Le elezioni legislative francesi rilevano dati importanti.
Innanzitutto sul fronte dei programmi.
Le tre maggiori coalizioni che si sono confrontate, Rassemblement National (destra lepenista), Nuovo Fronte Popolare (coalizione social-comunista e ecologista) e Ensemble (liberali macronisti), avevano – anche se con sfumature diverse – tutte e tre programmi incentrati sul sociale.
Ovvero su alcuni dei temi sollevati dal movimento cittadino dei Gilet Gialli.
La destra ha proposto la revisione della macellaia riforma delle pensioni voluta da Macron, il taglio dell'IVA su carburanti e energia e il taglio del cuneo fiscale; la sinistra, oltre alla cancellazione della riforma delle pensioni, il blocco dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari e l'aumento del salario minimo; persino i liberali di Macron, che in questi anni di governo hanno attuato riforme di macelleria sociale, proponevano un ampliamento dei bonus sociali e il taglio del cuneo fiscale per i salari bassi.
In generale le proteste dei Gilet Gialli e lo spirito combattivo dei francesi e dei loro sindacati – per nulla deboli o concilianti con la classe padronale e politica – hanno dimostrato di aver profondamente inciso sullo spirito dei programmi delle forze politiche francesi.
Praticamente l'opposto di quanto accade in Italia, ove le proteste sono da decenni minime e ove il malcontento nei confronti della classe politica – tutta uguale e tutta ugualmente lontana dalle necessità dei cittadini - si manifesta unicamente con un pur legittimo astensionismo di massa.
Altro dato interessante è la netta sconfitta della coalizione liberale di Macron, che, con il 20%, può iniziare il suo lento, ma inesorabile declino.
Hanno pesato, su questo dato, certamente due fattori. Le già citate politiche di macelleria sociale, ampiamente contestate dalla stragrande maggioranza dei cittadini francesi e una politica estera irresponsabile e bellicista.
Da dire che, sul fronte della politica estera, nessuna delle tre grandi coalizioni si discosta eccessivamente dal servilismo nei confronti dell'irresponsabile amministrazione statunitense retta da Biden.
La destra lepenista si discosta dal macronismo unicamente in quanto esclude l'invio di truppe francesi in Ucraina; mentre la sinistra, quantomeno, vuole lavorare sul fronte della diplomazia e la ricerca della pace.
I risultati parlano da soli: una destra lepenista al 33%, che comunque difficilmente, almeno a mio parere, riuscirà ad ottenere la maggioranza assoluta al secondo turno, vista la tradizione antifascista del popolo francese. Una sinistra neo-frontista che, pur fra mille equilibri e compromessi, è riuscita a compattarsi e a ottenere un dignitoso 28%.
La vera buona notizia, per tutti, è la fine inesorabile del macronismo, che ha distrutto la Francia, sotto il profilo sociale e democratico, dal 2017 ad oggi.
Rimangono interessanti, almeno a mio parere, le prospettive di quella sinistra repubblicana, laica, gollista, bonapartiste e sociale, provenienti dalla piccola coalizione “Nous le Peuple”, che ha scelto di non stare con nessuna delle tre coalizioni e che alle scorse europee ha raccolto 14.000 voti.
Spesso, infatti, le idee migliori, sono delle minoranze con un bagaglio storico e culturale alle spalle, che non gettano il cervello all'ammasso e che si fondano su valori quali indipendenza, giustizia e ordine sociale e internazionale.
Indipendentemente dai consensi che possono raccogliere in termini elettorali.
Luca Bagatin
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