Cristina Kirchner e Alberto Fernandez |
Mentre i presidenti
liberali di Ecuador e Cile sono stati costretti dalla piazza, in
sommossa, a ritirare i provvedimenti di austerità, in Argentina è
il grande ritorno del peronismo.
Il candidato del Frente
de Todos – l'ampia coalizione comprendente peronisti, comunisti e
socialisti – Alberto Fernandez, ha trionfato con il 48% dei
consensi, battendo l'oligarca liberale Mauricio Macri, fermo al 40%.
A garantire la vittoria
di Fernandez e della sua Vice - l'ex Presidentessa Cristina Kirchner
- sia l'unità di tutti i peronisti, che alle scorse elezioni si
erano presentati divisi, permettendo così a Macri di vincere al
secondo turno per solo una manciata di voti, sia il fallimento delle
politiche liberali imposte da Macri, il quale ha nuovamente
indebitato il Paese con il Fondo Monetario Internazionale; ha
favorito politiche di deregolamentazione; di riduzione dei diritti
sociali, portando il Paese a un'inflazione al 60% su base annua.
Alberto Fernandez, classe
1959, è avvocato e fu capo di Gabinetto dei Ministri ai tempi della
presidenza di Nestor Kirchner e, successivamente, per un periodo, di
quello di Cristina Kirchner. Sino almeno alla rottura con
quest'ultima, che lo porterà – alle scorse elezioni – a
sostenere Sergio Massa, candidato del Fronte Rinnovatore, un partito
peronista più conservatore e ciò sarà all'origine della spaccatura
del movimento peronista e della drammatica vittoria del liberale
Macri alle elezioni presidenziali del 2015.
Nel corso del 2018, ad
ogni modo, Fernandez, troverà nuovamente un'intesa con Cristina
Kirchner e la sua Unidad Ciudadana (peronismo di sinistra) e insieme
daranno vita alla coalizione Frente de Todos, allargata a tutte le
correnti del peronismo (sia di destra che di sinistra) ed ai partiti
di ispirazione comunista e socialista.
Fernandez ha dichiarato
che i primi anni della sua gestione alla guida del Paese saranno
difficili, a causa della pesante eredità del governo precedente. Un
governo che ha decimato l'economia e ridotto della metà il PIL.
Egli intende,
innanzitutto, pagare il debito contratto con l'estero da Macri e
concentrarsi sul problema della fame e della povertà in Argentina,
piaghe che sono tornate alla luce proprio in questi anni di
malgoverno e che i governi kirchneristi erano riusciti a debellare.
Fra le proposte
dichiarate ed elencate già in campagna elettorale da Alberto
Fernandez le seguenti: “Faremo un accordo per i primi 100 giorni
di governo tra imprenditori, sindacati e Stato nazionale, per
stabilire nuove regole. Saranno implementate politiche attive che
favoriscano il credito per le piccole e medie imprese”;
“Ricomposizione immediata delle pensioni con un aumento del 20%";
"De-dollarizzazione delle bollette. Le tariffe seguiranno il
ritmo degli aumenti salariali e le entrate degli argentini”;
“Rimedieremo ai crediti con un piano di uscita per le persone che
si sono fidate e sono state truffate”; “Ci sarà di nuovo un
Ministero della Salute con pieno accesso ai farmaci per i pensionati
e rispetto del piano di vaccinazione per i nostri figli”; “Creeremo
il Ministero delle donne per garantire condizioni di uguaglianza e
articolare le politiche pubbliche necessarie in materia”; “Creeremo
un ministero per la Casa e dell'edilizia abitativa per affrontare la
situazione delle persone costrette a vivere in strada e della classe
media”; “Negozieremo in maniera ferma con il Fondo Monetario
Internazionale. Per poter pagare, devi prima crescere”; “Abbiamo
intenzione di recuperare il Ministero della Scienza, della Tecnologia
e dell’Innovazione Produttiva e rimettere in piedi il Conicet”;
“Avremo un dollaro competitivo per produrre ed esportare. Non ci
saranno né scorte né possibilità di speculazione. E attueremo un
regolamento che pone limiti alla fuga dei capitali”; “Elimineremo
le trattenute all'industria, alle economie regionali e ai servizi
informatici e basati sulla conoscenza”; “Lanceremo un sistema
fiscale che farà funzionare l'economia. Più incentivi per
investimenti, produzione e occupazione”.
Alberto Fernandez e Daniel Martinez |
Anche
in Uruguay, pur dovendosela vedere al secondo turno - che si terrà
il 24 novembre prossimo - prevale il candidato socialista del Frente
Amplio, Daniel Martinez, che è in testa con il 38,5% contro il 28%
del liberal-democristiano Luis Lacalle Pou, candidato del Partito
Nazionale.
Daniel
Martinez è l'erede politico sia del noto “presidente povero e dei
poveri” José “Pepe” Mujica che di Tabaré Vazquez. I governi
guidati dal Frente Amplio in questi ultimi dieci anni, hanno ottenuto
ottimi risultati, sia sociali che economici. Parliamo di tentativi di
autogestione delle imprese da parte dei lavoratori; della
legalizzazione della marjiuana; degli investimenti nella scuola e
nell'educazione, triplicati in pochi anni. Parliamo della
legalizzazione del matrimonio omosessuale e l'adozione di bambini da
parte di coppie omosessuali. In Uruguay l'indice di disoccupazione è
peraltro sceso al 6%; i salari sono aumentati; il PIL è cresciuto
del 6% in dieci anni ed il tasso di povertà è diminuito dal 39% al
6%.
Una
conferma di Deniel Martinez potrebbe rafforzare tali conquiste. Una
sua sconfitta potrebbe far precipitare il Paese, come accaduto con
l'Argentina di Macri, indietro di decenni.
Ad
ogni modo, in America Latina, checché ne dicano i grandi media
europei (che poco ne parlano e, se lo fanno, lo fanno piuttosto male e
in modo parziale), il Socialismo del XXI Secolo sta tornando e
trionfando sull'egoismo e sulla violenza degli oligarchi e dei
ricchi. Ricchi tanto invidiati e coccolati in Europa, anziché essere
combattuti, in quanto – e in America Latina lo hanno ben compreso
da tempo – sottraggono risorse alla comunità. Una comunità che,
diversamente, merita di autogestirsi e di vivere con dignità, amore e
onestà.
Luca
Bagatin
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