Il 9 agosto prossimo si
terranno, in Bielorussia, le elezioni presidenziali, che vedranno
contrapporsi lo storico Presidente, Aleksandr Lukashenko, in carica
da ben 26 anni (sostenuto da Belaja Rus', coalizione comprendente
anche i comunisti); la candidata indipendente Svjatlana
Cichanoŭskaja, di ispirazione liberal capitalista; Siarhei
Cherachen, candidato dei socialdemocratici e i candidati indipendenti
Andrej Dzmitryjeu e Hanna Kanapatskaya.
Lukashenko
è in carica dal 1994 e, per questo, è spesso accusato, in
Occidente, di essere un leader autoritario, pur essendo stato sempre
regolarmente rieletto.
Classe
1954, già direttore di un sovchoz negli Anni '80, ovvero di una
fattoria statale ai tempi dell'URSS e deputato del Soviet bielorusso,
nel 1991 fondò il partito Comunisti per la Democrazia.
Lukashenko,
nel 1991, votò contro la dissoluzione dell'URSS e la sua
trasformazione in CSI e, con il suo partito comunista di allora,
proponeva di traghettare in Paese verso una democrazia sovietica più
avanzata, ma sempre sulla base dei principi marxisti-leninisti.
Alle
prime elezioni della Repubblica di Bielorussia, nel 1994, fu eletto
con il 45% dei consensi e, da allora, sarà sempre rieletto per i
successivi mandati, con percentuali ben superiori al 70% dei voti.
Si
è sempre presentato come candidato indipendente, ma è sempre stato
sostenuto anche dal KPB, ovvero dal Partito Comunista di Bielorussia
che, nel 2019, ha raccolto, alle elezioni parlamentari, il 10,6% dei
consensi.
Durante
i suoi mandati, Lukashenko – oltre ad aver voluto ispirarsi, per il
simbolo del Paese, a quello della Repubblica Socialista Sovietica
Bielorussa del 1956 - si è opposto all'entrata della Bielorussia
nella NATO e ha rimosso dal Paese ufficiali e funzionari corrotti,
oltre che limitato i processi di privatizzazione e l'apertura al
mercato.
Reintroducendo
il controllo dei prezzi da parte dello Stato, è riuscito a
stabilizzare l'economia e ha rafforzato i suoi rapporti con la
Russia. Inimicandosi così, nel 1995, la Banca Mondiale e il Fondo
Monetario Internazionale, che hanno sospeso ogni prestito alla
Bielorussia e, negli anni, inimicandosi gli USA e l'UE.
Secondo
i suoi sostenitori, Lukashenko avrebbe salvato il Paese dagli effetti
nefasti del crollo dell'URSS, garantendo un'economia stabile e
florida.
Nonostante
Lukashenko abbia sempre tentato di mantenere saldi i rapporti con la
Russia, recentemente sembra che questi si siano incrinati.
E'
di pochi giorni fa, infatti, l'arresto, in Bielorussia, di 33
paramilitari russi, i quali avrebbero fomentato rivolte
antigovernative nella capitale, Minsk.
I
paramilitari pare facessero parte della “compagnia militare privata
straniera Wagner”, la stessa alla quale si rivolge il Cremlino per
operare nei teatri di guerra più impegnativi.
Un
tantativo di destabilizzazione russo che Lukashenko non avrebbe
gradito, tanto che, nel suo ultimo comizio, non ha lesinato critiche
a Putin, affermando: “La
Russia ha paura di perderci perché, a parte noi, non ha alleati
molto stretti e l’Occidente ha recentemente iniziato a mostrare un
interesse sempre più sostanziale nei nostri confronti. Ma tutti
conoscono la nostra risposta: la Bielorussia non è amica di qualcuno
contro qualcun altro. Siamo per una politica estera multilaterale,
coerente e ragionevole”.
Il
Partito Comunista della Bielorussia, presente anche nell'ultima
compagine governativa con il Ministro dell'Istruzione Igor Karpenko,
ha riaffermato, già all'ultimo Congresso del partito tenutosi l'11
luglio scorso, il suo sostegno al Presidente uscente Lukashenko.
Il
Primo Segretario del Comitato Centrale, Alexey Sokol, aveva infatti
rilevato come: “I
comunisti ritengono che la Bielorussia, con la sua sovranità
statale, si sia distinta per il suo carattere sociale e il grado di
conservazione del suo sistema sanitario e educativo”. Respingendo,
inoltre, ogni tentativo di destabilizzazione anticomunista e di
ingerenza straniera nel Paese.
Sostegno
al candidato Aleksandr Lukashenko è arrivato anche dai comunisti
russi del KPRF di Gennady Zjuganov, il quale, in una recente
intervista, ha riaffermato come il Presidente bielorusso abbia sempre
contrastato l'oligarchia post-sovietica nel suo Paese. Oltre a ciò,
Zjuganov, ha affermato come sia necessaria una maggiore integrazione
fra Russia e Bielorussia; come sia necessario normalizzare i rapporti
con l'Ucraina e come sia necessario costruire una degna politica fra
Occidente e l'Oriente.
A
voler togliere lo scettro Lukashenko, invece, la blogger e youtuber
Svjatlana Cichanoŭskaja. 37 anni, di professione traduttrice, è
sostenitrice di riforme di mercato e liberalizzazioni e accusa il
Presidente uscente di essere un leader autoritario e di non aver
adottato le opportune misure anti Covid 19.
Alla
fine del mese di luglio, la Cichanoŭskaja , aveva organizzato una
manifestazione antigovernativa alla quale hanno preso parte 60.000
sostenitori.
In
Bielorussia vi sono 5.767 seggi, di cui 231 presso centri sanitari,
centri di cura e resort.
Luca
Bagatin
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