martedì 15 aprile 2025

I recenti sviluppi e le reazioni mondiali ai dazi di Trump. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori


Da quando il presidente degli Stati Uniti d’America Trump ha annunciato il 9 aprile, ora della costa orientale, che «l’applicazione delle tariffe reciproche di tutti i paesi sarà sospesa come inizialmente previsto (temporaneamente al 10%) per 90 giorni», e che «la Repubblica Popolare della Cina è un’eccezione e i dazi saranno aumentati al 124% (escluse le cosiddette tariffe punitive aggiuntive del 20% come il Fentanyl Act)», il Consiglio di Stato e il sistema diplomatico cinesi sono rimasti in silenzio per più di 37 ore (durante le quali solo pochi ministeri e commissioni hanno emesso “avvisi di viaggio” e “avvisi di studio all’estero” negli Stati Uniti d’America, o hanno affermato attraverso i media ufficiali che «a tutti i film statunitensi di Hollywood sarà vietata l’uscita in Cina»), e poi hanno finalmente rilasciato una risposta ufficiale.
La Commissione tariffaria del Consiglio di Stato cinese ha emesso un annuncio: che a partire dal 12 aprile, l’aliquota tariffaria su tutti i beni importati provenienti dagli Stati Uniti d’America aumenterà dall’84% al 125%. I contenuti specifici sono i seguenti:
1. Adeguare l’aliquota tariffaria aggiuntiva stabilita nell’«Annuncio n. 5/2025 della Commissione tariffaria del Consiglio di Stato sull’adeguamento delle misure tariffarie aggiuntive sulle merci importate originarie degli Stati Uniti d’America» dall’84% al 125%. Con l’attuale livello tariffario, non esiste alcuna possibilità che i prodotti statunitensi esportati in Cina vengano accettati dal mercato. Se gli Stati Uniti d’America continueranno a imporre dazi sui prodotti cinesi esportati negli Stati Uniti d’America, la Cina li ignorerà.
2. Le altre questioni saranno attuate in conformità col predetto Annuncio.
In merito ad altri Paesi va detto che secondo l’Ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti d’America, nel 2024 sono stati venduti all’India beni per un valore di 41,8 miliardi di dollari, mentre sono stati acquistati beni per un valore di 87,4 miliardi di dollari. Pertanto, il deficit commerciale degli Stati Uniti d’America con questo Paese ammonta a 45,6 miliardi di dollari. Il deficit commerciale degli Stati Uniti d’America con l’Unione Europea è stato di 235,6 miliardi di dollari lo scorso anno, ma il problema più grande nella bilancia commerciale di Washington è, ovviamente, la Repubblica Popolare della Cina, con cui il deficit è il più elevato, attestandosi a 295,4 miliardi di dollari nel 2024. Ciò significa che la Cina vende agli Stati Uniti d’America beni per un valore tre volte superiore a quello delle importazioni dagli Stati Uniti d’America, e questa tendenza non cambia da molti anni.
Per compensare il deficit commerciale, secondo la logica di Trump, è sufficiente semplicemente aumentare le tariffe sui beni importati e utilizzare i proventi di queste tasse per compensare le perdite derivanti da scambi commerciali ineguali.
Perché Trump ha deciso di utilizzare lo strumento dei dazi? Perché, in base all’Art 232 del Trade Expansion Act dell’11 ottobre 1962, il presidente ha il potere di imporre tariffe di propria iniziativa nel caso di una situazione che minaccia la sicurezza nazionale. Trump non ha bisogno che il Congresso approvi queste decisioni, quindi è stato particolarmente desideroso di sfruttare questa disposizione.
Subito dopo il discorso pronunciato da Trump il 2 aprile al Rose Garden della Casa Bianca, in cui si parlava di prezzi e dazi per il mondo, il Ministero del Commercio cinese ha dichiarato che non ci sono vincitori nelle guerre commerciali e ha invitato gli Stati Uniti d’America a revocare immediatamente i dazi. L’8 aprile il governo cinese ha rafforzato la sua posizione diplomatica e ha affermato che avrebbe combattuto fino alla fine.
Per sostenere le proprie esportazioni, la Cina ha fatto ricorso a una mossa tipica: il deprezzamento dello yuan. Il 10 aprile la Banca Popolare Cinese ha tagliato moderatamente il suo tasso di interesse chiave, indicando che l’autorità di regolamentazione è pronta a indebolire gradualmente lo yuan per sostenere le esportazioni.
L’11 aprile, durante una visita in Spagna, il leader cinese Xi Jiping ha affermato che la Cina non teme pressioni ingiuste da parte di Trump. In una conversazione con il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, egli ha affermato che andare controcorrente rispetto al mondo significa isolarsi . Xi Jiping ha anche proposto che l’Unione Europea unisca le forze per contrastare Washington.
Il Partito Comunista Cinese potrebbe impegnarsi in uno scontro a lungo termine e subire deliberatamente perdite per la sua economia. La Cina ha un’economia gestita amministrativamente, non c’è scelta, nemmeno per quanto riguarda gli affari. Sarà come deciderà il partito, ha affermato una fonte sul mercato internazionale delle apparecchiature energetiche, con esperienza sia nel mercato cinese che in quello europeo.
L’Unione Europea ha assunto una posizione meno militante, ma il 9 aprile gli Stati membri dell’UE hanno comunque sostenuto la proposta della Commissione europea di introdurre contromisure nella politica doganale contro gli Stati Uniti d’America. Si è trattato di una risposta ai dazi già imposti da Washington sull’acciaio e sull’alluminio europei a marzo.
Tuttavia, questa decisione è sembrata più un avvertimento o un oggetto di contrattazione diplomatica, poiché, come riportato nella dichiarazione della Commissione europea, dovrebbe entrare in vigore solo dal 15 aprile (dopo aver superato le procedure burocratiche) e a condizione che non si raggiungesse un accordo.
Il 10 aprile, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha accolto con favore la decisione di Trump di sospendere l’azione e ha affermato che anche l’Unione Europea avrebbe sospeso le sue contromisure per 90 giorni. «Vogliamo dare una possibilità ai negoziati. Se non ci soddisfano, entreranno in vigore le nostre contromisure», ha affermato.
La guerra commerciale globale porterà innanzitutto all’interruzione delle catene di approvvigionamento di molti beni, poiché oggi è quasi impossibile trovare un prodotto i cui componenti siano tutti realizzati in un unico Paese. Lo stesso mercato statunitense dipende dalla fornitura di componenti, materie prime, risorse energetiche e simili dall’estero.
Per produrre un’auto, il metallo viene acquistato in un Paese, il motore viene assemblato in un altro, l’intera auto viene assemblata in un Paese terzo, e quindi il commercio globale alimenta una parte significativa dei processi produttivi e commerciali. La politica di Trump non solo interrompe alcuni aspetti degli scambi, ma anche le catene commerciali.
Pure va detto che la guerra commerciale peggiorerà gli attuali problemi economici globali. Il dazio sulle importazioni di merci cinesi negli Stati Uniti d’America non viene pagato dall’azienda produttrice (fabbrica cinese), ma dal fornitore che acquista la merce da questa fabbrica e la porta in un porto statunitense sull’Oceano Pacifico.
Per compensare l’impatto dei dazi, il fornitore chiederà alla fabbrica di abbassare il prezzo (danno per la Cina), ma allo stesso tempo aumenterà il prezzo per il consumatore statunitense (danno per gli Stati Uniti d’America).
Un dazio è sempre un’arma a doppio taglio . Se ti escludi da un prodotto, in primo luogo, punisci i tuoi consumatori, perché non possono consumare ciò che desiderano a un prezzo inferiore, e in secondo luogo, provochi l’inflazione negli stessi Stati Uniti d’America.
Aliquote tariffarie pari o superiori al 100% raddoppierebbero teoricamente il prezzo dei beni sul mercato statunitense, ma in pratica ciò è impossibile perché nessuno acquisterebbe i beni a quel prezzo. Ad esempio nel mercato dei prodotti in plastica, dazi così elevati equivalgono sostanzialmente a bloccare o limitare significativamente il commercio. Per sostenere questa idea, il 9 aprile l’Organizzazione mondiale del commercio ha affermato che il commercio tra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare della Cina potrebbe diminuire dell’80%.
Un’ulteriore conseguenza delle dure politiche di Trump sarà una crisi di fiducia negli Stati Uniti d’America come partner affidabile, soprattutto da parte dell’Unione Europea. L’ottimismo riguardo alle future decisioni di politica economica è stato minato. Non vi è alcuna garanzia che ciò non accada di nuovo (ossia un altro aumento dei dazi). Buoni rapporti diplomatii e relazioni non conflittuali a livello bellico, ormai non sono più una garanzia per non subire conseguenze. I rischi corrispondenti sono già inclusi nei calcoli e nelle analisi degli esperti.
Le azioni di Trump mirano di fatto a distruggere l’intero sistema commerciale mondiale. È bene notare notare che prima dei dazi il commercio globale si basava sul principio di minimizzazione delle restrizioni tariffarie e non tariffarie, ma Trump ha imboccato la strada del rigido protezionismo.
Inoltre, questo protezionismo non si basa su un principio economico, ma politico. L’introduzione di dazi differenziati per i diversi Paesi è un approccio puramente politico, a prescindere dalle considerazioni economiche utilizzate per giustificarlo; e va aggiunto che il principale risultato che Trump ha già ottenuto è stato quello di minare la fiducia, ch’è la base del commercio.
Non si sa se Trump riuscirà a eliminare il deficit commerciale, ma è già chiaro che una politica del genere colpirà tutti i paesi del mondo (compresi gli Stati Uniti d’America) e comporterà sempre più problemi economici. Lo dimostrano le previsioni delle principali banche d’investimento di Wall Street, che parlano già apertamente di una recessione economica mondiale e di una crisi globale nel prossimo futuro.

Giancarlo Elia Valori

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