Moana Pozzi e Maria Elena Boschi.
Due donne affascinanti. Due pasionarie,
ciascuna a suo modo.
La prima un'ex attrice e pornodiva, poi
diventata intellettuale e politica, emancipatasi da Riccardo Schicchi
e dal mondo dell'hard attraverso il Partito dell'Amore. Un partito di
ispirazione garibaldina e cristiano-dionisiaca, come ricorda il suo
fondatore, Mauro Biuzzi, da me intervistato oltre un anno fa. Non
certo il partito delle pornostar, ma un partito di libertà ed
emancipazione civile, umana e sociale.
La seconda è una giovane ministra,
senza un background politico alle spalle, ma proprio per questo
potenzialmente nuova icona della politica italiana, come ho scritto
più e più volte, paragonandola anche ad una possibile novella Anita
Garibaldi (vista anche la sua passione per il colore rosso), se solo
si emancipasse dal patriarca Matteo Renzi, figlio di una politica
vecchia e stantìa, figlio dei De Mita, lontano anni luce
dell'emancipazione e dai diritti civili e sociali di cui un'eroina di
sinistra o di estremo centro (collocazione politica naturale del
Partito dell'Amore) dovrebbe invece essere simbolo. Come lo è stata
Anita e come lo è stata Evita Peron e la stessa Moana.
I soliti idioti dei media o dei
social-media, paragonano Maria Elena Boschi a Moana Pozzi. Il che,
francamente, non dovrebbe essere visto come un insulto. Né per
l'una, né per la memoria dell'altra, alla quale, peraltro, dedicai il
mio ultimo saggio “Ritratti di Donna” (Ipertesto Edizioni), che tratta anche di
aspetti politici e del mito junghiano della Donna Selvaggia.
E, peraltro, tramite un amico che
lavora a Montecitorio, feci anche in modo di regalarne una copia alla
signora Boschi, con tanto di dedica: “L'unico ritratto di donna
ancora mancante”.
Ecco, io credo e continuo a credere che Maria Elena Boschi potrebbe diventare una nuova icona di amore e
di libertà. Di freschezza femminile e, non a caso, oggetto di
invidia e di invettive sterili da parte di tutto il marciume della mediaticità nostrana, fatta di
selfie, twitterate, wattsappate, facebukkate e tutto il
caravanserraglio para-tecnologico socialmente involutivo di oggi.
Moana, passata dall'essere una diva
all'americana e diventata leader di una piccola ma agguerrita
formazione (anti)politica, seppe incarnare pienamente il mito
junghiano della Donna Selvaggia: una donna libera e liberata dai
condizionamenti tipici dell'(in)cultura patriarcale, sessista,
disumanitaria, libera dai condizionamenti dei media, dell'economia,
della pubblicità commerciale e della mercificazione dei corpi e
delle menti.
Maria Elena potrebbe, potenzialmente,
da ministra renziana, emanciparsi dal renzismo, dal culto di una
personalità poltica senza costrutto, di una politica vecchia e
stantìa che le sta facendo perdere ogni possibile credibilità,
diventare un'icona della nuova Donna Selvaggia e di un'ideale
Repubblica dell'Amore: fondata sui diritti di libertà e sulla
felicità, contro la non-Repubblica dell'odio e della disoccupazione
endemica.
E' quanto scrivo ed affermo da parecchi
mesi, anche nelle interviste di presentazione del mio saggio
“Ritratti di Donna” e nell'ambito del mio movimento “Amore e Libertà”. Penso che il futuro, per molti versi, mi darà ragione.
Luca Bagatin
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