Nonostante i morti
aumentino, nonostante il numero dei contagi – nel mondo - continui
ad essere alto, sembra quasi che non abbiamo compreso nulla.
Sembra che continuiamo a
vivere nel nostro egoismo, nel nostro individualismo, nella nostra
psicosi.
Critichiamo se la gente
esce di casa, ma non pensiamo di dare una mano al nostro prossimo.
Critichiamo le misure
restrittive delle autorità sanitarie e le accusiamo ingiustamente di
“attentare alla nostra libertà”, ma non comprendiamo che libertà
è responsabilità nei confronti del nostro prossimo, ovvero di tutti
quanti.
Temiamo di perdere il
nostro danaro, ma non pensiamo che possa esistere un modo diverso di
far andare avanti le cose. Superando il capitalismo, il globalismo,
la dittatura del danaro e dell'economia.
Un modo diverso di far
andare avanti le cose tornando ad esempio a forme di cooperazione
lavorativa ed al baratto. Ad una economia fondata sul dono, come
nelle società arcaiche e matriarcali, che hanno rifiutato l'insana
modernità e l'ideologia del progresso.
Una modernità, una
ideologia del progresso e della crescita economica illimitata che ha
generato: inquinamento atmosferico, egoismo, individialismo,
arricchimento di pochi a danno di molti, sviluppo materiale
insostenibile a danno dell'ecosistema, dispersione di risorse,
guerre, violenze di ogni genere...
Una società malata, che
corre e che oggi, finalmente, è comunque costretta a farmarsi.
Ma, anziché fermarsi a
riflettere, a curare la propria interiorità, le proprie passioni, i
propri interessi artistici e spirituali, nelle proprie case,
preferisce lanciare accuse. Alimentare inutili violenze. Domestiche,
pubbliche...
Non abbiamo davvero
capito niente, allora !
Il Papa dei cattolici,
Francesco, qualche giorno fa ha fatto presente che: “Pensavamo
di rimanere sani in un mondo malato”. E ha anche detto: “Avidi
di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare
dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci
siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non
abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta
gravemente malato”.
Ora, si può anche non
essere cattolici, come chi vi scrive in questo momento. Ma il Papa
dei cattolici ha detto cose vere. Semplici e vere. Che basterebbe
interiorizzare e mettere in pratica.
E' per questo che occorre
– in tutto il mondo, in particolare nel Primo Mondo
industrializzato - cambiare o perire. Sovvertire le regole
dell'economia. Abolire il sistema del mercato, degli interessi sui
prestiti, della moneta quale mezzo di scambio. Abolire le teconologie
pericolose per la salute e mettere al bando armi e armamenti.
Tornare a forme antiche
di cooperazione, di autogestione del lavoro, di baratto. Di scambio
fra persone eguali. Nessuno più dovrebbe essere ricco né povero.
Tutti dovrebbero avere di che vivere.
E sarebbe opportuno che
questa “quarantena” - come la chiamano molti – che stiamo
vivendo, ci aiuti a comprendere che dobbiamo consumare meno (non
ingozzarci, come fanno in troppi in questi giorni). Imparare a vivere
con lo stretto necessario. E gioire dello stretto necessario che
abbiamo.
Chiedere, pretendere e
costruire, invece, più servizi sociali, sanitari, assistenziali per
le persone più bisognose.
Superare l'insana
ideologia dell'arricchimento personale, del produttivismo ad ogni
costo, della competizione.
Le persone non sono nate
per mettersi in competizione, ma per collaborare e aiutarsi a
vicenda. Perché la vita è dura per tutti. Ed è una sfida che tutti
assieme dobbiamo vincere. Altrimenti siamo già morti.
Morti.
Meno industrie inquinanti
aperte significa più salute e meno inquinamento. Questo nemmeno
Greta Thunberg lo aveva detto. Ma lo stiamo sperimentando. E così
meno automobili e mezzi inquinanti in giro.
E laddove c'è troppo
inquinamento ci sarà sempre maggiore rischio di contrarre virus
mortali come il Covid 19.
Occorre puntare ad una
economia di autoproduzione, a chilometro zero. Lavorare meno e il più
possibile vicino a casa. Lavorare non per uno stipendio, ma per
migliorare la comunità nella quale viviamo. Cooperando, barattando
beni e servizi, senza mai più sfruttare il prossimo, il suo lavoro,
la sua mente, il suo corpo. Solo condividendo intelligenza, forza
lavoro, capacità di collaborazione.
Tutto ciò potrà
apparire come utopia, in questo Primo Mondo industrializzato malato
(moralmente, spiritualmente, ideologicamente, economicamente). In
questo mondo liberal capitalista che confonde la libertà con il
benessere materiale e con la possibilità di girare il mondo.
Che non comprende che
laddove la cooperazione e il socialismo autentico hanno attecchito -
particolarmente nel Terzo Mondo latinoamericano, asiatico o africano
- là attecchisce la vera democrazia, la vera libertà, il vero senso
di comunità e di solidarietà fra le genti.
In questo periodo abbiamo
avuto grande senso di comunità e di solidarietà da parte di Paesi
come Cuba, il Vietnam, l'Albania, la Cina. Paesi storicamente poveri
già di ispirazione socialista.
Non l'abbiamo avuta da
parte dei Paesi cosiddetti avanzati, nordici, bianchi. Paesi che
ancora non hanno compreso la loro malattia interiore e la malattia
che sta colpendo il mondo in questo momento storico.
Occorrerà, dunque,
iniziare a mettere al bando il benessere materiale. Occorrerà
ricostruire e ripensare il mondo. Iniziando da noi stessi.
Luca Bagatin
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