Che il superamento
dell'elettoralismo e del parlamentarismo sia inevitabile non
sappiamo, che sia auspicabile in favore della democrazia
partecipativa, sarebbe certamente positivo per la democrazia stessa.
Sarebbe auspicabile in
quanto la democrazia prevede che sia il popolo stesso a decidere per
sè stesso, senza mediazioni di sorta, fatte di ideologismi, di
lobbismi ed interessi particolari, come spesso rischia di accadere.
Davide Casaleggio dice
quindi una cosa giusta, per quanto egli ravvisa che ciò sia
possibile attraverso la rete web.
Personalmente ho parecchi
dubbi relativamente alla democraticità e trasparenza della rete,
oltre che dell'effetiva efficacia del mezzo, oggi certamente utile,
ma che limita fortemente la vera comunicazione e l'effettivo
dibattito fra le persone, producendo spesso assurdi odi incrociati e
invettive. In questo senso il web appare come un prolungamento della
televisione e dei mass media in generale, totalmente avulsi dalla
realtà delle persone comuni e rispondenti piuttosto a logiche
mercantilistiche e di audience.
Affinché la democrazia
partecipativa sia possibile sono dunque necessarie delle assemblee
popolari pubbliche. Ove le persone tornino a parlarsi e a
confrontarsi direttamente, guardandosi negli occhi. Venendo meno le
sezioni di partito di un tempo, che erano anche palestre di
formazione politica e di confronto, oggi, è più che mai auspicabile
un sistema assemblearista aperto, su base federata il più possibile:
a partire dai quartieri e via via sino ai livelli superiori. Ovvero
dalla periferia sino al centro.
Un sistema di questo tipo
è peraltro per molti versi profetizzato dal saggista Van Reybrouck
nel suo libro "Contro le elezioni - perchè votare non è più
democratico", edito da Feltrinelli e nel quale egli propone un
sistema ove il Parlamento sia composto da persone estratte a sorte
(una proposta peraltro contenuta anche nel saggio "Semplicemente
liberale" di Antonio Martino, se non ricordo male) ed è un
sistema non lontano da quello cubano - ove i candidati all'Assemblea
Nazionale sono scelti a partire da assemblee di quartiere, su vari
livelli e i deputati svolgono il loro lavoro a titolo gratuito, quale
servizio alla comunità - o da quello libico gheddafiano nel quale
vi erano congressi e comitati popolari aperti.
Il sistema della
democrazia partecipativa sarebbe quanto di più democratico
possibile, ma ciò presuppone che si investa fortemente nella scuola
e nella formazione politica delle persone. I partiti stessi, le
associazioni culturali, le fondazioni ecc... dovrebbero e potrebbero
mutare la loro funzione in questo senso, ovvero tornare ad essere
luoghi dove formare le persone.
Nella scuola (oltre che
nella sanità) si dovrebbe investire almeno il 50% del PIL perché
unico vero settore di crescita e di sviluppo umano, che è di gran
lunga più importante della crescita economica, utile solo a chi
vuole arricchirsi e accumulare beni materiali.
La democrazia
partecipativa presuppone anche che ogni realtà locale torni ad
essere una comunità di persone che vivono la medesima situazione e
non un insieme di atomi separati, ciascuno arroccato nel proprio
orticello e nel proprio particolaristico ed egoistico interesse.
In questo senso la
democrazia partecipativa si coniuga con un sistema che superi
egoismo, interesse e capitalismo, ovvero introduca forme di
autogestione socialista ove ogni cittadino sia responsabile nei
confronti di sè stesso e dunque dell'intera comunità.
Utopia ?
Le Civiltà Matriarcali,
ancora oggi esistenti, si fondavano e fondano su questo. Ed erano e
sono civiltà pacifiche e libere della mercificazione indotta dalla
modernità liberale, dalla crescita illimitata, dallo sfruttamento,
da un progresso che in realtà è solo regresso umano ed ecologico.
Questa la base di una
possibile civiltà egualitaria, autogestita, ecologista,
partecipativa e dunque pienamente democratica.
Luca Bagatin
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