Maria Eva Duarte de Peron: per tutti e
per sempre Evita. Soprattutto per coloro i quali l'hanno amata. Il
popolo dei descamisados in primis.
Figlia illegittima di Juana Ibarguren,
nata poverissima nel 1919 a Los Toldos, estrema periferia argentina,
Evita imparò presto a conoscere le difficoltà della vita e a pagare
il prezzo dell'essere poveri nell'Argentina degli Anni '30.
Nel 1936 esordirà in teatro e da
allora intraprenderà, pur con scarso successo, la carriera di
attrice e, con maggiore successo, negli Anni '40, l'attività
radiofonica.
Solo l'incontro con il Generale Juan
Domingo Peron, nel 1944, le permetterà di comprendere la sua vera
vocazione per la politica e per le attività sociali. E da allora la
sua vita cambierà per sempre, assieme a quella dei suoi
descamisados, ovvero i più poveri fra i poveri d'Argentina.
Con la vittoria alle elezioni del 1946
di Peron con il 53% dei consensi, Evita si insedierà al Ministero
del Lavoro e si occuperà di diritti degli anziani, delle donne, dei
bambini e, attraverso la Fondazione da lei istituita, si occuperà di
assistenza sociale, oltre che si occuperà attivamente dei problemi
sindacali dei lavoratori argentini, acquistando e dirigendo, fra
l'altro, il giornale “Democracia” e fondando il Partito Peronista
Femminile.
La sua vita fu purtuttavia di
brevissima durata. Evita morì infatti nel 1952, ad appena 33 anni,
lasciandoci purtuttavia un documento fondamentale, che racchiude il
suo amore per il popolo e per Peron, oltre che il suo testamento
politico e spirituale: “La ragione della mia vita”, pubblicato
nel 1951 e divenuto poi testo fondamentale nelle scuole dell'obbligo
sino all'avvento delle dittature militari nel 1955, che cacciarono
Peron e abolirono il Partito Peronista.
“La ragione della mia vita” è un
inno al popolo ed alla dottrina giustizialista avviata da Peron per
un'Argentina libera, economicamente giusta e politicamente sovrana
attraverso la cooperazione fra il capitale ed il lavoro, in chiave
alternativa al capitalismo imperialista ed al comunismo
collettivista.
Nelle sue pagine Evita riporta frasi
significative, spesso piene di amarezza nei confronti dell'esistenza
delle deseguaglianze sociali: "Ricordo
nitidamente la tristezza provata nello scoprire che nel mondo c'erano
i poveri e i ricchi; e la cosa strana è che non mi addolorava tanto
l'esistenza dei poveri quanto il fatto di sapere che, al tempo
stesso, esistevano i ricchi"
; oppure piene d'amore e sentimento:
"...ho
capito che non deve essere molto difficile morire per una causa che
si ama. O più semplicemente: morire per amore".
Ed
ancora: “Quando
sarà fatta giustizia non ci sarà più nessun povero”
e, ricordando una celebre frase di Peron a proposito del messaggio
d'amore del Cristo ed al cristianesimo praticato
dagli uomini, scrisse:
“Non
è il cristianesimo ad essere fallito. Sono gli uomini che hanno
sbagliato applicandolo male. Il cristianesimo non è ancora stato
applicato rettamente dagli uomini perché il mondo non è mai stato
giusto...il cristianesimo sarà una realtà quando l'amore regnerà
tra gli uomini e tra i popoli; ma l'amore giungerà solo quando gli
uomini e i popoli saranno giustizialisti”.
La
terza parte de “La ragione della mia vita” è invece dedicata
alle donne ed al messaggio di emancipazione che Evita vuole loro
impartire, denigrando la figura delle “femministe” inglesi, che
si fanno uomini
per
tentare di emanciparsi.
Evita,
diversamente, spiega alle donne che non devono affatto rinunciare
alla propria femminilità, dolcezza, altruismo, amore per la propria
famiglia e quindi all'orgoglio di essere donne. E vorrebbe che le
casalinghe ricevessero una retribuzione, pagata da tutti i lavoratori
e dalle donne medesime, che consentisse loro di essere economicamente
indipendenti dagli uomini e vedessero così ricompensate le faccende
domestiche e la cura dei propri figli, perché – ella afferma –
la missione delle donne è quella di creare e non di sacrificarsi.
In
questo senso Evita scrive, nel suo saggio: “Non
disprezzo l'uomo, né la sua intelligenza. Mi chiedo però: se in
molti luoghi del mondo abbiamo creato insieme famiglie felici, perché
non possiamo creare insieme un'umanità felice ? Questo deve essere
il nostro obiettivo: guadagnarci il diritto di creare, insieme
all'uomo, un'umanità migliore”.
Ed
ancora, ella scrive, a proposito degli stereotipi secondo i quali la
donna viene dipinta: “...la
donna non è vacua, leggera, superficiale, vanitosa....egoista,
fatale, romantica (…) la donna autentica si rifugia nelle famiglie
del popolo, di cui l'umanità si fa eterna. Questa donna non è
esaltata dagli intellettuali. Non ha storia. Non dà ricevimenti. Non
gioca a bridge. Non fuma. Non va all'ippodromo. E' l'eroina che
nessuno conosce. Neppure suo marito. Neppure i suoi figli ! Di lei
non si dirà mai nulla di raffinato, nulla di spiritoso. Al massimo,
dopo che sarà morta, i suoi figli diranno: “Ora ci rendiamo conto
di cosa era per noi”.
Parole
forti, toccanti, che Evita scrive per descrivere donne come lei,
donne del popolo, dimenticate persino dai propri uomini, ma che
meritano riscatto. Proprio quel riscatto che lei fornirà loro
attraverso il diritto di voto alle donne e con il Partito Peronista
Femminile, composto da sole donne ed unito sono da suo marito Peron,
l'uomo che ama e che fu una guida per coloro i quali, negli anni
precedenti al suo avvento al governo, erano sfruttati dagli oligarchi
e dagli imperialisti statunitensi ed europei.
Evita
Peron, pur non avendo avuto figli ed essendo morta molto giovane, è
stata una vera madre per il suo popolo e lo è anche oggi, se
pensiamo che la Presidente dell'Argentina Cristina Fernandez de
Kirchner si ispira lei, come si ispira a lei il Movimiento Evita
(www.movimiento-evita.org.ar)
vicino ed a sostegno del partito della Presidente Kirchner.
Vorremmo
concludere questo ricordo di Evita con l'ultima frase del suo
testamento al popolo argentino, estremamente toccante e commovente:
“Le mie ultime parole sono le stesse del principio:
voglio vivere eternamente con Peron e con il mio popolo. Dio mi
perdonerà se preferisco restare con loro, perché anche lui è tra
gli umili; in ogni descamisado ho sempre visto Dio che mi chiedeva un
po' d'amore e non gliel'ho mai negato”.
Luca
Bagatin
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