Ipazia
fu, per l'Antichità, l'equivalente al femminile di Giordano Bruno.
Fu una martire del libero pensiero. Fu una filosofa uccisa dal
fanatismo religioso – tema di strettissima attualità, peraltro –
del IV-V secolo d.C.
A Ipazia, Enza
d'Alonzo - editore della “Gaia Scienza” - assieme a Giuliana Tomasicchio e a Francesca Ferri, ha dedicato una nuova associazione
interculturale tutta al femminile: la “Società delle Donne di
Ipazia”, appunto.
Il
Manifesto dell'associazione è molto interessante, sia sotto il
profilo culturale che politico-ideale.
E'
un'associazione che si richiama innanzitutto ad Alain de Benoist,
l'intellettuale francese fondatore della Novelle Droite, la Nuova
Destra, ovvero un connubio fra tematiche tipiche della destra,
ecologismo, socialismo e comunitarismo. Una chiave di lettura, che,
in sostanza, definirei de-ideologizzata ed alternativa alle ideologie
tipiche del Novecento, che hanno voluto dividere il mondo in blocchi
contrapposti.
Il
Manifesto delle Donne di Ipazia propone, dunque, una Cultura Felice,
ovvero una rivoluzione culturale che abbraccia il multiculturalismo,
ma a partire dalla valorizzazione della propria intima ed orgogliosa
identità.
Molteplici
sono le tematiche trattate dal Manifesto, che vanno dalla
valorizzazione della famiglia (con una forte critica agli abusi di
certi servizi sociali), sino al riconoscimento delle unioni civili di
coppie etero ed omosessuali. Tematiche che vanno a toccare anche
laecondizione dei detenuti nelle carceri - in particolare delle madri
detenute - sino ai diritti di cittadinanza per gli stranieri ed alla
valorizzazione del patriomonio artistico ed ambientale del nostro
Paese.
Un'associazione
che, in sostanza, come enunciato nelle premesse del Manifesto stesso,
guardi all'affratellamento dei popoli, ad una società più giusta
e più umana, diversamente moderna, attenta ai diritti della donna e
dell'uomo in un rapporto non più conflittuale.
In
questo senso ho voluto proporre un'intervista amichevole alla
fondatrice dell'Associazione, ovvero a Enza D'Alonzo.
Luca Bagatin:
Bene Enza, prospettive ambiziose quelle
della Società delle Donne di Ipazia. Ma, dimmi, come nasce l'idea di
fondare un'associazione di donne e, peraltro, di dedicarla ad Ipazia,
personaggio spesso dimenticato?
Enza D'Alonzo: Ipazia, è stata martire del chiuso e becero bigottismo fanatico della sua epoca. Figura di spicco, ed ahinoi, poco conosciuta oggi, era - per dirla con termini moderni - una " dura" che andava di villaggio in villaggio per far conoscere il suo messaggio filosofico, progressista e anticlericale.
Avvolta
nel suo mantello nero, era instancabile nel portare avanti i suoi
ideali di libera pensatrice.
Donna
di indole fiera, di libero pensiero e vasta sapienza, rare doti
dell'epoca, specie per una donna; dovettero ammazzarla, torturarla e
strapparle gli occhi da viva per tentare di bloccare con la morte il
suo spirito indomito. Ignorando che una mente così elevata e
luminosa sopravvive sempre all’oscurantismo del suo tempo.
Le
"Donne d’Ipazia", si richiamano appunto, simbolicamente,
a questa splendida espressione di universo femminile: per forza,
grinta, determinazione, spirito creativo e innovativo.
Luca Bagatin:
Come dicevo vi ispirate allo scrittore Alain de Benoist ed alla
“nuova destra”. Come mai la necessità di rifarvi ad un certo
tipo di valori che, per molti versi, comprendendo ideali
apparentemente contrapposti (una visione di destra ed una visione
comunitaria/socialista), vanno di fatto oltre le ideologie?
Enza D'Alonzo: Perché le ideologie fanno morire l'azione. Il pensiero da cui scaturisce l'azione non può essere di destra o di sinistra e a volte langue e muore, consumandosi in salotti pseudo- intellettuali. In questo periodo storico le cose fanno dette...e fatte: in maniera giusta, concreta e solidale.
Perché
aiutare chi ha sogni infranti e incubi diurni, vuole semplicemente
significare: "al di là del bene e del male", al di là di
destra e sinistra, concentrati solo sullo scopo principale, cioè ciò
che è davvero giusto e doveroso fare.
Luca Bagatin:
Qual è, in sostanza, lo scopo (e/o gli scopi) primario (i) della
vostra associazione?
Enza D'Alonzo:
L’odierna società divide in maniera
manichea i buoni dai cattivi. I cattivi sono ovviamente gli ultimi, i
negletti, i paria. Le “Donne d’Ipazia” vogliono ridare la
speranza e la dignità dell'esistenza ai perdenti, ai più
sfortunati, a coloro che devono riabilitarsi, creando opportunità
concrete.
Intendiamo
portare avanti un forte impegno civile, con una specifica piattaforma
di servizi (centrati sull'utente) rivolti a tutti i cittadini
italiani e agli stranieri: dai percorsi di sostegno per le detenute
madri da reinserire nella società civile, alla tutela della
famiglia, dei minori, della donna, dei cosiddetti "cittadini
invisibili", ossia coloro i quali hanno perso casa, lavoro e
speranza, ma non la loro dignità.
Al progetto di una banca civile
per una micro-finanza etica, onde attuare un concreto piano di
sostegno e finanziamento etico alle famiglie già formate o in corso
di formazione, che versano in stato di difficoltà economica.
Uno
sportello di consulenza legale h24. Progetti territoriali e ridisegno
bio-culturale delle realtà urbane, sociali, turistiche,
ecoambientali, orti urbani, free energy, etc.. All’organizzazione
di eventi filantropici mirati, allo studio insomma di problemi e
soluzioni concrete per il miglioramento della qualità della vita. La
realizzazione di una Libera Università Interculturale.
All’ambizioso
progetto della prevenzione e assistenza sanitaria specializzata, con
la realizzazione di un Ospedale Sociale d’Ipazia per le fasce
metropolitane più deboli, da far nascere inizialmente nel cuore
cittadino di Bari, sostenuto da amici medici di tutta eccellenza
internazionale nelle loro competenze e qualificato personale
volontario, e con l’aiuto di fondi UE che stiamo individuando…
E
tanto altro ancora, che si può trovare illustrato nel nostro sito
web ufficiale: www.donneipazia.net.
Luca Bagatin:
Noto spesso che parlate di cultura dei diritti ed anche di
multiculturalismo, ma fortemente ancorato al recupero della propria
identità. Pensi che si siano perduti, nell'Occidente cosiddetto
“democratico”, questo tipo di valori? E, se sì, perché a tuo
parere ?
Enza D'Alonzo:
Certamente, i valori si stanno purtroppo perdendo. Alla vecchia e
cara cultura dei nostri avi, assistiamo oggigiorno ad una generale
omologazione di massa ed azzeramento delle diversità e qualità
personali. Il sistema dominante ci vuole tutti uguali e tutti in
fila. Il “diverso” è visto con sospetto e viene monitorato e
controllato costantemente, perché nella loro logica perversa non
deve sfuggire, non può e non deve pensare con la propria testa. Devi
essere una rotella dell'ingranaggio, far parte di un appiattimento
generalizzato.
Lo straniero è
visto con sospetto, spesso con paura, ma ciò dipende da un falso
concetto di democrazia occidentale che trova proprio nel
multiculturalismo il proprio limite. Sì perché sarebbe invece
preferibile parlare di interculturalismo, termine più appropriato a
dare l’idea di quella necessaria dialettica civile fra i vari
popoli che, nel rispetto delle rispettive tradizioni, preservando le
rispettive identità, porti ad uno scambio di conoscenze e narrazioni
che possa essere vero arricchimento culturale per entrambi, e non
promiscua miscela di antagoniste ignoranze.
La tumultuosa
società del nostro tempo confonde tutto, si eliminano polarità,
generi, gerarchie, classi, ruoli, differenze, peculiarità...invece
di armonizzare ognuno e ogni cosa in un tutto naturale, in cui ogni
personalità si ponga come strumento insostituibile di un’orchestra
universale, senza perdersi individualmente nel mare del nulla, ma
ritrovandosi in sintonia nell’armonia del tutto. Viceversa, si
provocherà il caos, l'indefinito, il noto Kali Yuga, l’età
oscura, predetto millenni addietro nei libri sacri della tradizione
Indù.
Luca
Bagatin: Il valore delle donne.
L'associazione è dedicata alle donne, in primis e, come sai, la
figura femminile è figura a me cara al punto che le ho dedicato un
saggio, “Ritratti di Donna”. Pensi che le donne siano il punto
cardine per cambiare il mondo, ovvero siano in grado di mutare i
rapporti di forza che per molti versi opprimono la nostra società
(cultura patriarcale, media, potere, politica, sfruttamento del corpo
femminile a scopo commerciale, marketing...)?
Enza D'Alonzo: La donna è parte della natura, ma ancor più è lei Natura stessa. Non la si può imbrigliare. Ma solo conoscere. Perché scorre, dall’Alfa all’Omega.
Diamo
alla luce figli e quando non siamo in gestazione fisica partoriamo
idee, progetti, propositi, strategie.
Fa
parte della nostra tradizione e cultura l'accudimento della prole, la
vicinanza agli anziani ed ai più deboli, la tolleranza, la
comprensione per il compagno della propria vita, la comprensione
della vita.
Già
aver raggiunto le quote rose in politica ritengo che sia un buon
risultato, tenendo presente che all'inizio del secolo ci era
addirittura negato il voto, perché, come dice Simon de Beavoir,
siamo il "Secondo sesso".
Sempre
più donne stanno oggi ai posti di comando, senza peraltro perdere
tutto ciò che connota più strettamente la natura femminile; anzi
ritengo che gestiscano il ruolo ottenuto esercitando una inconscia
"economia domestica", dove l'oculatezza, la riservatezza, e
la lungimiranza sono sempre principi solidissimi e validi.
Nessuno
però, deve porre limiti di alcun tipo, perché il limite tocca
imporselo ciascuno di noi, quando si arriva a conoscere con socratica
convinzione e con estrema consapevolezza, ciò che può fare e ciò
che non può fare.
Il
mondo può cambiare, sì, ma prima dobbiamo cambiare noi stessi.
Da
qui il senso e il compito sacrale della donna.
Luca Bagatin
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