Il 12 settembre 1919 i legionari italiani, guidati
dal Vate Gabriele d'Annunzio, entrano a Fiume, acclamati dalla
popolazione italiana.
Affacciandosi dal palazzo del governatore,
proclamando Fiume italiana - contrariamente a quanto previsto dal
Trattato di Versailles e alla volontà di tutte le potenze europee -
dichiarò: “Italiani di Fiume ! Nel mondo folle e vile, Fiume è
oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola
verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume !
Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di
abiezione... Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo
di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia
proclamando l'annessione di Fiume”.
Nel settembre dell'anno successivo, il Vate proclamò
la Reggenza del Carnaro e, con il sindacalista rivoluzionario Alceste
De Ambirs, redasse la Carta del Carnaro, ovvero una Costituzione
avanzatissima, persino per l'epoca.
Una Costituzione che fra le altre cose promosse:
libertà di associazione; libertà di divorziare; libertà religiosa
e di coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori
crocifissi nei luogi pubblici; assistenza ai disoccupati e ai non
abbienti; promozione di referendum; promozione della scuola pubblica;
risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario; inviolabilità
del domicilio.
Fiume divenne la città dell'amore, ove – fra
l'altro – fu permessa l'omosessualità, il libero amore e la libera
ricerca spirituale.
Una città che guardava con simpatia alla
Rivoluzione sovietica del 1917 e che ebbe, non a caso, il
riconoscimento internazionale unicamente da parte di Vladimir Lenin.
“Io sono per il comunismo senza dittatura […]
È mia intenzione di fare di questa città un’isola spirituale
dalla quale possa irradiare un’azione, eminentemente comunista,
verso tutte le nazioni oppresse”, dichiarò d'Annunzio in una
intervista concessa a Randolfo Vella nel giugno 1920.
Molte furono le critiche, in quegli anni, d'Annunzio
mosse sia alla casta politica italiana, non dissimile da quella di
oggi: “La casta politica che insudicia l'Italia da
cinquant'anni, non è capace se non di amministrare la sua propria
immondizia, pronta a tutte le turpitudini, pur che sia lasciata
fingere di godersi il suo potere impotente”.
Oltre che alle potenze europee e imperialiste
dell'epoca, non così diverse da quelle di oggi, che si tengono
stretta l'oligarchica Unione Europea e la guerrafondaia Alleanza
Atlantica: “In tutta Europa, in tutto il mondo, il potere
politico è al servizio dell'alta banca meticcia, è sottomesso alle
impostazioni ignobili dei rubatori e dei frodatori costituiti in
consorzi legali. Neppure nel peggior tempo dei barbareschi e dei
negrieri le genti furono mercanteggiate con così fredda crudeltà.
Le nazioni sono cose da mercato. La vita pubblica non è se non un
baratto immondo esercitato nel cerchio delle istituzioni e delle
leggi esauste. Fino a quando ?”.
L'Impresa fiumana, che unì spiriti ribelli,
anarchici, socialisti, libertari, artistici, pur nella sua brevità
(durò infatti solamente 500 giorni) fu un avvenimento eminentemente
politico e controculturale. Un evento che, ancora oggi, può essere
d'esempio per tutti gli spiriti liberi e sinceramente democratici.
Luca Bagatin
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