affrontando nemici comuni. Io sono dalla parte delle persone e quindi mi sento parte di questo movimento. C’è la volontà di abbattere questa oligarchia e ciò mi spinge a manifestare”.
Sull’argomento è intervenuto anche David L’Epée, cittadino svizzero ma redattore della rivista francese bimestrale di approfondimento politico, culturale e scientifico “Eléments”, fondata dal filosofo Alain De Benoist.
Anche David ritiene che “Il governo non è caduto sabato 8 dicembre come alcuni speravano, ma è solo una partita rimandata. Il movimento ha già vinto in quanto, pur aggrappato al suo potere, Macron non ha potuto evitare il deterioramento della situazione e l’esasperazione dei conflitti. Anzi, è il primo responsabile per questa escalation”.
Gli chiedo che cosa ne pensi del movimento dei Gilet Gialli, se li appoggi e come egli si definisca politicamente.
“Appoggio con entusiasmo questo movimento, ma non mi considero un Gilet Giallo perché non sono francese, ma svizzero.
Personalmente sono andato a Parigi per sostenere i miei compagni presenti in loco e in solidarietà con il popolo francese, che soffre terribilmente dalla crisi sociale causata dal suo governo e merita un destino diverso.
Mi definisco un “elettrone” libero, lontano da qualsiasi partito. Ad ogni modo gli ideali che mi animano sono il socialismo, il patriottismo e la democrazia diretta”.
Di parere simile anche Louis Alexandre, redattore della rivista socialista rivoluzionaria “Rébellion”, che alle Presidenziali di un anno e mezzo fa invitò gli elettori all’astensione, giudicando tutti i candidati come parte del medesimo “sistema”.
Per Louis “La Francia popolare e periferica ha sofferto a causa dell’abbandono e del disprezzo delle élite. Lasciando a se stesse intere aree del territorio”.
Cosa ne pensi del movimento dei Gilet Gialli – gli chiedo – Ti senti parte di esso ?
“I Gilet Gialli sono l’espressione di una rottura. La rottura della gente in relazione all’oligarchia. Facendo parte dalle classi più popolari, mi sento totalmente parte di esso.
Sono un socialista rivoluzionario europeo, ovvero sostengo la comunità popolare, la giustizia sociale e una più ampia autonomia”.
Da Macron, criticato pesantemente anche da chi lo aveva in un primo momento sostenuto, come l’economista Jean-Paul Fitoussi, che lo accusa di non conoscere il suo Paese e di aver favorito solamente le classi agiate, arrivano intanto i primi “mea culpa” e le prime autocritiche. Il movimento dei Gilet Gialli ha colpito nel segno.

Luca Bagatin

sabato 8 dicembre 2018

Patrimoniale per i super ricchi: pregi, limiti, alternative. Articolo di Luca Bagatin

E' Professore della City University di Londra e, nel suo ultimo saggio - Commodity: The Global Commodity System in the 21st Century - individua nell'accumulo della ricchezza di pochi, la ragione principale della crisi economica globale.
Photis Lysandrou propone dunque l'introduzione di una tassa patrimoniale da far pagare ai ricconi del Pianeta, introducendo – attraverso un apposito organismo internazionale, composto da esperti fiscali nominati dai governi nazionali - una imposta sulla ricchezza globale per i patrimoni superiori ai 30 milioni di dollari.
Una imposta che egli ritiene necessaria per far pagare la crisi ai suoi diretti responsabili, ovvero ai ricchi o, quantomeno, ai super ricchi.
Il Professore osserva che oggi 21mila miliardi sono nelle mani di appena 145mila persone e la gran parte è sotto forma di azioni ed obbligazioni. Da un lato, in sostanza, c'è stata una concentrazione di ricchezza, mentre dall'altro, con i salari dei lavoratori dipendenti rimasti bloccati, c'è stata una dispersione e, secondo il Professor Lysandrou, senza una tale dispersione, non sarebbe stato necessario inventarsi i cosiddetti mutui subprime, una delle principali cause della crisi economica mondiale dal 2007 in avanti.
Egli ritiene dunque che un’autorità fiscale globale sarebbe solo un primo passo, pur piccolo, per ribaltare le ineguaglianze in termini di reddito e di ridistribuzione della ricchezza.
Egli ritiene che uno dei principali problemi sia la differenza fiscale fra Paese e Paese all'interno dell'Unione Europea, mentre, se ogni singolo Stato avesse il medesimo regime fiscale, non vi sarebbe più concorrenza fiscale fra i Paesi e dunque le multinazionali non avrebbero più la possibilità di investire in quelle realtà ove le aliquote sono più basse e, dunque, ad esse favorevoli.
Analisi interessante e suggestiva quella del Prof. Photis Lysandrou, per quanto si tratti di una analisi che non supera affatto il sistema capitalista, ma, ancora una volta, lo sdogana e lo accetta, senza riserva alcuna. Una proposta, in sostanza, non di radicale risoluzione al problema dell'accumulo della ricchezza mondiale, che è causato dall'unico sistema che genera automaticamente crisi di ogni tipo: economica, umana, civile, sociale, ambientale, migratoria, ovvero il sistema capitalista, che sdogana l'egoismo umano e tutti i suoi più bassi istinti, in un crescendo senza fine.
Il sistema riformista, keynesiano o di redistribuzione del reddito, ad oggi, in sostanza, non ha portato ad alcun risultato concreto, se non l'illusione che qualcuno possa essere un po' meno povero e qualcun altro leggermente meno ricco e ciò a tutto vantaggio, unicamente, del sistema consumista, del mercato e della cosiddetta crescita, che altro non è che concorrenza fra le persone, distruzione dell'ambiente, distruzione dei rapporti sociali e civili.
Il capitalismo, in sostanza, non può essere riformato, in quanto è un cancro sin dall'origine. Un cancro che andrebbe asportato, attraverso misure di condivisione della ricchezza, abolizione della schiavitù del salario e del lavoro. Permettendo ai lavoratori di diventare proprietari del proprio lavoro e di produrre quel tanto che necessita al fabbisogno di un Paese e della propria comunità.
Ciò, proprio attraverso le nuove tecnologie, messe gratuitamente a disposizione della comunità – in modo del tutto open source, come si direbbe oggi – darebbe la possibilità a tutti non solo di lavorare il giusto e quindi meno, ma anche di condividere i frutti del proprio lavoro con la comunità intera nella quale si vive, avvicinando così le persone – oggi diffidenti e divise da barriere culturali e sociali dettate dall'ego e dall'accumulo di ricchezza - fra loro.
Certo, a quel punto, non esisterebbero molto probabilmente più né azioni né obbligazioni; né multinazionali (che andrebbero messe al bando); né ricchi da tassare, né poveri da sfruttare, ma persone in un sistema democratico ed egualitario.
Chissà cosa ne penserebbe il Prof. Lysandrou in merito.

Luca Bagatin

mercoledì 5 dicembre 2018

L'ex Vicepresidente dell'Ecuador Jorge Glas in sciopero della fame da oltre 40 giorni: "Sono un prigioniero politico". Articolo di Luca Bagatin

Sta conducendo, da oltre 40 giorni, uno sciopero della fame in quanto nel carcere ove è stato trasferito non può ricevere le cure mediche necessarie per le sue patologie croniche (gastrite, spondilite anchilosante e ipertensione).
Stiamo parlando di Jorge Glas, ex Vicepresidente dell'Ecuador, arrestato nell'ottobre 2017 e condannato a sei anni di carcere con l'accusa di aver ricevuto tangenti dalla multinazionale brasiliana Odebrecht, per assicurarsi l'attribuzione di contratti pubblici nel Paese. Nessuna prova concreta e Glas si è sempre dichiarato innocente, al punto di aver sempre dichiarato di avere fiducia nella giustizia.
Un nuovo caso Lula, se pensiamo che Glas è stato per anni il simbolo della Rivoluzione Cittadina portata avanti dall'ex Presidente socialista Rafael Correa, del cui governo fu ministro e vicepremier, il quale ha contribuito a risollevare le sorti del Paese, renderlo libero dall'imperialismo straniero, abbattendo la povertà, l'analfabetismo, lottando per i diritti civili e includendo i cittadini nel processo politico e sociale.
Glas fu, per un breve periodo, anche Vicepresidente del nuovo governo socialista guidato da Lenin Moreno, eletto nel maggio 2017, sino a quando questi tradì il suo mandato con gli elettori e con il partito Alianza Pais e iniziò a smantellare le conquiste sociali e civili della Rivoluzione Cittadina.
Da allora i rapporti con Glas si incrinarono e Moreno sospenderà Glas dalle sue funzioni nell'agosto 2017, con l'accusa di corruzione.
Jorge Glas è stato trasferito, dall'ottobre scorso, in un carcere di Quito di massima sicurezza ove la sua salute si è deteriorata e in condizioni che il suo avvocato, Eduardo Franco Loor, ha definito "deplorevoli e disumane".
Glas, che si definisce un prigioniero politico - trasferito in un carcere di massima sicurezza per umiliarlo e senza alcuna altra spiegazione - ha iniziato da allora uno scopero della fame che ha ormai superato il suo 45 esimo giorno e che sta rischiando di costargli la vita.
Glas ha fatto appello all'ONU, alla Santa Sede, alla Corte Interamericana, alla Corte dell'Aia e alle organizzazioni per i diritti umani affinchè intervengano nel suo caso e al fine di essere riportato nel carcere precedente, di minima sicurezza, ove possa essere curato.
E' di questi giorni anche l'appello dell'ex Presidente dell'Ecuador Rafael Correa in suo sostegno e di denuncia dell'attuale situazione intollerabile nella quale versa Jorge Glas. Correa punta in particolare il dito contro Lenin Moreno e l'attuale governo, quale principale causa di quanto sta accadendo a Glas, il quale è ancora in attesa di un ricorso in Cassazione con il quale i suoi avvocati potranno dimostrare le irregolarità del processo contro di lui.
Solidarietà all'ex Vicepresidente Glas è arrivata anche da numerosi esponenti politici e intellettuali latinoamericani, i quali hanno indetto una petizione in suo sostegno.

Luca Bagatin




L'appello di Rafael Correa  

martedì 4 dicembre 2018

Gilet Gialli: un movimento dal basso con un programma di governo populista e socialista. Articolo di Luca Bagatin

E' probabilmente il primo movimento di protesta e di proposta nato dal basso in Francia e in Europa in epoca odierna. Quello dei Gilet Gialli è forse oggi l'unico movimento che si contrappone proprio a quell'Europa autoreferenziale e delle élite economiche abituate a imporre misure di austerità e a incoraggiare una crescita economica - che non è affatto illimitata - e a deregolamentare un mercato sempre più dannoso. Dannoso per i lavoratori, i quali sono costretti a svendersi e per i disoccupati che il lavoro non lo trovano affatto; dannoso per quelle piccole e medie imprese che non sono in grado di tenere il passo della globalizzazione, ovvero del capitalismo assoluto e infine dannoso per i cittadini, bombardati dal consumismo e dalla pubblicità commerciali, che li ha resi nuovi automi in balia del sistema economico-commerciale (il famoso trinomio "produci-consuma-crepa").
E così, un movimento sorto spontaneamente in opposizione all'aumento del carburante imposto dal governo Macron-Philippe, è diventato molto di più. Con l'80% dei consensi popolari e recentemente sostenuto da filosofi del calibro di Jean-Claude Michéa e di Alain De Benoist, i Gilet Gialli hanno rivendicato numerose proposte sociali. Un vero e proprio programma di governo autenticamente populista e socialista, potremmo dire. Un programma che consta di vari punti, qui riassunti: richiesta di un salario minimo di 1300 euro netti e di uno massimo a 15.000 euro; aumento dei fondi per i disabili; taglio delle tariffe di luce e gas, con rinazionalizzazione delle società energetiche; lotta alla povertà e eliminazione del problema dei senzatetto; abolizione del Senato e introduzione di una Assemblea dei cittadini; riduzione delle imposte sul reddito e inasprimento delle tasse sulle grandi imprese commerciali (McDonald, Google, Carrefour, Amazon); proibizione delle delocalizzazioni; affrontare le cause della migrazione forzata; divieto di vendita del patrimonio pubblico francese; mezzi adeguati alle forze di polizia e all'esercito, con straordinari pagati; pensioni a 60 anni; introduzione dei referendum popolari in Costituzione; abolizione dell'indennità Presidenziale a vita e altre misure che, ad oggi, nessun partito né della destra, né del centro, né della sinistra, ha mai proposto o attuato. Sia in Francia che in Europa.
Anche per questo i Gilet Gialli, pur sostenuti e "corteggiati" sia da Marine Le Pen che da Jean-Luc Mélenchon, oltre che dal maggior sindacato francese, ovvero la CGT, rifiutano di identificarsi con qualsivoglia partito o movimento politico e vogliono mantenersi civici e del tutto indipendenti.
Pur con tentativi di infiltrazione violenta e con tentativi di screditarli da parte delle élite politiche e talvolta mediatiche, il movimento del Gilet Gialli incassa ad ogni modo la sua prima, per quanto parziale, vittoria sul governo francese. Il Primo Ministro Edouard Philippe ha infatti annunciato una moratoria di alcuni mesi sull'aumento delle tasse sui carburanti. Moratoria che dovrebbe essere accompagnata da altre misure di pacificazione nei giorni seguenti.
Poco, molto poco, come afferma Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, che definisce il governo "non all'altezza delle attese e delle precarietà in cui si dibattono i francesi".
Ad ogni modo i Gilet Gialli intendono nuovamente scendere in piazza sabato prossimo.
Il governo Macron-Philippe, che oggi gode di appena il 25% di popolarità e che già è stato eletto da una minoranza del Paese nel 2017 (il 18% netto circa dei consensi, in quanto molte sono state le astensioni e i voti alla Le Pen e a Mélenchon), non può non tenere conto del fatto che non è possibile governare senza il sostegno popolare.
Questa è la democrazia.

Luca Bagatin

domenica 2 dicembre 2018

"Superare il sistema del danaro". Riflessione breve di Luca Bagatin

Il problema è il salario o, meglio, il danaro.
Lo hanno capito i situazionisti di Guy Debord, che si battevano contro il salario e, infatti, per l'abolizione del danaro, che è strumento di schiavitù e alla base di ogni prostituzione.
Ad oggi il lavoro salariato è infatti una forma di prostituzione. È la forma primaria di prostituzione. E' una forma di compravendita, infatti: io metto in vendita il mio tempo e il mio lavoro e lo metto a disposizione di qualcun altro.
Non sono libero di gestire il mio tempo e il mio lavoro, cosa che sarebbe possibile superando il capitalismo e abolendo il danaro, attraverso una economia del dono e reintroducendo aspetti legati al baratto. Senza interesse (economico, egoistico), solo per il bene del proprio prossimo e, dunque, della comunità di cui tutti facciamo parte. Produci ciò che consumi. Il resto lo redistribuisci o lo scambi.
Nell'attuale situazione capitalistica, purtroppo, essendo il danaro necessario, tutti quantomeno dovrebbero avere un reddito. O stampando danaro, oppure obbligando chi è ricco e ha il danaro a fornire un reddito a chi non lo ha.
Il capitalismo - che esiste in quanto sdogana l'egoismo umano e grazie al sistema dell'accumulo e del danaro - favorisce la ricchezza di pochi e garantisce lo sfruttamento di molti, purtroppo.
Questo, al lettore medio, potrebbe forse apparire un discorso di sinistra.
Purtuttavia, personalmente, non potrò mai dirmi di sinistra, in quanto la sinistra - in Europa - ha sempre coperto il fianco dei liberali e dei capitalisti ed è fondamentalmente moralista e borghese, sin dalla sua nascita ai tempi della borghese Rivoluzione Francese.
Non potrò ad ogni modo mai dirmi di destra perché, benché i miei valori siano conservatori, non amo né i ricchi né le gerarchie, e penso che entrambi tali aspetti non dovrebbero esistere in un mondo che voglia essere democratico, ovvero autogestito dal basso, in modo egualitario.
Sono dunque un socialista originario, direi, piuttosto. Utopista nei limiti del fatto che, se esiste il sentimento, non esiste alcuna utopia, ma semplice realtà e volontà del cuore. La volontà dell'amore unita alla libertà.

Luca Bagatin