Alle primarie argentine
dell'11 agosto scorso – alle quali hanno partecipato circa il 75%
degli aventi diritto - ha trionfato l'accoppiata peronista
“Fernandez-Fernandez”, ovvero il candidato Presidente Alberto
Fernandez e la sua Vice, già ex premier argentina, Cristina
Fernandez de Kirchner. Presenti con il cartello elettorale “Frente
de Todos”, si sono aggiudicati il 48,8% delle preferenze (10,6
milioni di voti), battendo il liberale Macri, fermo al 33,2% (7,2
milioni di voti), presentatosi con la lista “Cambiemos”.
Il segreto del loro
successo è stata l'unità di tutti i peronisti allargata a una
coalizione comprendente socialisti e comunisti e una piattaforma
sociale in grado di sconfiggere per sempre il liberalismo, incarnato
da Macri, attuale presidente dell'Argentina che sta distruggendo il
Paese dal 2015. Paese con una inflazione ormai al 60% annuo; con
politiche di deregolamentazione; di riduzione dei diritti sociali; di
svendita al Fondo Monetario Internazionale e di disoccupazione in
costante aumento.
Ben dodici le proposte
dei peronisti, annunciate ed elencate negli scorsi giorni da Alberto
Fernandez: “Faremo un accordo per i primi 100 giorni di governo
tra imprenditori, sindacati e Stato nazionale, per stabilire nuove
regole. Saranno implementate politiche attive che favoriscano il
credito per le piccole e medie imprese”; “Ricomposizione
immediata delle pensioni con un aumento del 20%";
"De-dollarizzazione delle bollette. Le tariffe seguiranno il
ritmo degli aumenti salariali e le entrate degli argentini”;
“Rimedieremo ai crediti con un piano di uscita per le persone che
si sono fidate e sono state truffate”; “Ci sarà di nuovo un
Ministero della Salute con pieno accesso ai farmaci per i pensionati
e rispetto del piano di vaccinazione per i nostri figli”; “Creeremo
il Ministero delle donne per garantire condizioni di uguaglianza e
articolare le politiche pubbliche necessarie in materia”; “Creeremo
un ministero per la Casa e dell'edilizia abitativa per affrontare la
situazione delle persone costrette a vivere in strada e della classe
media”; “Negozieremo in maniera ferma con il Fondo Monetario
Internazionale. Per poter pagare, devi prima crescere”; “Abbiamo
intenzione di recuperare il Ministero della Scienza, della Tecnologia
e dell’Innovazione Produttiva e rimettere in piedi il Conicet”;
“Avremo un dollaro competitivo per produrre ed esportare. Non ci
saranno né scorte né possibilità di speculazione. E attueremo un
regolamento che pone limiti alla fuga dei capitali”; “Elimineremo
le trattenute all'industria, alle economie regionali e ai servizi
informatici e basati sulla conoscenza”; “Lanceremo un sistema
fiscale che farà funzionare l'economia. Più incentivi per
investimenti, produzione e occupazione”.
Alberto
Fernandez fu già ministro del governo peronista di Nestor Kirchner,
marito e predecessore di Cristina Kirchner. I loro governi – dal
2003 al 2015 – fecero tornare l'Argentina ai fasti di Evita e Juan
Peron, allorquando il Paese era una democrazia “socialmente
giusta, economicamente libera e politicamente sovrana”,
come ebbe a dire Juan Peron stesso.
Ciò
fu possibile attraverso piani di nazionalizzazioni e di aumento dei
dazi doganali, che permisero di far fronte alla spesa pubblica e di
ridurre la povertà; assicurando casa e lavoro ai disoccupati e
finanziando massicciamente il settore educativo e scolastico.
Cristina Kirchner, inoltre, legalizzò il matrimonio omosessuale nel
2010.
Mauricio
Macri, il liberale al governo dalla fine del 2015, sostenutissimo
dagli Stati Uniti d'America e dal Fondo Monetario Internazionale,
oltre che amico del Presidente ultraliberale brasiliano Bolsonaro,
aveva vinto sul candidato peronista Daniel Scioli per solo una
manciata di voti al secondo turno di ballottaggio. Ciò più per le
divisioni del fronte peronista che per meriti suoi. E' riuscito, come
detto, a far arretrare l'Argentina di decenni e a distruggere
pressoché ogni conquista sociale ed economica portata avanti dal
peronismo.
Se
alle elezioni presidenziali del 27 ottobre prossimo saranno
confermati i risultati delle primarie, ovvero un'ampia vittoria dei
peronisti, coalizzati con socialisti e comunisti, per il regime
liberale si potrà davvero parlare di ultimo e definitivo atto. Con
grande sollievo per l'Argentina.
Luca
Bagatin
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